Di Eros Donnini, uno dei più importanti creatori di francobolli in particolare e di grafica più in generale, se ne parla in ogni testo specializzato: è appena il caso di ricordare quindi come, con la sua intensa attività, abbia onorato l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS), la filatelia e l'arte italiana. Si è conquistato inoltre, in tanti lunghi anni di lavoro e di rincorsa a un sempre più squisito perfezionamento, la stima, l'ammirazione e l'affetto dei collezionisti. Quanto scrivo di Eros, che ci ha lasciato il 19 marzo 2017, potrebbe sembrare l’apologia di un amico per un amico. A evitare ciò preferisco riportare il giudizio di Umberto D’Arrò, il giornalista che aveva affinato nel tempo la sua passione per la filatelia e aveva permesso di risolvere il famoso “giallo” del Gronchi rosa:

La firma di Eros Donnini in calce ad un francobollo, dopo un cinquantennio di una ininterrotta emulazione dell'artista soprattutto con se stesso, nella vittoriosa aspirazione di realizzare sempre meglio le opere affidategli, è ormai una garanzia assoluta di qualità tecnica eccelsa e di gusto artistico raffinatissimo, e perciò 'griffe' ambita dai committenti del Poligrafico come dai filatelisti. Le serie 'Fontane' e 'Ville', realizzate per le Poste italiane, costituiscono tra i tanti francobolli creati dal suo bulino magico un corpus di vere e proprie gemme dell'arte filatelica di tutti i tempi. Tanta concreta attività realizzata con la 'cifra' magistrale di un impegno, teso costantemente ai massimi livelli quantitativi della tecnica incisoria, fa ormai considerare dagli esperti di tutto il mondo questo artista italiano [al livello del] mitico svedese Czeslaw Slania.

I suoi francobolli poi, sia le “Ville d’Italia”, le “Fontane d’Italia”, i “personaggi illustri”, la serie colombiana “Genova 92” e le tante varie curiosità (bello davvero il valore da lire 600 del “lavoro italiano nel mondo” per l’arte della ceramica) sono dei classici. Voglio però ricordare che per raggiungere tanta perfezione è stato necessario essere esperti di uno strumento importante, il bulino, per mezzo del quale il disegno e i tratti delineati e incavati su materie dure riescono a imitare “le forme, i lumi degli oggetti visibili e può moltiplicarne gli impronti per mezzo dell’impressione”. Il procedimento tecnico dell’incisione calcografica è molto accurato: si pratica incidendo il metallo semplicemente con il detto strumento da taglio, piccolo utensile in acciaio temperato, tagliato trasversalmente e affilato. All’IPZS si deve se ancora è mantenuta viva la stampa calcografica da incisione a bulino: “conservare e perpetuare questa tecnica, intesa nella sua essenza di espressione artistica, quale interpretazione dell’opera d’arte a cui è ispirata e non semplice e meccanica forma di traduzione, equivale a conservare un patrimonio di cultura”.

Ma non è dell’incisore ben noto alla saggistica filatelica che voglio parlare in questa nota, diverrebbe una ripetizione: le sue opere grafiche, infatti, sono riportate da tutti i cataloghi ma, rara avis fra i suoi colleghi, egli è fuori dal mercato per sua scelta e non ha quindi una sua quotazione venale né ha mai voluto vendere una sua opera. Qui invece voglio scrivere dell’amico Eros [1] il quale, ogni volta che ho bussato alla sua porta, non ha fatto mai resistenza alcuna nell’offrirsi a sostegno delle varie iniziative da me intraprese. Probabilmente ci ha subito legato lo ‘spirito’ che affratella: dagli anni Settanta del secolo scorso, da quando cioè entrai a far parte, nella mia veste professionale, del corpo sanitario dell’IPZS ci unì quella dedizione spontanea e gratuita per le idee che abbiamo professato e che insieme ci siamo sforzati di realizzare. Sino alla fine è stato così: ci eravamo sentiti il 2 marzo per prendere appuntamento per l’8, giorno nel quale per decenni ha sempre portare a mia moglie gli auguri per la festa della donna. Quel giorno non venne all’appuntamento né per una settimana riuscii ad avere un contatto. Lo ebbi il giorno 19 con un messaggio sul telefono cellulare: Papà Eros è morto, Leonardo Donnini.

Amo ricordare come il nostro incontro sia stato propiziato da un altro incisore dello stesso Istituto e dello stesso “Centro filatelico”, il caro e sfortunato amico Francesco Borrelli. Fu lui il primo artista che conobbi di quel crogiuolo di grandi che, negli anni Settanta, lo costituivano: oltre a Francesco e a Eros, erano valenti incisori i due Vangelli, padre e figlio, Alceo Quieti, Tullio Mele, Nicolò Arghittu, Giuseppe Verdelocco, Antonello Ciaburro, Rita Morena, tanto per fare i nomi di quelli che più spesso ebbi occasione di frequentare. Nel 1987 Donnini aveva inciso il francobollo del valore di lire 380, dedicato alla battaglia di Mentana, tratto da una stampa dell’epoca che rappresentava un episodio di quella pagina risorgimentale. Per l’occasione egli preparò pure l’annullo speciale figurato che fu utilizzato nel giorno dell’emissione presso il Centro sportivo Mezzaluna di Mentana: il comune aveva voluto solennizzare il 120° anniversario del fatto d’arme, con l'emissione di un francobollo delle Poste Italiane, stampato dalle Officine Carte Valori dell’IPZS [2] . La vignetta, tratta da una stampa dell'epoca, nel francobollo raffigura un episodio della battaglia con la leggenda: "1867 BATTAGLIA DI MENTANA", il valore "380" e la scritta “ITALIA”.

La Battaglia di certo merita, nella storiografia risorgimentale, un suo riferimento ben preciso; in fondo, anche se conclusasi con una sconfitta, non fu una disfatta vergognosa: nuclei di resistenza al limite dell'eroismo diedero filo da torcere a truppe pontificie e francesi. Non rivanghiamo comunque un capitolo di storia patria ampiamente noto, ma non possiamo tuttavia fare a meno di rimarcare come le dieci giornate di Monterotondo e Mentana abbiano avuto una risonanza mondiale enorme: Garibaldi pose prepotentemente dinanzi alla coscienza (o mala coscienza?) dei popoli il problema di Roma capitale. Forse mai come in quel frangente Garibaldi dovette essere cosciente che dall'azione avrebbe avuto solo da guadagnare: la vittoria avrebbe risolto il "caso Roma"; la sconfitta sarebbe stata - come fu - la scintilla per una reazione a catena che non poteva che portare a maturazione lo sfaldamento delle forze contrarie all'unità: era fatale che Roma fosse divenuta la Capitale dell'Italia unita! La carriera di Eros non fu sempre facile. Venne pure per lui il momento di criticità che preferisco raccontare con la sua penna:

Nel 1982, per ordini superiori, non fui più presente allo stand dell’Istituto in occasione delle varie mostre. Mi si era fatto credere che fossi stato indispensabile ma così non era: si disse in giro che stavo crescendo troppo, che si parlava troppo di me e che stavo acquistando troppo carisma, cosa assolutamente non necessaria, secondo certi punti di vista. Fu, per me, un momento di smarrimento che, superato, non si rivelò poi un gran danno: da quel momento il Circolo filatelico di Varallo Sesia, presieduto dal compianto prof. A. Luigi Morera, mi invitò ad esporre nella sua città tutte le incisioni del periodo degli studi ad Urbino, per me datate sino al 1948, integrate dai vari soggetti filatelici. Fu un grande successo, al quale seguirono le mostre a Verona, Como, Prato, Isernia, Pesaro, Fano, Fermo, Roseto degli Abruzzi, Lanciano, Avezzano, Taranto, Lecce, Messina, Catania, Imola, L’Aquila, Spello, Perugia, Terni, Telese ed altre località, nonché, all’estero, Madrid, Vienna, Bellinzona. A coronamento di tutto, nell’aprile 2002, è arrivata l’importante Mostra di incisione e microincisione, con raffinato catalogo, organizzata dalla Pro-Urbino al Collegio Raffaello; è stata una vera commozione: pur essendo abituato a ricevere riconoscimenti e premi a tutti i livelli, debbo ammettere che l’appuntamento di Urbino ha superato tutto.

Il fatto di sentirsi oggetto di attenzione nella città dove si è nati, dove si è affinata la propria formazione, risentirsi a casa e constatare che i 54 anni di assenza non avevano affatto impedito di tornare in sintonia con la propria città, credo proprio che ciò sia stato veramente motivo di grande orgoglio.

Non credo sia possibile ricordare i tanti luoghi che lo hanno chiamato per esposizioni e incisioni, ma non posso non ricordare i suoi “dieci giorni d’oro” del giugno 1993: I Giugno - La rivista filatelica Il collezionista (Bolaffi) riportò la notizia della vincita del terzo "Cavallino d’Oro" per la serie filatelica Celebrazioni Colombiane Genova 1992, a seguito del XXXVIII referendum tra i lettori per il più bel francobollo dell'area italiana; 3 Giugno - Sala protomoteca in Campidoglio, nomina a marchigiano dell'anno 1992, con consegna del Totem dei Piceni da parte del centro Studi Marche di Roma; 6 Giugno - Esposizione a Castiglione della Pescaia e nomina a socio onorario del locale Circolo Filatelico; 11 Giugno - Conferimento, in forma solenne, della cittadinanza onoraria della città di Spello, da parte del sindaco e di tutto il consiglio comunale. Poi, nell’anno 2000, con la perdita della moglie, Antonia, ebbe un crollo dal quale mai si riprese. Riporto qualche periodo della lettera che scrisse agli amici:

…Forse non ha sofferto molto anche perché sentiva la presenza di tutti noi, pur essendo sempre vigile, anche tenendo gli occhi chiusi, se le parlavamo forse si emozionava e cominciava a tossire.
È una esperienza che non si può raccontare, improvvisamente vedi il buio, qualsiasi cosa che prima apprezzavi, non ha più senso, non ha più valore, ti ritrovi con un rapporto diverso, coi figli, con gli amici, ovunque vai ti trovi a disagio, non hai più punti di riferimento.
Probabilmente si deve ricominciare tutto daccapo con la certezza di aver perduto per sempre il gusto e il piacere del buon vivere. Il pensiero va inevitabilmente a ciò che non hai saputo completamente apprezzare, le doti della compagna, che ti è stata vicina per tutta la vita. Alle volte sembra un brutto sogno, poi risento l'immenso vuoto e una infinita tristezza mi assale.
Forse dovremmo trovare motivo di consolazione nel fatto che Antonia aveva tantissima fede e finché la ricorderemo nella sua serenità e nella sua dolcezza, sarà sempre viva nei nostri cuori…

Sopravvisse sedici anni alla perdita di Antonia. Gli rimasi vicino e lo interessai a tante iniziative ma quel vuoto nei suoi occhi non si cancellò mai.

Note:
[1] Cfr. pure: Augusto Calzini, Eros Donnini, il principe del bulino, 60 anni di creazione e divulgazione filatelica, IPZS , Roma 2009.
[2] In calcografia e offset su carta fluorescente, non filigranata, formato carta: mm. 40x30; formato stampa: mm 36x26; dentellatura: 14x131/4; colori: policromia ottenuta con quattro colori offset e colore calcografico.