Con una popolazione di circa 1,3 milioni di abitanti, le Mauritius sono costituite dalle isole Mauritius (2.000 km2, la più grande), Rodrigues (144 km2) e Agalega (70 km2) e da un paio di isolette, praticamente degli scogli disabitati, le Gargados Carajos (1,2 km2).

Le Mauritius sono molto conosciute perché rappresentano una meta turistica nota in tutto il mondo, ma fino al 1600 nessuno avrebbe immaginato di trovarci delle scimmie perché, fino ad allora, non c’erano mai state. Anche se non sono molto numerose il fatto dovrebbe comunque sorprenderci, eppure non se ne parla mai. Le scimmie vere e proprie, con tutte le loro numerosissime specie, vivono infatti nel vicino continente africano e non hanno mai colonizzato le Mauritius.

In sostanza, le scimmie che si trovano alle Mauritius non sono autoctone. Allora come ci sono arrivate? Secondo logica, dal momento che il Paese più vicino è il Madagascar e che lì vivono solo proscimmie, alle Mauritius ci dovrebbero essere solo queste ultime, eppure non è così. Il “mistero” è presto svelato: alle Mauritius le scimmie ce le hanno portate dei navigatori europei, non sono certamente arrivate da sole. Non c’erano ovviamente nemmeno animali da cortile, come maiali, polli, conigli, capre, cani e gatti, e i primi a importarli furono soprattutto gli olandesi che utilizzarono le Mauritius, fino al 1598 chiamate Isole del Cigno, non per colonizzarle ma come base di rifornimento alimentare tra la madrepatria, l’Olanda, e l’isola di Giava in Indonesia, che invece è stata una colonia olandese per secoli, cioè dal 1667 al 1956.

In compenso alle Mauritius gli europei, in primis i portoghesi, sterminarono un magnifico uccello autoctono somigliante al nostro tacchino, il dodo (Raphus cucullatus), facile da cacciare perché, nonostante fosse un uccello, non riusciva a volare ed era fondamentalmente terricolo. L’ultimo dodo sopravvissuto risale al 1665 e ora si può osservare solo un esemplare impagliato al Museo di Storia Naturale di Port Louis, la capitale del Paese.

Prima i portoghesi, poi gli olandesi e dopo i francesi e gli inglesi hanno fatto nelle Mauritius il bello e il cattivo tempo, lasciando un segno tangibile della loro brutta storia predatoria anche sulle nostre amate creature, le scimmie. Tutti penserebbero che gli europei le abbiano portate dalla vicina Africa, invece a portarle furono soprattutto gli olandesi e poi (ma di questo non ci sono certezze) i portoghesi non dall’Africa ma dalla lontana Indonesia, principalmente dall’isola di Giava; quindi si trattava di macachi, esattamente del macaco cinomolgo (Macaca fascicularis).

Infatti chi visita le Mauritius, anche se non è un primatologo o uno zoologo, quando incrocia queste scimmie si accorge immediatamente che non assomigliano affatto ai macachi che vivono in Africa, soprattutto in Nord Africa, come per esempio la bertuccia (Macaca sylvanus) che ha una coda praticamente ridotta a un mozzicone; quella del macaco cinomolgo può raggiungere una lunghezza massima di sessantacinque centimetri. Ora la domanda è se gli olandesi o i portoghesi abbiano portato le scimmie di proposito o se ciò sia avvenuto accidentalmente per diletto e gioco dei marinai, prima prendendole a bordo delle loro navi in Indonesia per poi abbandonarle alle Mauritius. Se c’era uno scopo particolare, forse è stato quello di utilizzarle nei momenti di carenza alimentare, quindi per ucciderle e mangiarle durante le lunghe navigazioni. Come in tutte le cose la verità probabilmente sta nel mezzo e cioè che ciò sia avvenuto per tutti e due i motivi. A suffragio della prima ipotesi, però, non è un caso che i navigatori catturavano a Giava altri animali oltre alle scimmie, come il cervo di Giava, per caricarli sulle navi come riserva alimentare.

I navigatori olandesi fecero cose ancora peggiori: introdussero alle Mauritius la coltivazione della canna da zucchero e del pompelmo, che non erano certamente piante autoctone, distruggendo foreste e boschi e quindi tutto l’ambiente. Le piantagioni di pompelmo si diffusero così tanto che a questo frutto intitolarono persino una città, chiamata appunto Pamplemousses.

In tutto questo bailamme, le scimmie che venivano abbandonate alle Mauritius o che riuscivano a scappare dalle navi ancorate ai porti sono state lasciate in pace per secoli e si sono quindi riprodotte. Ciò è stato possibile anche perché alle Mauritius c’è sempre stata una sensibilità religiosa molto forte, soprattutto da parte degli hindu, portati alle Mauritius dall’India come schiavi, soprattutto dai portoghesi, per utilizzarli nel taglio della canna da zucchero. Gli hindu erano quindi numerosi e hanno avuto sempre un rispetto profondo per tutte le specie animali, scimmie in particolare, come prescritto nel loro testo sacro, il Bhagavadgita.

Ora, però, a tutta questa storia si deve aggiungere un altro fatto molto grave avvenuto qualche anno fa alle Mauritius: si è scoperto un mercato clandestino e quindi illegale di scimmie verso l’Europa, richieste da alcune industrie farmaceutiche importanti e multinazionali del farmaco, finanziate tra l’altro dalla Comunità Europea e impegnate nella produzione di diversi vaccini, nonché da alcuni laboratori per studi immunologici, soprattutto italiani. Solo nel nostro Paese, l’Italia, le scimmie sacrificate per scopi “scientifici” negli ultimi anni sono state più di seimila, una cifra enorme.

Il fatto più grave è che alle Mauritius, ma si pensa che questo succeda anche in altri Paesi non solo africani, i macachi vengono catturati e tenuti in centri speciali (li chiamano breeding center) per farli riprodurre in cattività e poi venderli sottobanco, in barba alla Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie animali in pericolo di estinzione.