Hic sunt leones. Proprio lì, al numero 1 di via Fagni, a Livorno, a poche centinaia di metri dagli storici Bagni Pancaldi. L'ultimo leone nato in casa Benetti ha una mole gigantesca ma una forma snella che non lascia immaginare il ragguardevole peso di 850 tonnellate. Risponde al nome di Spectre, come le ultime avventure cinematografiche di James Bond, e, nella migliore tradizione di 007, è agile e scattante, capace di un balzo felino che sfiora i 40 km orari.

Tre anni di lavoro e ora è lì, allo scalo Morosini, pronto a salpare per la Florida e poi solcare tutti i mari. D'altra parte i cantieri Benetti non sono nuovi a questo tipo di impresa. Da quando, nel 2003, l'imprenditore piemontese Paolo Vitelli rilevò lo storico cantiere navale dei fratelli Orlando, sono 45 i mega yacht costruiti e consegnati. Altri 11 attendono in rampa di lancio, quattro di questi pronti a decollare nel 2019.

Varcare oggi i cancelli degli oltre 220mila metri quadrati dell'azienda livornese è un po' come trovarsi fuori del tempo, in una fabbrica dei sogni dove l'uomo, e non il robot, è ancora il massimo protagonista del processo produttivo e l'interprete delle innovazioni tecnologiche. Se poco più di 200 sono i dipendenti del cantiere, altre 1400 persone vi lavorano quotidianamente, con un indotto che coinvolge 450 aziende. Intorno e dentro Spectre, negli ultimi giorni prima della consegna, si contano almeno un centinaio di maestranze al lavoro, artigiani e tecnici, ingegneri e architetti. Poco lontano, all'interno di capannoni e ancora semicoperti dalle impalcature, ci sono i tre colossali yacht di oltre cento metri, ultima sfida che colloca Benetti ai massimi livelli dell'industria navale in tutto il mondo.

Spectre di metri ne misura 69 e ha 5 ponti, pari a 1200 metri quadrati di superficie interna dove trovano spazio il bar, i saloni, le cabine, i 25 bagni, la cucina, i frigoriferi, la lavanderia, l'ascensore, le verande, un'area 'benessere' e una piccola piscina, oltre ai locali tecnici. I suoi motori sono due e pesano 9 tonnellate ciascuno, il suoi 7 serbatoi possono contenere fino a 125.000 litri di gasolio, i generatori, 3 in tutto, sono in grado di produrre 200 kilowatt di potenza ciascuno, le riserve d'acqua arrivano fino 20.000 litri. A leggere i numeri potrebbe sembrare un mostro, invece è un prodigio di armonia e bellezza.

"L'idea è stata quella di fare un oggetto moderno che, senza essere futuribile, tra 20 anni possa ancora apparire gradevole", commenta Giorgio Maria Cassetta, il giovane architetto e designer, già famoso sul piano internazionale, che ha creato il profilo esterno dello yacht. "Prendendo a modello una grande imbarcazione di tipo classico, siamo intervenuti per tirare fuori una certa sportività, irrinunciabile per l'armatore, che è innamorato, oltre che di James Bond, anche di automobili e yacht super veloci". A parte alcuni interventi 'decorativi', come le ali dell'albero di poppa in 'ricordo' di quelle di alcuni caccia americani, Cassetta è andato alla ricerca della massima corrispondenza tra estetica e funzionalità, nell'armonia e coerenza tra il profilo esterno e quello interno, compreso lo stile del mobilio, ispirato all'Art deco della Florida degli anni Trenta secondo una linea che per l'indoor è firmata dall'interior designer di Benetti, Maria Rosa Remedi. "La sfida", racconta Cassetta, "è stata creare una barca assolutamente dinamica, muscolosa, e nello stesso tempo estremamente voluminosa, secondo i gusti dell'armatore, che, oltre alla velocità, ama il lusso dello spazio".

Se è vero, come Dostoevskij fa dire al suo principe Myskin, che la bellezza salverà il mondo, allora l'Italia ha una strada aperta. Non solo perché Benetti è un'azienda navale interamente italiana, una delle sei più grandi sul piano internazionale e, tra queste, al livello più alto nella produzione di bellezza, non sempre sinonimo di mega yacht di lusso. Anche Giorgio Maria Cassetta è italiano, uno studio a Roma e un nome come designer navale che supera l'oceano. E italiane sono le maestranze che hanno materialmente dato vita a Spectre: lo scafo in acciaio costruito a Piombino, i mobili e le pareti in radica degli spazi interni realizzati dagli artigiani di Lugnano e Bientina, nell'entroterra pisano, i marmi tutti prodotti a Carrara. Una risorsa, quella della bellezza, che potrebbe avere il potere di ricomporre il nostro disordine e diventare il motore dell'attesa rinascita.

Ma nella cabina di comando di Spectre c'è un altro leone: John Staluppi, italo-americano, nato a New York da padre elettricista e madre casalinga, una grande passione per la mozzarella e un amore senza riserve per barche e auto, soprattutto quelle che raggiungono elevate velocità. "L'unica differenza è che le prime hanno eliche e le altre ruote", ha detto in un'intervista al giornalista americano Mark Chisnell.

Quello per le auto è stato comunque il primo amore, cominciato quando era appena un teenager e faceva il meccanico in una stazione di benzina di Brooklyn. Il fiuto per gli affari lo ha portato a diventare un businessman milionario, tra i più noti concessionari e venditori di auto della Florida, dove adesso vive insieme alla moglie Jeanette. Ma il magnate Staluppi non si è mai dimenticato del piccolo John con la tuta da meccanico e a North Palm Beach, dove custodisce la sua preziosa collezione di auto d'epoca, ha ricostruito l'ambiente in cui viveva da ragazzino: il ponte di Brooklyn, un fast food, un distributore di benzina, la giostra e la baracchina dei donuts, dove i genitori lo portavano quando era bambino. Una o due volte l'anno apre le porte del suo museo di 'bolidi' e ricordi e organizza fiere di beneficenza.

Con le barche è successa un po' la stessa cosa. All'inizio ci fu un'imbarcazione da pesca di 13 metri, scelta esclusivamente per la sua velocità, e una serie di avventurose gare in cui, oltre che dal mare, si è ritrovato a difendersi dai pescecani. Poi, dalla passione si è scatenato il business che lo ha portato in Italia. Spectre è il terzo yacht varato per lui da Benetti, dopo Quantum of Solace e Diamonds are Forever, tutti, senza discussione, dedicati ai film di James Bond, altra sua passione senza tempo.

Sempre informale, jeans e camicia, magari anche a fiori, Staluppi ha seguìto passo dopo passo la nascita di Spectre, senza mai preoccuparsi delle convenzioni, persino quando si trattava di misurare gli spazi, controllati di persona, incluso quello della toilette. Un entusiasmo raro, unito a una volontà ferrea. Perché, anche se la cravatta non fa parte del suo abbigliamento, nessuno riesce a togliergli dalla testa di fare quello che vuole. Compresa l' ostinazione a scaricare intere formaggere di parmigiano sulla pasta alle vongole. D'altra parte la sua canzone preferita è My Way, il cavallo di battaglia di Frank Sinatra, che conosce a memoria e canta con una bella voce e una presenza scenica da far invidia a un attore. "A lui piace stare insieme alla sua squadra ed è una persona piacevole", racconta l'architetto Cassetta. "Mi ricordo una sera a Miami, quando dopo una giornata di lavoro e discussioni, ci ritrovammo tutti a cena e poi a cantare le canzoni di Elvis Presley, un altro suo beniamino".

Ma il business è business. E viene sempre per primo. Così poche settimane fa Staluppi ha venduto all'asta la sua preziosa collezione di auto d'epoca (ma non la sede con i suoi ricordi d'infanzia), per poi cominciare subito dopo a metterne in piedi un'altra. E se Spectre non è il suo primo yacht, quasi certamente non sarà neanche l'ultimo. Never mind. Spectre continuerà a ruggire nei mari del mondo. In italiano.