Maxistore, boutique, ortofrutta, caffetterie; marmi, maioliche, stucchi, statue; portici, bow-windows, mansarde, cupole; il tutto concentrato in 800 metri di lunghezza per 20 di larghezza.

Succede a Genova, in Via XX Settembre, prodotto e manifesto delle aspirazioni di quella che a fine Ottocento era la capitale finanziaria d'Italia: una strada in cui ancora si percepisce l'aura di un passato magniloquente, malgrado il grigiore accumulatosi negli ultimi trent’anni, e che potrebbe vivere una nuova stagione di decoro in un prossimo futuro; si parla infatti di pedonalizzazione, nel quadro generale di un potenziamento del trasporto pubblico secondo assi di forza protetti, uno dei quali appunto passerebbe per Via XX Settembre liberandola dal traffico privato e rendendola nuovamente godibile in tutto il suo splendore.

Uno splendore iniziato un po' in sordina negli anni Sessanta dell'Ottocento, allorquando il Comune si pose il problema di come ammodernare le direttrici stradali verso il Levante; fino ad allora l'asse principale era quello che collegava la centrale piazza San Domenico alla piana del Bisagno passando per via Giulia, Porta d'Archi, via della Consolazione e Porta Pila, ma soprattutto il primo tratto era ormai inadeguato, essendo largo appena 7 metri. Ecco allora prendere piede, dopo varie esitazioni, l'ipotesi del potenziamento della direttrice San Domenico - Porta Pila tramite rettifica e ampliamento di via Giulia e abbattimento di Porta d'Archi: un progetto estremamente ambizioso che richiamò i maggiorenti cittadini (all'epoca anche nazionali) a cominciare dal barone Andrea Podestà, sindaco-monarca nonché imprenditore dalle innumerevoli partecipazioni. Braccio operativo dell'operazione fu invece l'ingegnere Cesare Gamba, anch’egli uomo dalle infinite entrature nel gotha imprenditoriale, finanziario e massonico genovese, oltre che professionista di indubbia capacità.

Ne conseguì un cantiere ciclopico, per lo più concentrato fra il 1893 e il 1912, che si tradusse in palazzi sontuosi, ampli spazi pubblici e inedite soluzioni tecnologiche. Una delle prime realizzazioni e forse anche la più rappresentativa in tal senso è il cosiddetto Palazzo dei Giganti (civ. 14), del 1895; lì, al piano terra la struttura si compone sia di muri portanti sia di sostegni in ghisa, secondo un uso più nordeuropeo e nordamericano che italiano, così come è riconducibile a una moda dell'Inghilterra vittoriana il disegno di facciata a losanghe, di ascendenza veneziana; sempre lì, ai piani superiori, i solai sono realizzati tramite solette in calcestruzzo armato secondo il brevetto Hennebique, sistema che verrà impiegato integralmente, per la prima volta in Italia, nel padiglione del vicino Mercato Orientale (1898), e che proprio nel cantiere di Via XX Settembre troverà impiego massiccio; ancora lì i progettisti coinvolti sono il livornese Dario Carbone il genovese Carlo Fuselli, professionisti destinati a una lunga carriera. Proprio lì, infine, nel 1896 aprirà lo studio di un protagonista dell'architettura italiana, Gino Coppedè, chiamato da Firenze dal suo mentore Evan Mackenzie e che Genova costruirà il proprio successo.

Via XX Settembre esibisce, sotto terra, una quantità sorprendente di cinematografi, mentre fuori terra mostra un ricco campionario di stili, di tecniche e di autori: c'è spazio per le divagazioni di Benvenuto Pesce Maineri fra Venezia (civ. 36) e la Cina (civ. 26), per il classicismo di Luigi Rovelli (civ. 34), per la sensibilità pienamente Art Nouveau del lucchese Gaetano Orzali (civ. 29) e per l'eclettismo di Coppedè (civ. 23). Protagonista indiscusso è però Dario Carbone: il succitato Palazzo dei Giganti, infatti, non è che lo spartiacque fra il suo primo incarico (civ. 6) in perfetto stile “Quattrocento fiorentino” e le successive sperimentazioni, oscillanti fra i virtuosismi strutturali dell'hotel Bristol e dei lotti vicini, le suggestioni da Secessione viennese del Palazzo delle Cupole (civ. 2) e lo sfarzo, degno di Charles Garnier, della Nuova Borsa.

C'è poi Gamba. Le realizzazioni direttamente attribuibili a lui sono poche ma oltremodo simboliche, trattandosi del palazzo più antico e più a Est della nuova Via XX Settembre il (civ. 1), del più recente e più a Ovest, a completamento di Piazza de’ Ferrari, progettato in stile neo-manierista per la Navigazione Generale Italiana nel 1914 ma realizzato un decennio dopo, e del vero e proprio fulcro di Via XX Settembre: il Ponte Monumentale, meritevole di un approfondimento a parte.

La genesi di questo manufatto, nella migliore tradizione genovese, è schiettamente pratica: bisognava rimuovere Porta d'Archi ma conservare il soprastante collegamento tra il colle di Carignano e le alture retrostanti: una prima ipotesi prevedeva un ponte in ferro, soluzione neanche tanto sorprendente se si pensa che trent’anni prima, a Marsiglia, il ponte di Rue d’Aubagne, atto a scavalcare la trincea scavata dalla nuova circonvallazione (Cours Lieutaud), era stato costruito proprio in ferro, dopo un primo, disastroso tentativo di impiegare il calcestruzzo armato.

Il 6 maggio 1893 il Comune approva un progetto definitivo per il ponte decisamente diverso: strutturalmente si prevede un unico voltone in muratura, progettato da Gamba, mentre la veste architettonica elaborata da Riccardo Haupt si compone di una volta centrale ad arco ribassato fra due porticati minori laterali. Cosa è successo nel frattempo?

È successo che nel 1892, in occasione dell'expo per il Quattrocentenario colombiano tenutasi a Genova, l'area fieristica è stata contornata da archi di trionfo, progettati dallo stesso Haupt, pressoché identici alla soluzione poi adottata per il Ponte Monumentale e che molto probabilmente hanno lasciato una buona impressione. C'è poi un dettaglio di quegli accessi, non riproposto in seguito ma che apre scenari su possibili ascendenti: al di sopra di ogni varco laterale era disegnata una grande bifora romanica, elemento che non può non far pensare all’arco trionfale di accesso a Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, ultimato nel 1878; se poi pensiamo che la Galleria in origine doveva essere non un passaggio coperto ma una via porticata, come in realtà divenne Via XX Settembre, ecco allora farsi ancora più stretti i richiami tra le due opere.

Oggigiorno, scomparsi tutti i cinema e quasi completamente sostituiti i negozi storici, un velo di malinconia pervade un po' tutta Via XX Settembre, ed è una situazione comprensibilissima, trattandosi del salotto buono di una città nel frattempo invecchiata e impoverita; forse il tratto più sofferente è proprio quello del Ponte Monumentale, la cui ormai pluridecennale incuria ha causato sempre più frequenti cadute di calcinacci, al punto di costringere il Comune, nel dicembre 2020, a elaborare urgentemente un piano di messa in sicurezza. Più in generale questo oggettone sembra vittima di una generale indifferenza da parte della cittadinanza, quasi che si trattasse di un corpo estraneo; niente di più lontano dal ruolo di simbolo della Nuova Genova affidatogli 120 anni fa, che non si limitò a una frequentissima, ossessiva presenza sulle cartoline dell'epoca, come dimostra un fatto clamoroso.

I genovesi del tardo Duecento, nella colonia di Galata, si erano dotati di un Palazzo del Podestà dichiaratamente ispirato a Palazzo San Giorgio, prima sede autonoma del Comune. A fine Ottocento, in Sud America, laddove le comunità genovesi erano particolarmente forti, come a Buenos Aires, Valparaiso e Lima, puntualmente furono erette copie della statua dell'Angelo Oneto, notissima scultura del cimitero monumentale di Staglieno, nonché capolavoro di Giulio Monteverde omaggiato con innumerevoli imitazioni. Nel 1913, in una San Francisco in piena ripresa dalla catastrofe di 7 anni prima, viene scavato un traforo tranviario sulla direttrice Nord-Sud: si tratta dello Stockton Street Tunnel, che viene presentato come la porta per North Beach e ornato, anche un po' a forza, con portali il cui disegno non può non ricordare proprio il Ponte Monumentale, circostanza molto poco casuale per un semplice motivo: indovinate un po' qual era, ed in parte è ancora, la principale comunità di North Beach.

Vi do un indizio: se un domani vi capitasse di andarci ed entrare in un panificio, probabilmente ne uscireste col sacchetto pieno di focaccia.

Un particolare ringraziamento ad Alessandro Ravera e Valter Scelsi.

Bibliografia

A.M. Nicoletti, Via XX Settembre a Genova, Genova, 1993.