Mentre è bloccata la concessione alla Tunisia di un importante sostegno finanziario da parte del Fondo Monetario Internazionale (FMI), a seguito del rifiuto del Presidente Kaïs Saïed di accettare le condizioni poste dal FMI, il 16 luglio 2023 è stato sottoscritto il “Memorandum d'intesa su un partenariato strategico e globale tra l'Unione europea e la Repubblica tunisina”, inteso come “Accordo UE-Tunisia”. In esso è previsto di rafforzare l’esistente cooperazione per la ripresa economica della Tunisia e per mettere in atto un maggiore controllo sui flussi di migranti irregolari che attraverso la Tunisia giungono in Europa. L’accordo prevede inoltre la concessione di un contributo finanziario alla Tunisia.

Alla firma del memorandum, anzi, sin da quando si è cominciato a discutere di tale accordo, c’è stata una improvvisa ed energica opposizione a livello internazionale, soprattutto da parte delle associazioni umanitarie, con accuse mosse contro Saïed per il mancato rispetto dei diritti umani dei migranti. Una situazione strana e complessa in cui la Tunisia è accusata di razzismo. Le contestazioni sono state indirizzate anche all’UE e all’Italia poichè ritenute corresponsabili di tali azioni. Pertanto, prima di esprimere un giudizio in merito, si ritiene indispensabile che il contenuto del “memorandum” venga letto dopo un breve esame della situazione locale economica, politica e sociale. Solo così sarà possibile capire se c’è una valida motivazione sull’attuale rifiuto del finanziamento del FMI alle condizioni dallo stesso poste e se tale rifiuto è supportato dall’esistenza di altre possibili alternative economiche per la Tunisia e infine sulle motivazioni che hanno spinto l’UE, con un forte intervento dell’Italia, a sostenere il paese maghrebino ponendo anche le condizioni di un forte controllo sui flussi migratori.

L’escalation del potere presidenziale

Il Presidente Saïed, dopo il forte astensionismo sia alle ultime elezioni del dicembre 2022 che al successivo ballottaggio del gennaio 2023, sembra essersi sempre più separato dal popolo che lo ha inizialmente eletto con un fortissimo consenso nei suoi confronti. Questa inversione di tendenza è stata certamente determinata dalla forte svolta autoritaria che egli ha assunto, iniziata con la sospensione del Parlamento e proseguita poi col successivo scioglimento del Parlamento e del Consiglio Superiore della Magistratura, con l’emanazione di decreti presidenziali e con l’arresto di dissidenti politici, tra i quali Rached Ghannouchi, storico leader del partito Ennahda1, che è stato arrestato il 17 aprile 2023 e il 15 maggio condannato a un anno di carcere. Tutto ciò è stato giustificato dal Presidente Saïed con la dichiarazione di un pericolo imminente che minacciava l'integrità, la sicurezza e l’indipendenza del Paese e contestualmente con la volontà di abolire la dilagante corruzione esistente.

Crisi economica

La nuova politica autoritaria e l’evidente blocco del processo democratico, che con grandi difficoltà stava nascendo dopo la primavera araba, hanno avuto come immediate conseguenze un forte calo delle attività industriali, artigianali, agricole, del turismo e del commercio, che hanno ulteriormente aggravato la già debole economia del Paese. La Tunisia in breve tempo ha così avuto un crollo economico dovuto in massima parte a una totale sfiducia a investire da parte straniera a causa della nuova strada intrapresa dalla politica locale. Si sta pertanto assistendo ad una vera fragilità economica del Paese, con un forte aumento dell’inflazione, con salari molto bassi, con un continuo aumento dei prezzi soprattutto nel settore alimentare, con l’insolvenza del debito straniero, con la disoccupazione in continuo aumento, con una grande difficoltà di reperire beni di prima necessità, soprattutto quelli dovuti all’importazione il cui aumento dei costi è diventato realmente insostenibile.

In Tunisia, con una produzione annua di grano di gran lunga inferiore al proprio fabbisogno (circa il 20%) sin dallo scorso anno si è manifestata una forte crisi del pane, alla quale si sono sommate quelle dello zucchero e di altri prodotti alimentari e sembra che al sud del Paese siano stati assaltati furgoni porta alimenti. Una crisi che é dovuta solo in parte all’attuale guerra in Ucraina, mentre una buona parte è dovuta alla forte crisi economica generale del Paese. Infatti, la stessa quantità di grano e di altri generi alimentari si sarebbero potuti importare da altri fornitori stranieri. Cosa che non è stato possibile fare poiché è stato richiesto il pagamento dei prodotti in denaro contante, attualmente difficilmente reperibile in Tunisia per le forti restrizioni poste dalle banche che non si sentono sufficientemente garantite. Infine si è aggiunto che la banca centrale tunisina, nell’agosto 2023, ha fissato il tasso d’interesse all’8,7%, dunque un prestito sarebbe inaccessibile per la famiglia media tunisina.

Nei momenti di crisi si sono poi sommati gli speculatori che hanno aumentato illegalmente e senza alcuna giustificazione plausibile i prezzi di molti prodotti, anche di quelli che i venditori acquistavano con sussidi dello Stato. Il Presidente Saïed ha anche provato ad ostacolare questo illecito traffico di speculatori, facendone arrestare decine. Altrettando in crisi è il settore dei trasporti. In Tunisia il carburante ha un prezzo relativamente basso poiché non ci sono accise2 e gli aumenti vengono in parte compensati dallo Stato. Il costo del carburante alla pompa, comprensivo del compenso per il produttore e per il distributore, non solo non viene aumentato da accise, ma una parte lo paga l’utente e una parte lo Stato. Negli ultimi tempi il contributo statale tende però a ridursi, con conseguenziale aumento del costo dei trasporti e dei prodotti, esasperando la già esistente crisi economica generale.

La Tunisia potrebbe superare la crisi economica senza l’aiuto del FMI?

In questa situazione critica il Presidente Saïed non ha voluto ancora accettare le condizioni poste dal FMI per la concessione di un prestito di 1,9 miliardi di euro e consistenti in riforme strutturali che la Tunisia dovrebbe attuare. Un prestito, sotto forma di un “do ut des”, per attuare riforme che consistono principalmente nella privatizzazione di alcune aziende pubbliche, nella revoca o nella riduzione di sussidi statali sull’acquisto di alcuni generi alimentari e sul carburante, ecc. Il Presidente si è rifiutato ritenendo estremamente pericolose le riforme richieste che, a suo dire, avrebbero potuto mettere a rischio la pace sociale. Egli ha inoltre dichiarato che la Tunisia è capace di superare le attuali difficoltà, perché, come si evince dalla sua storia, già diverse volte é riuscita a superare ostacoli che sembravano quasi insormontabili. Queste affermazioni, che ostentano sicurezza e che possono destare meraviglia soprattutto per l’attuale situazione economica, potrebbero trovare giustificazione negli accordi potenziali esistenti e in quelli in corso di conferma tra la Tunisia e altri Paesi.

Saïed, infatti, ha dalla sua parte l’appoggio di Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, che hanno proposto aiuti e investimenti nel Paese e le cui mire sembrano quelle di indebolire le alleanze della Tunisia con i paesi occidentali. Ma la cosa probabilmente più importante, a giustificazione delle dichiarazioni di Saïed, è il fatto che la Tunisia ha aperto al BRICS3 a cui aderiscono Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, dove attualmente il potere massimo è espresso dalla Cina, che hanno manifestato la disponibilità ad aiutare economicamente la Tunisia.

Interesse dell’Unione Europea e dell’Italia nel sostegno alla Tunisia

Dopo queste sommarie notizie sulla situazione politica e economica della Tunisia è lecito chiedersi quali potrebbero essere state le motivazioni del forte interesse dell’UE verso la Tunisia. E in particolare, se é stata solo la necessità di ottenere un controllo sui migranti in transito dall’Africa verso l’UE o se ci sono state ulteriori motivazioni di politica internazionale.

La Tunisia, nell’ambito del Mediterraneo, gode di una posizione strategica nei confronti dell’Europa e di tutto l’Occidente e l’UE ha in particolare grandi interessi a fornire aiuti alla Tunisia per rimettere in moto l’attività produttiva locale, salvaguardando così programmi realizzativi comuni già avviati e in corso di programmazione. Come semplice esempio si cita il gasdotto transtunisino Transmed4 che da anni porta il gas algerino in Europa attraverso la Tunisia e l’avvenuto finanziamento europeo di ELMED, un importantissimo progetto di interconnessione elettrica che è stato promosso dalle due grandi aziende elettriche: TERNA da parte italiana e STEG da parte tunisina. Un progetto che, prevedendo la realizzazione di un collegamento di 230 km della capacità di 600 MW tra Tunisia e Sicilia, consentirà lo sviluppo di fonti rinnovabili in Tunisia con una importante integrazione dei sistemi elettrici tra le sponde nord e sud del Mediterraneo. Questo progetto ha una grande importanza strategica anche e soprattutto per l’Italia, per la creazione di una rete elettrica euro-mediterranea idonea a rafforzare la sicurezza energetica nostra e dei nostri partner. Inoltre, il popolo tunisino é fortemente legato al popolo italiano. In Tunisia ci sono circa 800 società con partecipazione italiana che creano circa 68.000 posti di lavoro e rappresentano circa un terzo di tutte le imprese a partecipazione straniera. Molte famiglie sono di origine italiana con provenienza da diverse regioni, soprattutto dalla Sicilia con cui ancora oggi c’è un forte legame. A Tunisi accanto al porto c’è la zona de “la Goulette” detta “la piccola Sicilia” dove vivono famiglie siciliane lì trapiantate da oltre un secolo.

Con l’avvicinamento della Tunisia al BRICS è evidente che l’UE si vede sfuggire dalla propria area d’influenza questo Paese e analoga preoccupazione potrebbe essere stata avvertita dal FMI. Ma la cosa su cui si dovrebbe maggiormente riflettere è che l’interesse della Cina per la Tunisia non è certamente di tipo commerciale, poiché la Tunisia importa dalla Cina meno del 2% di quello che importa dal resto del mondo. L’interesse vero sembra pertanto rientrare nel programma della Cina di acquisire quanti più porti e infrastrutture possibili nel Mediterraneo, per potere così espandere la sua influenza e facilitare i propri scambi commerciali con l’UE, che rappresenta per la Cina un grande mercato molto ambito. La Cina sta adottando per la Tunisia la stessa tattica utilizzata da anni per entrare nel mercato delle materie prime pregiate presenti in molti Paesi africani, cioè con l’erogazione di prestiti e operazioni economiche, senza chiedere in cambio alcun rispetto dei diritti umani, diversamente da quanto di recente hanno fatto correttamente il FMI e l’UE. Pertanto è evidente che l’interesse del BRICS ad avere sempre più vicini paesi dell’Africa mediterranea è soprattutto di tipo politico e non commerciale. È facile adesso comprendere come l’accordo UE-Tunisia sia importante non solo per mantenere accordi stabili e per crearne dei nuovi con un Paese da sempre amico, ma anche per evitare che la Tunisia possa cadere sotto le sfere d’influenza della Cina, della Russia o della Turchia.

Sui migranti in Tunisia

La questione dei migranti e dei diritti umani è un argomento cruciale e complesso in Tunisia, così come in tutte le altre parti del mondo dove tale fenomeno è presente. Già dalla fine del secolo scorso si registravano passaggi di clandestini attraverso la Tunisia per raggiungere l’Europa provenienti da paesi subsahariani e dagli altri Paesi del Maghreb Arabo. La presenza dei migranti negli anni scorsi ha già sollevato preoccupazioni riguardanti il rispetto dei diritti umani, con migranti che venivano spesso sfruttati da reti criminali per scopi finali certamente non umanitari, come lo sfruttamento sessuale, lo spaccio di droghe o il lavoro sottopagato. Il governo tunisino il 3 febbraio 2004 ha già emanato la legge n. 2004-6 che punisce l’ingresso o l’uscita clandestina dal Paese con diversi anni di prigione. In passato ci sono stati anche maltrattamenti e cattive condizioni di detenzione per i migranti che sono stati intercettati mentre cercavano di attraversare il Mar Mediterraneo o che si trovavano irregolarmente in Tunisia.

Sembrava che, con la nuova situazione politica tunisina, i problemi dei migranti fossero diminuiti. In realtà era solo diminuito il controllo su quanti attraversavano i confini tunisini per raggiugere le sponde siciliane su precarie imbarcazioni. La legge 2004-6, che non sembrava più applicata, è stata di fatto riesumata a seguito della dichiarazione del 21 febbraio 2023 del Presidente Saïed, quando, durante una riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale, affermò che i migranti clandestini sub-sahariani commettono ogni sorta di crimine sul suolo tunisino e che era in atto un complotto nel paese, per allontanarlo dalle sue caratteristiche tunisine e dall’appartenenza al mondo arabo e islamico. Parole che sono state definite sul notiziario online di Amnesty International del 3 marzo 2023 “commenti d’odio e discriminatori, favorendo così la violenza contro i neri africani”.

Firma del memorandum d’intesa Tunisia e Unione Europea

Dopo mesi di lunghe trattative, il 16 luglio 2023 presso il palazzo presidenziale di Cartagine, è stato firmato il memorandum d'intesa tra Unione Europea e Tunisia con una forte mediazione dell’Italia. Un memorandum che è necessario leggere nella sua completezza per potere poi muovere le relative critiche positive e/o negative su tutto l’accordo o su parti di esso. Nel memorandum sono stati evidenziati i patti di cooperazione in agricoltura, sui trasporti aerei, sull’attivazione di un Forum sugli investimenti UE-Tunisia, sull’attivazione del progetto del cavo digitale sottomarino (MEDUSA) che potrebbe essere un'opportunità che consentirebbe alla Tunisia di beneficiare di una connessione ad alta velocità, oltre a fare diventare la Tunisia un potenziale hub per fornire connettività internet ad altre parti del continente africano.

Una parte importante è riservata al capitolo relativo a “Migrazione e mobilità” nel quale, oltre a importanti impegni reciproci, sono previsti il coordinamento nelle operazioni di ricerca e salvataggio e il contrasto alle reti criminali che gestiscono l’illecito traffico di esseri umani che rappresenta sicuramente il principale stimolo per i movimenti irregolari. È inoltre espressamente scritto che queste azioni si baseranno sul rispetto dei diritti umani. Altra nota importante di detto capitolo è l’impegno a sostenere il ritorno dei migranti irregolari in Tunisia nel rispetto del diritto internazionale e della loro dignità e di promuovere «percorsi legali per la migrazione, comprese opportunità di lavoro stagionale, per stimolare la mobilità internazionale a tutti i livelli di competenza, nonché per rafforzare la cooperazione sullo sviluppo delle competenze in modo reciprocamente vantaggioso». In questo punto è evidenziato che, in relazione all’accordo sul rimpatrio dei migranti irregolari presenti in Europa, l’accordo si limita ai soli migranti tunisini perché solo per essi vengono offerte delle agevolazioni. A fronte degli adempimenti previsti nell’accordo l’UE dovrebbe fornire alla Tunisia 675 milioni di euro per sostenere l’economia del Paese nordafricano.

L’Accordo Tunisia-Unione Europea e il controllo dei migranti

L’accordo prevede dunque un importante passo avanti nei rapporti tra UE e Tunisia con riverberi che potrebbero essere positivi anche per limitare i migranti irregolari verso l’Europa che vorrebbero transitare per la Tunisia. Tutto dipenderà da come verranno messi in atto gli impegni reciproci assunti, al di là delle varie speculazioni partitiche che, ancor prima dell’attuazione di quanto concordato, stanno invadendo il mondo del web con affermazioni spesso denigratorie in maniera preventiva. A fronte del finanziamento previsto, la Tunisia dovrebbe dunque impedire l’accesso a migranti irregolari non profughi, né richiedenti asilo nel proprio territorio e rimandare oltre confine quelli che già sono entrati illegalmente e intervenire fortemente nei confronti di quelli che non rispetteranno i diritti dei migranti e la loro dignità. La Tunisia nel 2018 ha emanato una legge che penalizza la discriminazione razziale e consente alle vittime di razzismo di chiedere un risarcimento per abusi verbali o per atti fisici di razzismo. Una legge che indirettamente è stata anche richiamata da Saïed nella sua dichiarazione presso il governatorato di Sfax: «La Tunisia non accetterà mai il minimo trattamento disumano inflitto a chiunque si trovi sul suo suolo e si adopera affinché tutti gli immigrati si trovino in una situazione regolare». Basterebbe adesso che il Presidente mettese in atto quanto sopra affermato nei confronti dei migranti.

È evidente che con tale accordo si cerca di effettuare il controllo sui migranti subsahariani invece che al momento del loro arrivo alle sponde europee, quando essi arrivano ai confini terrestri della Tunisia, cioè lungo i confini con la Libia e con l’Algeria, evitando così la perdita in mare di migliaia di vite umane. Inoltre, il controllo preliminare a terra è sicuramente meno difficoltoso di quello fatto dopo lo sbarco nelle coste siciliane, quando un enorme flusso di persone, molte delle quali in precarie condizioni fisiche dopo la traversata, hanno la necessità d’immediata assistenza sanitaria e sociale.

Adesso è lecito chiedersi quale reazione ci sia stata in Tunisia dopo la sottoscrizione dell’accordo e in relazione anche alle dichiarazioni in precedenza fatte dal Presidente Saïed e sopra menzionate. Allo stato attuale sembra che i migranti in generale non siano accettati dalla maggioranza della popolazione tunisina per le già critiche condizioni economiche della stessa. Pertanto, spostando il problema al sud del Paese, ammesso che dal controllo si riesca a distinguere i veri profughi e richiedenti asilo, resta da capire quale comportamento dovrebbe avere il governo tunisino dopo la loro eventuale accoglienza. In particolare occorrerebbe conoscere dove allocarli, come assisterli economicamente e socialmente, quale destinazione finale sarà possibile assegnare loro e infine se essi, nell’attuale situazione critica del Paese, potranno mai trovare stabile residenza in Tunisia con l’accesso ad un lavoro che renda dignitosa la loro vita. Perché, se non c’è una risposta sicura a queste domande, è verosimile ipotizzare che essi saranno sempre dei nuovi potenziali migranti verso le coste europee.

Influenza dell’accordo Tunisia-UE sui migranti subsahariani verso l’Europa

È normale chiedersi anche cosa potrebbe rappresentare questo accordo per l’Europa e per la stessa Tunisia, nella parte relativa al controllo migratorio.

Per l’Europa significherebbe ridurre fortemente il controllo dei migranti sulle proprie coste e su quelle siciliane in particolare, poiché il controllo di fatto verrebbe spostato lungo i confini dei Paesi confinanti a sud della Tunisia: Libia e Algeria. Infatti, i migranti subsahariani per arrivare in Tunisia dovranno necessariamente attraversare prima oltre 800 chilometri di deserto algerino o libico. Una distanza tale da consentire ai relativi paesi di mettere in atto le necessarie misure di controllo dei migranti già nel loro territorio. In tal caso, se Saïed mettesse in atto severi controlli senza alcun atto di violenza e di prevaricazione, si potrebbe avere una prima forte selezione facendo emergere, con buone probabilità, i veri profughi e i veri aventi diritto a chiedere asilo che potrebbero poi esser inviati in Europa nei centri di accoglienza per essere formati e istruiti per potersi inserire nei diversi paesi europei che potrebbero manifestare anche la loro disponibilità ad accoglierli.

Se invece Saïed, in totale dissenso con l’UE e forse anche con la maggioranza della sua popolazione, non ponesse alcun veto e desse via libera al totale passaggio attraverso il territorio tunisino a chiunque ne avesse la volontà, cosa potrebbe accadere? Per quanto abbiamo sopra descritto il passaggio non sarebbe indolore per la Tunisia. Infatti, i migranti che arrivano al confine sud non sono fantasmi che attraversano poi senza essere visti circa 300-500 km di territorio tunisino, quasi totalmente desertico, per arrivare al punto d’imbarco lungo la costa mediterranea. Ciò significa che nel territorio tunisino lungo la costa ci sarebbe un brulicare di migranti assieme ai trafficanti di esseri umani loro accompagnatori che per l’occasione aumenterebbero di numero, avendo odorato l’ambito maggiore business. Mentre quelli che non avrebbero la possibilità di garantirsi il traghettamento, per mancata disponibilità economica, sarebbero tentati a disperdersi in Tunisia. In definitiva assisteremmo così alle solite traversate costellate di morti sparsi nelle acque del Mediterraneo, mentre la maggior parte dei più fortunati, se così potremmo definirli, finirebbero sotto la diretta gestione dei trafficanti di esseri umani, come ampiamente descritto nell’articolo Migranti e traffico di esseri umani.

Considerazioni finali

Alla luce di quanto sopra descritto si possono ritenere ingiuste alcune accuse mosse contro i sottoscrittori dell’accordo “UE-Tunisia” per avere stimolato azioni razziste al Presidente tunisino. La Tunisia, infatti, ancor prima dell’accordo con l’UE ha manifestato un’aperta intolleranza all’arrivo incontrollato di migliaia di persone che, attraversando i confini libici e/o algerini, si insediavano abusivamente nel paese creando problemi sia occupazionali che di sicurezza locale. Il Presidente Saïed, già prima della sottoscrizione dell’accordo, aveva impartito disposizioni per impedire ai migranti irregolari l’ingresso in Tunisia, con motivazioni condivise dalla maggioranza della popolazione e senza alcuna preventiva imposizione da parte dell’UE. Pertanto le critiche al Presidente potranno essere mosse solo se egli dopo la sottoscrizione dell’accordo, non darà opportune disposizioni perché vengano rispettati i diritti umani dei migranti, punendo fortemente i trasgressori, soprattutto e ancor più pesantemente se essi appartengono alle forze dell’Ordine.

Altrettanto ingiusto mi sembra il richiamo all’Unione Europea, poichè con l’accordo sottoscritto l’UE di fatto sosterrà indirettamente le centinaia di imprese a partecipazione italiana esistenti in Tunisia e mira a rafforzare i rapporti di cooperazione a sostegno della gestione delle opere finanziate dall’UE già realizzate e di quelle in programma, oltre ad influire sui buoni rapporti esistenti tra i tunisini e le famiglie di origine italiana ivi presenti da oltre un secolo. Corre l’obbligo sottolineare che, per quanto sopra evidenziato, attraverso l’accordo sottoscritto l’UE col suo finanziamento non mira solo a minimizzare l’effetto dei migranti, sperando che la quota parte concessa a tale scopo rappresenti un finanziamento “una tantum”, perché diversamente si correrebbe il rischio di restare sotto un costante potenziale ricatto economico per effettuare il controllo preventivo sui migranti. Un “dejà vu”, perché si ripeterebbe ciò che è già successo con la Turchia di Erdogan per fermare i diversi milioni di migranti siriani, afghani e iracheni pronti a partire per l’UE via terra e via mare e con la Libia.

Per ridurre i flussi migratori una scelta importante sarebbe quella di non concedere finanziamenti in maniera generica ai Paesi di partenza dei migranti, perché non sarebbero produttivi per la riduzione dell’emigrazione, ma creare accordi per investimenti indirizzati a creare nuove opportunità di lavoro, facilitando la cooperazione internazionale.

Diversa è la situazione dei migranti economici tunisini e dell’area subsahariana. Per essi si dovrebbero coinvolgere i paesi europei e quelli extraeuropei che desiderano partecipare all’azione umanitaria sulla migrazione e assieme predisporre un programma funzionale che preveda l’accoglienza e la preventiva formazione in loco per il loro futuro inserimento sociale nei Paesi di accoglienza. Avremmo così dei potenziali migranti regolari desiderati e pienamente accettabili nell’UE, dei quali si ha un grande bisogno a causa del forte calo demografico registrato negli ultimi anni. Inoltre, si eviterebbe la clandestinità, il lavoro nero, la semi-schiavitù e soprattutto verrebbe debellato il traffico di esseri umani. Diversamente è probabile che resteranno sempre parole, parole, parole e ancora fiumi di parole e di enunciazioni di grandi principi umanitari che notoriamente resteranno senza alcuna valida soluzione.

Note

1 Partito sciolto nel luglio 2021 da Saïed.
2 Le Imposte indirette a riscossione mediata che sono pagate dai produttori o dai commercianti e che colpiscono determinati beni al momento della produzione o del consumo.
3 BRICS è un acronimo, utilizzato in economia internazionale, che individua cinque paesi (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Il Sudafrica si è aggiunto nel 2010 dopo l’originaria costituzione del BRIC nel 2006. Queste nuove potenze geoeconomiche hanno come obiettivo comune di competere sulla scena mondiale ai ruoli tradizionalmente svolti dagli Stati Uniti e dalle altre potenze economiche occidentali. I paesi del BRICS comprendono oggi oltre il 42% della popolazione mondiale, il 25% della totale estensione della Terra, il 20% del PIL mondiale, e circa il 16% del commercio internazionale.
4 Il gasdotto che dall’Algeria arriva a Cap Bon in Tunisia e poi con un tratto sottomarino, che attraversa lo Stretto di Sicilia, arriva fino a Mazara del Vallo.