Una mostra monografica alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti ha permesso di conoscere un poliedrico e interessante artista rinascimentale poco noto ai non addetti ai lavori.

Gli artisti che, tra Cinquecento e Seicento, si cimentavano nelle corti europee al servizio del tal Signore o del tal Principe erano tanto talentuosi quanto numerosi. Chi ha la passione e la fortunata possibilità di studiare approfonditamente la Storia dell’Arte, ne conosce, probabilmente, un gran numero e ne sa riconoscere e apprezzare lo stile e le opere. Tuttavia, chi non ha fatto dell’Arte la propria professione, spesso finisce per incontrare, sul proprio cammino, soltanto i nomi e le opere più celebri, perdendo, così, tanti piccoli gioielli del passato.

La mostra che Palazzo Pitti ha dedicato a Jacopo Ligozzi (Verona 1549 c. – Firenze 1627) ha avuto il grande merito di far conoscere a tutti coloro che, appassionati d’Arte, non possono comunque definirsi fini conoscitori, un artista poliedrico e assai interessante che per diverso tempo visse e operò alla corte de’ Medici. Un percorso ben strutturato cronologicamente ha permesso ai visitatori di osservare le sue opere, non solo interessanti e belle, ma talmente diverse tra loro per temi affrontati e tecniche adottate, da valergli il meritato titolo di “artista universale”.

L’esposizione è stata divisa in sezioni tematiche che molto bene hanno fatto comprendere l’evoluzione e la varietà delle scelte artistiche di Jacopo. La prima sezione è stata dedicata agli esordi presso la corte medicea, dalla quale Ligozzi si fece apprezzare fin dal suo arrivo come disegnatore di naturalia, attraverso la raffinata produzione di disegni acquerellati o lumeggiati in oro: pesci, uccellini, erbe medicinali, tutti di una bellezza e di una precisione sorprendenti. Molto interessanti, per apprezzarne appieno il valore, i video allestiti a metà percorso che ne hanno illustrato i segreti della realizzazione. Successivamente, Jacopo si fece conoscere e apprezzare come ritrattista: in mostra è stato possibile ammirare, in particolare, il bel ritratto femminile di Virginia de' Medici oggi conservato agli Uffizi, e lo splendido Ritratto di Margherita Gonzaga normalmente esposto al Museo Nacional di Lisbona. Ma Jacopo fu anche un cosiddetto “pittore di storia”: in occasione, ad esempio, dell’allestimento dei grandi dipinti su lavagna sulle pareti del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio o, ancora, per gli apparati delle nozze di Ferdinando I e Cristina di Lorena documentati, in mostra, dallo studio preparatorio conservato oggi al British Museum di Londra.

Accanto a queste imprese, Ligozzi si distinse infine come sapiente e delicatissimo progettista di abiti e ricami per tessuti, nonché di manufatti in pietre dure: a testimoniarlo in mostra è stato possibile ammirare disegni per ricami, nonché i piani marmorei eseguiti su suo disegno dall’Opificio mediceo (strepitoso il tavolo con vasi di fiori, uccelli, tralci d’uva e spighe). Particolare attenzione dai curatori dell’esposizione è stata dedicata al tema delle “allegorie morali” che Jacopo affrontò in molte occasioni, e che costituiscono uno dei punti di maggiore interesse e di approfondimento della sua produzione; significativa, in tal senso, la presenza di opere quali l’Allegoria della Redenzione di Madrid, l’Allegoria dell’Amore che difende la Virtù contro l’Ignoranza e il Pregiudizio commissionata probabilmente da Francesco I, o ancora l’Avarizia.

L'artista, profondamente religioso, dedicò inoltre grande attenzione ai temi della “Vanitas” (caducità della vita del mondo) raffigurando soggetti di straordinaria originalità e impatto emotivo: impressionanti e davvero suggestivi i due ritratti di ignari giovani che raffigurano, sul retro della tela, due orride nature morte con i loro crani in decomposizione. La seconda sezione della mostra ha preso in esame la produzione religiosa, alla quale il pittore si dedicò fin dagli anni del servizio presso la corte medicea e che intensificò sempre più, dopo la sua caduta in disgrazia, negli anni Novanta del Cinquecento. Le grandi pale d’altare eseguite per chiese fiorentine, dalla SS. Annunziata, a Santa Maria Novella, Ognissanti e Santa Croce, nonché per le chiese dell’Aretino, per Lucca e San Gimignano, testimoniano la sua originale adesione alle istanze di pittura devota e riformata tipiche della cultura figurativa fiorentina tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo: in mostra, tra gli altri, il San Girolamo sorretto dall’angelo proveniente dalla chiesa di San Giovannino degli Scolopi, il Martirio dei Quattro Santi Coronati di Ravenna, il San Giacinto in adorazione della Vergine col Bambino del Palazzo Mansi di Lucca.