Non tutti sanno che Venezia, la città d’acque per eccellenza, molti secoli fa era luogo di rinomata presenza di giardini e orti botanici. Ancora oggi per l’appassionato di natura e l’amante di flora – come si diceva qualche secolo fa – la città rappresenta un covo di cultura in materia di erbari inediti, di storie di giardini segreti e di documenti storici preziosamente custoditi nei palazzi storici più belli della città. L’interesse di Venezia per la collezione di specie rare dagli usi diversi era legata a interessi ben precisi. In primo luogo per la cura delle malattie, quindi come rimedi alle epidemie e ai morbi che falcidiavano la popolazione, in secondo luogo per la preparazione di veleni e antidoti durante le guerre contro gli invasori, i Turchi in primis.

È così che andai sulle tracce di un antico erbario che mi risultava essere ancora al Fondaco dei Turchi, austero Palazzo del XIII secolo situato nel sestiere di Santa Croce e affacciato sul Canal Grande. Il suo nome è dovuto al fatto che fu sede dei mercanti Turchi da metà del 1600 fino a metà Ottocento, quando divenne poi Museo Correr, e poi nel ‘900 Museo di Storia Naturale. L’erbario che stavo cercando rappresenta un documento prezioso ma minore rispetto all'erbario che fu proprietà di Benedetto Rinio, opera del medico Nicolò Roccabonella e del pittore Andrea Amadio (sec. XV), noto in tutto il mondo, conservato nella Biblioteca Marciana a San Marco. Ma quell’erbario mi interessava e lo trovai nell’ultimo scaffale in alto nell’ultimo piano del Fondaco dei Turchi. I funzionari me lo porsero con i guanti bianchi come una vera rarità risalente al ‘700, compilato e redatto da un certo Lorenzo Patarol.

Lorenzo Patarol nacque a Venezia nel 1674 da Francesco e Laura Businello; la sua famiglia, forse di origine fiorentina – sostiene Michelangelo Minio negli Atti della Accademia scientifica Veneto-Triestino-Ispana nel 1905 – ma stabilita già da parecchie generazioni a Venezia, era ascritta all’ordine nobiliare dei Segretari. Lo stemma portava quattro gigli d’oro in campo azzurro con una rosa al centro. Fu educato presso i padri Comaschi a Murano e qui nacque il suo gusto per l’archeologia e la civiltà classica, cui dedicò la maggior parte della sua attività. Coltivò assiduamente l’amicizia con naturalisti specialmente il Vallisneri [1] e il Pontedera [2], medico e cattedratico di Padova il primo, prefetto dell’Orto Botanico patavino il secondo, da cui trasse l’amore per la Storia naturale e in particolare la Botanica e la Paleontologia.

Ecco che posso rimanere sola nell’ultima sala del Palazzo con affaccio sul Canal Grande dalle bifore, che mi fanno subito pensare alle descrizioni così minuziose di Venezia del critico d’arte anglosassone John Ruskin (1819-1900), e apprezzare il bellissimo erbario in due volumi rilegato in pelle con semplici impressioni in oro. Constano il primo di 140 e il secondo di 92 fogli numerati e corredati di un indice di circa 1000 esemplari di essiccata – piante disidratate - dal titolo Promptuarium Plantarum Cujusque Generis, ac Soli Diutina cura Instructum, et in dies locupletatum A Lurentio Patarol Opus hoc Coeptum Anno 1717. Nella prefazione leggo che l’autore con la sua opera ha un preciso intento: “ad commodum et ad jucunditatem” cioè sia per avere materiale di consultazione sia per dilettare l’animo sfogliando la raccolta come un libro di memorie.

La bellezza dell’erbario è stupefacente in quanto oltre all'accurata disposizione delle foglie e delle parti fiorali delle piante, Patarol inserisce per lo più graziose farfalle o altri insetti come le libellule (Pieris, Papilio, Rhodoceras, Lycaena, Arctia, Zygaena) abbastanza ben conservati anche nei colori a decoro del foglio, come a creare piccoli quadri naturalistici.

La curiosità mi porta a cercare il luogo ove egli vivesse, poiché la sua passione per le piante lo aveva sicuramente portato a condurre una vita in un luogo di bellezza naturalistica, ma dove? La cosa interessante è che questo giardino lo troverò in una zona decentrata dai luoghi di potere veneziani e occupata invece da orti. Lo trovo infatti nel Sestiere di Cannaregio, lungo la Fondamenta della Madonna dell’Orto, vicino alla chiesa nota per le opere del Tintoretto. Patarol, nel suo palazzo di famiglia, amante della coltivazione e della raccolta delle piante, creò un vero e proprio orto botanico dove acclimatava anche specie che gli provenivano da raccolte fatte da lui o da altri degne di interesse (come le Impatiens Balsamina di cui mandò semi a un altro botanico, Johann Scheuchzer [3]).

Il giardino si distingueva per gli intenti scientifici con cui era stato concepito: sembra infatti che si attenne per la compartimentazione del giardino alla nomenclatura botanica all’epoca più utilizzata. Così rimase anche dopo la sua morte quando il giardino passò al figlio Francesco che introdusse soprattutto piante esotiche e fu definito dallo speziale Giambattista Cappello nel volume Lessico farmaceutico stampato a Venezia nel 1754 “degno figlio del suo grande padre” e descrisse due specie di Aloe rare da lui coltivate. Fino a metà ‘800, epoca in cui il giardino era considerato come una delle singolarità veneziane, assieme all’orto e il proprietario, tanto da ricordarsi ai forestieri nella guida del Quadri Otto giorni a Venezia, del 1821.

Nelle Iconografie il Paganuzzi (G.B. Paganuzzi Iconografie delle trenta parrocchie di Venezia, Venezia 1821) annovera “circa seicento tra alberi e arbusti d’aria libera quasi tutti esotici, nuovi e rari, circa cento e ottanta specie di rose tra le più distinte parecchie delle quali sconosciute nei giardini d’Italia e forse in molti altri del continente. Qui vi è pure una collezione assai bizzarra, molto estesa ed unica del suo genere di piante a foglie variegate, molte piante del Capo e della Nuova Olanda, oltre a molte perenni bulbifere sì di piena terra che di vaso.” Il passaggio nel 1833 della proprietà al nobile Giovanni Correr comportò una radicale trasformazione, oltre che negli intendimenti nella disposizione materiale, probabilmente su progetto di Giuseppe Jappelli (1783-1852), noto paesaggista italiano nato a Venezia, con canoni di tipo “romantico”, per cui scomparve naturalmente qualsiasi traccia del suo fondatore.

L’unica opera che rimane del Patarol è una pietra funeraria della sua tomba che si trova a Santa Marta e che andò a far parte della cornice del campanile di San Marco. La visita al giardino da parte dell’imperatore Francesco I avvenne nel 1815 quando ancora l’orto era un esempio di collezione botanica per Venezia con raccolte botaniche suddivise secondo il sistema linneano. L’intervento paesaggistico effettuato dopo il 1833 comportò l’introduzione di piante molto utilizzate per questo tipo di parchi e giardini dell’epoca: Cedro del Libano, Bagolari, Sofore e Tassi, scardinando in parte il disegno simmetrico settecentesco preesistente che sembra aver mantenuto fino ai primi dl ‘900 nella parte vicino alla loggia, un disegno a scomparti forse parte dell’antica collezione botanica.

Della fine ‘800 è anche probabilmente la serra che era appoggiata al casino Rizzo Patarol dove venivano riposti agrumi e gelsomini o altre piante termofile. Questo giardino, di impianto romantico tipico del Veneto con richiami evidenti al giardino paesaggistico inglese che prese piede in tutto il Lombardo-Veneto più che in altre regioni italiane, oggi è ancora in grado di stupire il visitatore, perché nonostante sia lungo e stretto con un sorprendente affaccio sulla laguna, è creato con maestria attraverso percorsi sinuosi, ponticelli e false rovine e ci consente di estraniarci dal contesto (in un Hotel a quattro stelle molto raffinato) in mezzo ai grandi alberi, sulla collinetta e la sottostante grotta-ghiacciaia fino al castelletto neogotico. Collezioni botaniche di rose, al tempo numerosissime, Clematidi, Ortensie e bulbose reintrodotte con il recente restauro hanno ridato vita a un luogo che come molti avrebbe potuto scomparire dalla memoria dopo secoli di incuria.

Note:
[1] Antonio Vallisneri (1661 1730) è stato medico, scienziato, biologo e naturalista italiano.
[2] Giulio Pontedera (1688-1757) fu prefetto dell’Orto botanico di Padova dal 1719 al 1757. Molto amico del Patarol, era anch’egli erudito con interessi nel campo della letteratura e dell’archeologia.
[3] Johan Jacob Scheuchzer (1671-1733), noto naturalista svizzero soprattutto nel campo della paleontologia.