Pieni e vuoti: i pieni sono cromie e loro negazione che si accostano in forma, i vuoti sono le assenze cromatiche o acromatiche che ad esse s'intervallano e che generano altra forma. Il supporto al gioco della forma è la materia di cui sono fatte le immagini: pieni e vuoti sono presenza o assenza di materia.
Quello che ne deriva è ancora forma e le idee sono addizionali ad essa.
La vita è una questione di forma e “ciò che manca” si alterna a “quanto c'è” nella predisposizione all'esperienza.
L'esperienza è necessaria e dunque la forma è necessaria quanto l'esperienza.
Se ci si occupa di forma si ha il ruolo di teorici e pratici dell'esperienza e dare forma alle “cose della vita” significa stabilirne la traccia che segnala la funzione pratica ed emotiva dell'esperienza.
Parlare dell'opera di un architetto significa entrare nelle pertinenze della forma.
Nella biografia dell'architetto Italo Lupi compare la seguente frase: “Si dedica all'architettura degli allestimenti, a progetti coordinati di graphic design e di grafica editoriale”.
L'architettura degli allestimenti, il graphic design, la grafica editoriale sono forme narrative che l'uomo usa per raccontare la coordinazione tra pensiero, emozione e la sua traccia fisico genetica.

La narrativa dell'architettura è luogo di un verbo che si avvale delle vibrazioni dell'aria e delle diffrazioni luminose per giungere all'occhio in ascolto e visione che catalizza contenitori e contenuti nel bisogno reciproco di viversi in assonanza reciproca. La sonorità che da questa chimica emerge è aggettivazione e qualità che si addiziona all'essere sociale dell'uomo e dunque al progetto comunicativo che è sommato all'architettura e al suo lessico. Il sentore di chi, come Lupi, rappresenta la storia dell'esperienza architettonica delle emozioni ha il valore motorio che è dell'architettura: pieni e vuoti sono solo la base di un movimento che si armonizza in alcuni momenti della storia.

Italo Lupi ha ponderato i volumi delle sue idee per la parte che ha la luce negli spazi aperti.
Il ruolo che l'interfaccia chiaroscurale possiede nella forma, a sole pieno e diretto sui piani, è l'elemento espressivo tridimensionale dei suoi lavori unito alla poetica elaborazione della curva che emerge senza mai invadere lo spazio: occhieggia senza farsi catturare, modella il vuoto e si tuffa in se stessa. La vertigine, l'altezza, la profondità dello sguardo di Lupi è fendente prospettico di geometrie accostate e sovrapposte che si ridisegnano in semantica multistrato come pensili delle sonorità di cui sono portatori. Le punte, gli spigoli e le parti che ad esse appartengono o da esse derivano sono gli attori di una partitura a più voci. La formula estetico ritmica sembra ispirata al Bauhaus del balletto triadico di Oskar Schlemmer o ancor più al Ballet Mécanique di Fernand Léger (1924), dove le proprietà associative tra le forme diverse e le diverse inquadrature, oltre alle logiche degli accostamenti unite alle torsioni e giustapposizioni e capovolgimenti d'immagine, generano il miglior esempio di cinema cubista.

Il tratto di Lupi racconta di una Storia d'“Amore e Psiche” tra “Punto, linea, superficie” (W.K.) che ha la sapienza del sentimento verso la palingenesi delle cose. Italo ha lavorato sullo spazio che i segni generano e su come l'impiego dei segni diviene genitoriale dei luoghi e i luoghi generano accoglienza all'occhio per evidenza di bellezza. Un insieme di punti vive di una coordinazione che possiede un valore costruttivo, ma che non necessariamente è conosciuto: su questa astrazione cognitiva si basa l'inedito di un processo vergine di apprendimento e la bellezza può generare un impatto empatico sulla forma che la esprime senza cognizione pregressa. In questo ambito la grazia esecutiva di Lupi ha generato legami tra l'inconscio e il desiderio di benessere che le sue creazioni pagano.

Le sue creature sono polo geometrico formale carico di riferimenti. La storia dell'arte e dell'architettura hanno un posto d'onore tra le sue esperienze. Si legge Lupi e si apprendono i profili affilati dei dipinti di Paolo Uccello, gli accostamenti cromatici prospettici di Giotto le allegorie zoomorfe e lessicali di Giovannino de' Grassi, le mutazioni architettonico-spaziali di Leon Battista Alberti. Proprio Alberti ha razionalizzato l'arcatura dalla profondità inesistente per il corpo ma vertiginosa all'occhio: questo medium espressivo è lessico di Lupi. Per Italo le curve sono circuiti che fungono da palestra dello sguardo: essi dialogano con la poetica dell'arco che in Castiglioni diviene luce e in Scarpa lo squarcio alla copertura di un padiglione della Serenissima Biennale.

In Italo Lupi la forza espressiva si fonda sulla parola gioco che posiziona le proporzioni e le assonanze in formule legate a moduli che rispondono a qualità e racconti, quinte per le scene di una nuova sintassi dello spirito legate tra loro in armonia. L'anima di Lupi ha il demone del progetto e della sua sostanza che pone la curiosità e la lettura dei profili al centro dell'immagine come azione che genera lo stupore della scoperta: infinita emozione. Le sue grazie, le sue quinte espositive, i suoi grafismi giustapposti ai luoghi di cellulosa, pietra o cemento non concludono l'esperienza della bellezza la dilatano e traslano in sostanza pratica. Quello che è solo immaginato diviene a più riprese indagato, tracciato, con attesa e pathos, con voluttà e brama di conoscenza e abbandono al gioco dell'asta che per sua natura pone il suo superamento al centro della psiche di chi l'affronta. Le linee spezzate e i contrasti volumetrici e spaziali che appartengono all'area creativa di Italo Lupi sono figli di una mano che riconosce dignità al contrasto chiaroscurale di matrice drammaturgica. Il melodramma, la forza rivelatrice della luce di seicentesca memoria, sono temi che scorrono nella produzione di Lupi.

Il percorso dell'uomo che si fa segnale e semantica delle sue idee è la storia di coloro che hanno saputo diventare addizione alla natura e al suo verbo formale: la bellezza. Addizionarsi alla beltà è “aggettivarsi di essa” attraverso la propria opera. Per Italo Lupi la dimensione della bellezza è legame all'interfaccia luministico dell'esistenza. Volti tonali chiaroscurali per l'essere del bello: luce e ombra, giorno e notte, inscindibili nella resa della sapidità dell'esistere.

“Dalla notte si conosce il valore del giorno e viceversa e dalla notte i Lupi inneggiano alle curve della luna a cui il sole concede lo sguardo e il suo chiaro-scuro. La luna così rivelata si atteggia all'uomo che ne scorge il profilo e il diletto di colui che così la disegna: per Lupi o Lupi?
Incontro la notte e con essa... luna... sole... Lupi”.

Italo Lupi si è laureato architetto al Politecnico di Milano. Si dedica all'architettura degli allestimenti, a progetti coordinati di graphic design e di grafica editoriale. È stato consulente di immagine de la Rinascente, di IBM Italia, della Triennale di Milano, poi artdirector di Domus e, dal 1992 al 2007, direttore responsabile e art director di Abitare. Ha disegnato la grafica di grandi mostre e Musei, in proficua collaborazione con le architetture di: Mario Bellini (Palazzo Grassi, Stupinigi, Triennale di Milano, Museo della Storia di Bologna), Achille Castiglioni (padiglioni RAI e Bticino, Pitti immagine, XVII Triennale, Museo Correr a Venezia), Guido Canali (mostra del'700 nel Palazzo della Pilotta a Parma). Con Migliore e Servetto ha progettato il Look of the City di Torino per le Olimpiadi 2006 e per le Celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia, sintetizzate dalla grande installazione luminosa sulla Mole Antonelliana.