Le dolci colline che fanno da sfondo, come una corona verde, al castello marchionale della città di Este, a pochi chilometri da Padova, sono ancora oggi un lembo di paesaggio veneto preservato dall’avanzare della modernità. Questo ambito territoriale definito “il più bel sito” dei monti Euganei dall’erudito mecenate veneziano Alvise Cornaro (1464- 1566) nel suo Trattato de la vita sobria risalente al 1558, ancora oggi costituisce un unicum paesaggistico di gran valore. Oggi chiamata Villa Benvenuti, così chiamata dalla famiglia veneziana che ne acquisì il possesso nella prima metà dell’Ottocento dai nobili Farsetti, che ereditarono dai Cornaro, è circondata da un folto parco a cui si accede dal più notevole monumento rinascimentale della città: l’arco detto del Falconetto che prende il nome dal suo più illustre artefice, il pittore e architetto Giovanni Maria Falconetto (ca 1468- 1535). Sulla connotazione culturale e in special modo letteraria della città, “particolarmente volta all’antico fin dal tempo dei Carraresi” (G. Beltramini), si innesta la riflessione condotta da alcuni anni da diversi studiosi e cultori del paesaggio veneto, affinché tutta l’area che comprende un armonico connubio tra natura, architetture e corsi d’acqua, celebrati dalle più raffinate voci poetiche del mondo occidentale, possa essere identificato come paesaggio letterario. In un area di circa un chilometro quadrato sono condensati tanti luoghi di memoria storica, in cui la ricchezza culturale prende forma e immagine.

Ci si addentra in questo percorso a partire da una felice intuizione prodotta dal sodalizio Cornaro –Falconetto: il magnifico portale probabilmente ispirato all’arco di Giano quadrifronte a Roma, e poi dipinto dallo stesso Falconetto nella sala dello Zodiaco a Palazzo d’Arco a Mantova, quale elemento innovativo – frons scenae di teatro all’aperto – per l’epoca, in termini di funzione e contenuto culturale che avrebbero poi trovato in Andrea Palladio un degno prosecutore. Lo stesso Alvise Cornaro definisce così questo sito nel Trattato de la vita sobria: “Io vo l’aprile e ‘l maggio, et così il settembre et l’ottobre, per alquanti giorni a godere un mio colle, che in questi monti Euganei, et nel più bel sito di quelli, che ha le sue fontane et giardini, et sopra tutto commoda e bella stanza, nel quale luogo mi trovo ancora alcune fiete e qualche caccia conveniente alla mia etade, commoda et piacevole”.

Secondo diversi studiosi, se il giardino-parco della Villa Cornaro – Benvenuti, attualmente proprietà privata, non rappresenta un'opera di rilevante intuizione compositiva e in termini di “diversi adornamenti” (Elogio, Alvise Cornaro) questo ha una sua ragion d’essere, poiché come lo stesso architetto Andrea Palladio, poi lascerà intendere, “non sempre il giardino doveva acquisire grande rilievo: quando lo spettacolo naturale entro cui lo sguardo può immergersi e vagare è spontaneamente e generosamente elargito dal paesaggio, allora anche un ‘giardinetto’ basterà”. Sintesi perfetta del luogo dedicato all’otium e alla “santa agricoltura” di cui Alvise Cornaro era un convinto sostenitore, in una visione ben più ampia del concetto umanista e rinascimentale, Villa Cornaro viene dai lui definita “uno amenissimo giardino in monte a Este pieno di diversi e delicati fonti e di perfettissime uve che fanno perfetti vini”.

Proprio tale contesto di notevole pregio paesaggistico ha sollecitato l’ interesse concreto di recupero del bene della comunità locale, che oggi dopo un lungo periodo di abbandono, è stato acquisito da un nuovo proprietario che lo ha destinato a uso pubblico sotto la supervisione dell’amministrazione della città di Este. Qui infatti si intenderebbe promuovere un processo di riqualificazione e valorizzazione della villa e del parco, con una opportuna valutazione della sostenibilità dell’operazione, all’interno di un più ampio ambito di “parco letterario” della intera collina estense di Monte Castello. Con il termine parco letterario si intendono particolari “aree di territorio in cui hanno trovato ispirazione i maggiori autori della nostra letteratura nei vari secoli, luoghi che mantengono più o meno inalterato l’aspetto cantato o narrato”. Come nel caso specifico, “quando queste aree sono ubicate in comuni al di fuori delle grandi linee di comunicazione e con un relativo numero di abitanti […], il parco letterario vuole riportare visitatori e appassionati in tali territori attraverso un richiamo che faccia fiorire le antiche memorie in forma concreta, attraente e poco costosa.” (S. Nievo, Parchi letterari dell’Ottocento, 1998). Auspicando quindi una modalità di conoscenza e interpretazione dei luoghi in forma “tridimensionale” il Parco letterario “in monte a Este”, a differenza della consuetudine secondo cui il luogo viene dedicato a un unico autore, Giacomo Leopardi: Colle di Recanati, Ippolito Nievo: la cucina di Fratta, Giosuè Carducci: i cipressi di Bolgheri, a Este sarebbe opportuno e doveroso menzionare e considerare una serie di episodi e personaggi.

Ne cito solo alcuni: il ritrovamento archeologico del reperto risalente al IV a.C. della “situla Benvenuti”, avvenuto nel 1880 nell’omonimo Parco, che rappresenta scene di vita agreste dei paleo-veneti, per questo detto anche “poema dei paleo veneti”; la produzione poetico-letteraria dei poeti trovatori che si ispirarono alle figure di Azzo VI d’Este, morto prematuramente a Verona intorno al 1212, e alla figlia Beatrice (ca. 1192-1226) probabilmente la più celebrata nobildonna dai poeti cantori, per le sue qualità di donna virtuosa e di rara bellezza. In questo percorso storico-letterario si inseriscono anche le allusioni poetiche del commediografo padovano Angelo Beolco, detto Ruzzante, al paesaggio atestino quando si riferisce in un sua lettera al Podere dell’Allegrezza, quello del Cornaro, per ricordare scene di vita dedicate alla caccia, al buon bere e alle scampagnate della gioiosa compagnia.

Per poi passare ai luoghi di ispirazione romantica nel vicino intorno di Villa Benvenuti a Villa Cappuccini-Byron oggi Piccioni, dove trova dimora uno dei sodalizi letterari più noti: Percy Bysshe Shelley (1792 - 1822) e George Gordon Byron (1788- 1824). L’intricata storia della coppia di poeti e delle rispettive compagne, Mary Wollstonecraft Godwin (1797 – 1851), scrittrice, saggista e biografa inglese, più nota come autrice del romanzo Frankenstein (1818) , e la sorellastra Claire Clairmont (1798 –1879), madre della piccola Allegra Byron, anch’essa personaggio che ha ispirato autori che le hanno dedicato una biografia in parte ambientata proprio a Este. In questa villa nel 1918 si svolsero avvenimenti dolorosi per la vita del cenacolo di scrittori, in quanto Byron in realtà affittò la villa per metterla a disposizione del fraterno amico Shelley, che richiamò anche la giovane moglie Mary e la sorellastra Claire, per l’appunto amante di Byron e madre della loro unica figlia Allegra, che morì a soli cinque anni. Morirono di lì a poco anche i due figli piccolissimi della coppia Shelley e sulle sorti del contrastato amore di Claire Clairmont e della figlia Claire molto fu scritto e recentemente riportato alla memoria.1

Oh Mary, se ci fossi tu qui, cara
con i tuoi occhi castani di luce e chiari
e la tua dolce voce, come un alato
che canta amore al suo compagno
solo nel nido d’edera, sconsolato;
voce più dolce non s’è mai udita.
E il tuo ciglio, più del cielo
di questa azzurra Italia.
Mary, cara, vieni da me subito
Io non sto bene se sei lontana;
come il tramonto per la luna che si è fatta
sfera, come il crepuscolo per la stella
d’occidente, così tu molto amata sei per
me. Oh Mary, se ci fossi tu qui, cara;
l’eco al castello “qui” mormora.

(P.B. Shelley2 )

I luoghi di ispirazione sono in particolare la villa e il suo ameno giardino dove P. B. Shelley scriverà nel 1818, anno della sua permanenza a Este, il piccolo poema Versi scritti fra i Colli Euganei, e poi Julian e Maddalo nonché, probabilmente, il 1° atto del Prometeo Liberato. Il luogo è stato già sede, grazie alla incisiva partecipazione dei suoi proprietari, di iniziative di interesse letterario e poetico con autori provenienti da tutta Europa, rese possibili grazie alla riqualificazione delle strutture e del grande parco ottocentesco, oggi ben tutelato. Il Parco letterario, che è caratterizzato proprio dal fatto che non possiede confini geografici e limiti amministrativi, comprenderebbe un altro luogo d’eccezione per bellezza paesaggistica: la villa e il grande parco Albrizzi situato ai piedi della collina della città di Este, anche noto per aver ispirato durante una sua permanenza estiva il noto scrittore inglese di romanzi di viaggio Bruce Chatwin (1940-1989). Con l’amico Millington Drake intesse qui legami con altri scrittori e intellettuali italiani ed esteri, facendo di questo luogo un piacevole buen retiro.

Mi lascio guidare dall’autore di un piccolo volumetto Guida letteraria dei Colli Euganei3 , Francesco Selmin, storico e studioso di questi luoghi, che mi conduce dopo aver oltrepassato il centro dell’antica cittadina sopra un ponte che inquadra uno degli scorci più romantici ed evocativi di un'atmosfera quasi decadente. Si scopre così il maestoso portale di una Villa dai connotati tipici del patriziato veneziano dell’entroterra Veneto, che nel seicento operavano nelle attività forensi e nel commercio. Gli Albrizzi dettero otto senatori e due procuratori di San Marco alla città di Venezia e tra le tante dimore acquisirono nel 1666 la grande proprietà agricola proprio a Este, quando Alba Zenobio della precedente proprietà andò in sposa a Giovanni Battista Albrizzi. Fu nel secolo successivo che fu costruita la bellissima sala della musica in perfetto stile veneziano e il parco di tre ettari fu realizzato in stile paesaggistico, con la costruzione di piccole costruzioni, rovine, ghiacciaia e collinetta, e successivamente della bellissima serra per conservare agrumi e piante esotiche.

La storia della città è così importante nel quadro dell’evoluzione di tutta l’area del basso veneto che non è possibile farne un adeguato sommario senza trascurare fatti e opere notevoli. Molte le dimore storiche, le vie d’acqua, i giardini e i siti archeologici che meriterebbero un altro racconto, magari il prossimo…

Note:
1) Origo I. Allegra, la figlia di Byron, 1993, Editore Mondadori, Milano; Tornar M., Claire Clairmont, 2010, Solfanelli, Chieti
2) Da Posthumous poems, 1818 (trad. di Giuseppe Conte)
3) Selmin F., Guida ai luoghi letterari dei Colli Euganei, 2004, Touring Club Italiano, Milano