È verosimile che il teologo protestante Knox, quando a metà del 1500 assieme al Parlamento scozzese costituì una propria chiesa presbiteriana abbandonando quella cattolica di Roma, non si immaginasse di aver appena prodotto uno dei motivi storico-religiosi più radicati della rivalità tra la comunità cattolica di origine irlandese dei Celtic e quella protestante nativa scozzese dei Rangers.

Lo scenario di tale secolare inimicizia è Glasgow, nota non solo come la più grande città scozzese ma come teatro di rinomata tradizione calcistica, nonché casa dei blues dei Rangers e dei biancoverdi del Celtic, fondati rispettivamente nel 1872 e nel 1887.

La fede religiosa diventa il primo oggetto di diverbio quando nel primo ventennio del 1800 la massiccia immigrazione irlandese nelle lande scozzesi conduce ad un primo confronto sociale tra cattolici e protestanti, dove quest’ultimi sostengono che gli irlandesi sottraggano loro lavoro ed intendano ripristinare il credo cattolico a Glasgow. Del resto, l’imprescindibile natura religiosa dei Celtic è radicata sin dalle origini della sua fondazione, avvenuta nella Chiesa cattolica di Santa Maria da parte per mano di un frate irlandese, noto come Fratello Walfrid.

Negli anni successivi, alla querelle religiosa si aggiunge quella politica. Per tutto il ‘900 la questione irlandese e la sua volontà d’indipendenza dal dominio britannico scinde la città di Glasgow: da una parte la fedeltà alla monarchia inglese e al Partito Unionista dei Rangers, dall’altra il supporto al movimento indipendentista repubblicano dell’IRA (Irish Republican Army) da parte dei tifosi del Celtic, nel cui stemma compare non casualmente il quadrifoglio irlandese.

Tali animosità politiche sembrano tutt’altro che appartenere al passato. Lo scorso anno, i fischi da parte dei tifosi del Celtic durante il minuto di silenzio per la scomparsa della Regina Elisabetta evidenziano come alcune controversie politiche non siano state affatto dimenticate. Tutt’ora è consuetudine tra i tifosi del Celtic, in occasione dei match casalinghi al Celtic Park, intonare provocatoriamente canzoni provenienti dalla cultura del movimento IRA.

Allo stesso modo, i Rangers non esitano a manifestare il loro supporto per la corona inglese. È altrettanto indiscutibile il legame tra i Blues di Glasgow e la regina, il cui ritratto rimane appeso da decenni nello spogliatoio di Ibrox, casa dei Rangers. Un rapporto così indissolubile, che il team manager porta tale quadro in occasione delle “trasferte” al Celtic Park.

Nemmeno le differenze religiose sono risparmiate, dove la cronaca più controversa della Chiesa cattolica diventa oggetto di sfottò nei cori e negli striscioni esposti. “Give me a home where there’s no Pope of Rome” (datemi una casa dove non c’è un papa di Roma) rappresenta tutt’oggi una canzone emblematica della disputa religiosa che permea l’Old Firm. Talvolta persino alcuni giocatori ne sono coinvolti: tra tutti negli anni ’90 gli italiani Gattuso e Negri, allora giocatori blues, invitati ironicamente a farsi il segno della croce - gesto molto frequente tra i calciatori in generale - dai tifosi del Celtic.

Negli anni ’80, sullo sfondo della durissima politica intrapresa dalla Iron Lady Margaret Thatcher nei confronti della delicatia situazione in Irlanda del Nord, i derby di Glasgow diventano occasioni di sfogo dell’enorme tensione politica dell’epoca: in questo periodo diversi morti, feriti, arresti ed incidenti di ogni genere macchiano costantemente i confronti sportivi tra Celtic e Rangers. Chiaramente tali contrasti politici e religiosi non coinvolgono tutt’oggi per intero le rispettive tifoserie, ma emergono più per mantenere una rivalità storica che appartiene alla tradizione e alla cultura della città di Glasgow.

Insomma, definire Celtic contro Rangers una semplice partita di calcio sembra più che riduttivo. Non stupitevi perciò se dalle parti di Glasgow, tra una pinta e l’altra, si discute animosamente di Re Carlo e di Papa Francesco.