Nel Parco Regionale Naturale del Conero, un palcoscenico di rara bellezza con le sue alte falesie calcaree a picco sul mare e l’ampia fascia collinare interna, prende vita il Caleidoscopio Festival delle Arti di Camerano (AN), un grande evento diffuso sul territorio che coinvolge tutto il centro storico.

Tema di questa edizione è “cercatori di libertà”. Artisti da tutto il mondo giungono a Camerano per cercare nell’aria la libertà che è respiro, è movimento, è vita. La libertà nell’aria è leggerezza ed è la stessa che perseguono gli acrobati che si muovono nell’aria con tessuti elastici, liberandosi di ogni barriera fisica o mentale. La musica, poi, la cucina e i vini… rendono l’uomo libero, capace di immaginare, di viaggiare con la mente attraverso suoni, odori e sapori.

Ce ne parlano Edoardo Granini (169 design) organizzatore del Festival e Antonio D’Amico curatore della mostra Se dico Aria:

Come nasce il Caleidoscopio Festival?

EG: Questa è la prima edizione, il cui tema è “cercatori di libertà”. Caleidoscopio Festival nasce dall’idea di riportare un’opera di Carlo Maratti nella sua città natale; mentre cercavamo di capire come realizzare questa prima mostra, Gabriele e io ci siamo resi conto che un gruppo giovane aveva il compito di realizzare qualcosa di più ambizioso, ampio e innovativo. Quindi ci siamo messi al lavoro per ottenere qualcosa che fosse davvero sui generis e ognuno, con le proprie competenze e senza accorgersene, ha dato il suo contributo per realizzare un percorso espositivo unico nelle Marche che racchiudesse diversi periodi storici, dal ‘600 fino al contemporaneo.

Il Festival è collegato a qualche altra iniziativa simile nazionale o internazionale?

EG: Il Festival è collegato a un evento che si terrà a Fabriano a partire dal 25 luglio Da Giotto a Gentile a cura di Vittorio Sgarbi, una mostra costituita da opere del Duecento e del Trecento che ampliano ancor di più il nostro percorso espositivo. Potremmo azzardare dicendo che è un unico iter culturale sul territorio che parte da Fabriano con il Medioevo e termina a Camerano con il contemporaneo.

Com'è organizzato nello specifico?

EG: Il visitatore che giunge a Camerano, attraverso un biglietto unico, si immergerà prima nell’arte ‘antica’ con la mostra dedicata a Carlo Maratti, curata da Vittorio Sgarbi, dove potrà riscoprire Rebecca ed Eliezer al pozzo all’interno della Chiesa di Santa Faustina. Oltre all’opera stessa si potrà anche visionare il video in cui vengono spiegate tutte le fasi del restauro del quadro. Il percorso prosegue poi all’interno della grotta Ricotti della città sotterranea, e della sala U. Matteucci del Palazzo Comunale dove si potranno ammirare le sculture e i dipinti di Quirino Ruggeri provenienti dalla collezione degli Eredi Ruggeri e dalla collezione Cavallini Sgarbi. Il percorso termina con la suggestiva mostra Se dico Aria a cura di Antonio D’Amico: sei artisti contemporanei propongono altrettante installazioni aeree poste in forte contrasto con l’ambiente barocco della chiesa di San Francesco in cui sono allestite. È possibile inoltre aggiungere alle mostre la visita guidata della città sotterranea di Camerano, un percorso ipogeo di più di un chilometro scavato nel sottosuolo.

Che tipo di artisti parteciperà quest’anno all’evento e quali arti saranno rappresentate?

ADA: Il Festival quest’anno si concentra sull’arte tra il Seicento e il contemporaneo, mettendo in scena tre mostre dedicate alla voglia di libertà, al desiderio di evadere, alla bellezza, alla semplicità. Maratti nel 1696 circa dipinge un capolavoro della sua produzione che è Rebecca ed Eliezer al pozzo, un quadro che ha riacquistato luce e splendore grazie a un restauro accurato che il Comune di Camerano, città in cui è nato Carlo Maratti nel 1625, ha voluto realizzare evitando che l’opera finisse nell’oblio. Matteo Rossi Doria si è preso cura della tela con attenzione e perizia e quello che i turisti potranno vedere dentro la Cappellania istituita dallo stesso Maratti poco prima di morire, è un’opera che si accende di splendore. Rebecca è lì, bella, consapevole della sua bellezza, immersa in un paesaggio lussureggiante! Rebecca accetta di sposare Isacco e allo stesso tempo si lascia trasportare dall’emozione che è felicità: la consapevolezza della scelta. Poter scegliere vuol dire essere liberi, sentirsi fieri. Così come lo è stato Quirino Ruggeri, un artista marchigiano che abbandona il suo lavoro di sarto, ben avviato e agiato, e decide di dedicare la sua vita all’arte, alla scultura e alla pittura. Sono gli anni ’30 e ’40 del Novecento e Ruggeri si intride del ritorno all’ordine, della politezza arcaica, del sapore di antico che le sue bellissime sculture possiedono. Sculture e dipinti potranno ammirarsi dentro la mitica chiesa sotterranea di Camerano, quella Grotta Ricotti che lascia sbigottiti non appena si lascia la luce del sole e ci si immerge nell’oscurità della roccia. Dal Novecento di Ruggeri, dentro la Chiesa di San Francesco si giunge al contemporaneo con Chiarenza, Gilmour, Glajcar, Miyayama, Quaglia, Shafik che interverranno con installazioni appositamente pensate sul tema dell’aria, della libertà, della leggerezza. Ogni cosa a Camerano respira aria, respira libertà.

Il tema di quest’anno “cercatori di libertà” a cosa è ispirato? In fondo tutti cerchiamo la libertà e forse l’arte può essere la chiave per trovarla, dunque ognuno di noi dovrebbe esprimersi artisticamente a proprio modo, cosa ne pensa?

ADA: L’ispirazione mi è venuta pensando alle piccole prigioni che ci attanagliano ogni giorno, quelle che non ci consentono di vivere con disinvoltura e libertà, e allora mi sono prefisso di cercarla la libertà, cercarla e trovarla nei volti delle persone care, negli sguardi di chiunque, nell’arte e nei linguaggi degli artisti, nel campanile della chiesa di San Francesco a Camerano. Senza la libertà di essere noi stessi non siamo nulla, siamo solo frustrazione, abbiamo solo una vita da vivere e dunque se ciascuno riuscisse a volersi più bene e cercasse la libertà, si vivrebbe meglio, e la parola “discriminazione” forse si ridurrebbe esponenzialmente. E poi, tutti noi abbiamo il diritto di esprimerci, facendo emergere la creatività che abbiamo dentro, anche perché ognuno possiede un germe creativo che va stimolato ed espresso. Tutti noi abbiamo il diritto almeno di provarci e, per quanto mi riguarda, lo dico sempre ai miei allievi, nessuno deve mai castrarsi o vivere di rimpianti. L’io deve esprimersi per realizzarsi! Del resto, sono un sognatore a occhi aperti!

Dal 2 agosto al 18 ottobre 2014 si terrà all’interno del Festival la mostra Se dico Aria. Dove è allestita? Chi vi partecipa? Che cosa si troverà in esposizione?

ADA: La mostra è allestita all’interno della chiesa di San Francesco, una chiesa che ha le sue radici nel Medioevo ma che nel corso dei secoli è stata rimaneggiata e oggi si presenta in una veste a metà tra il barocco e il rococò: stucchi, tele, candore, magniloquenza, simboli francescani sono gli elementi che fanno della chiesa un luogo che sa di eternità e di mistero. Tutto questo, unito anche a un campanile dal quale affacciarsi, significa fare pace col mondo, entrare in sintonia con le nuvole e sentirle vicine, farsi carezzare il viso dall’aria pulita che si sente in una vista libera e assoluta. Questa mi è sembrata la cornice perfetta per una mostra da dedicare all’aria. Dunque insieme a Serena Cassissa ho chiamato e coinvolto sei artisti per chiedere loro di esprimersi sull’aria e la risposta è stata entusiasmante. Ognuno di loro ha nel DNA del suo lavoro un rapporto speciale con l’aria e quindi non si sono sorpresi per nulla alla mia domanda "Se dico aria, tu dici?" Ed ecco sei istallazioni, tutte pensate per Camerano e per questo progetto. Si potrà dunque vedere un labirinto di organza dipinto da Kaori Miyayama, dove entrare e cercare rifugio per nascondersi o lasciarsi soltanto intravvedere, potremo avvertire la musicalità e la leggerezza di un pianoforte sospeso e di due aerei di cartone intagliati da Chris Gilmour, di un lungo e sezionato tunnel di carta che simula una cattedrale sospesa a 6 metri d’altezza di Angela Glajcar. E poi vedremo le stelle di Marcello Chiarenza sospese sull’altare e brillare di luce propria, ma anche pinnacoli di templi sospesi costruiti con polpa di carta e non marmo, realizzati da Medhat Shafik! E dentro la sacrestia ci sembrerà di stare in alta montagna grazie ai cieli e alle rocce che invaderanno la sala in cui ci invita a entrare Gianluca Quaglia. Entusiasmante sarà vedere tutto con leggerezza e meraviglia!

E’ stato chiesto agli artisti partecipanti “Se dico aria… dici?”, qual è la risposta che le è rimasta più impressa e lei “Se dico aria… dice”?

ADA: A dire il vero le ho ben impresse tutte e sei nella mia testa e tutte e sei mi rimbalzano con grande entusiasmo. Di alcuni immaginavo già la risposta conoscendo il loro lavoro, di altri la meraviglia è sopraggiunta ai miei occhi quando ho visto cosa sono stati capaci di propormi! E tutte le volte mi stupisco come un fanciullo giocoso davanti alla creatività di un artista! La gioia per un curatore è lasciarsi stupire dai bravi artisti e io mi sono lasciato stupire da ognuno di loro! La monumentalità, l’eleganza, l’intensità, la fragilità sono tutti elementi che in mostra si potranno respirare, avvertire e vivere! Io… se lei mi dice aria, sa cosa rispondo? Vita! Aria è una vita senza la noia, una vita piena di gioia, piena di arte, piena di stupore, di coraggio, di affetti, di meraviglia.

A suo avviso la cultura è ancora una forte attrattiva per le persone? O bisogna sempre cercare un modo nuovo di proporla per coinvolgerle?

ADA: Forse oggi la cultura può essere intesa come qualcosa di astratto, o noioso, in particolare se ci riferiamo ai giovani, che invece sono assetati di cultura. L’arte è cultura, certamente e indiscutibilmente, ma prima di essere cultura l’Arte fa parte del nostro DNA. Basta voltare l’angolo in ogni borgo, paese, città della penisola e ci troviamo di fronte a un patrimonio che parla di noi, di chi siamo e da dove veniamo. Chi fa cultura, forse dovrebbe interrogarsi su come proporla, utilizzando i linguaggi contemporanei senza scadere. La cultura è vita, è respiro, è linfa di idee, progetti, sogni, e l’arte ci permette di vivere con più creatività e di sviluppare la fantasia che è in noi. Credo fermamente che senza cultura e quindi senza arte, saremmo bronzi che risuonano e cembali che tintinnano! Mai allocuzione fu più azzeccata!

Il caleidoscopio, nome che è stato scelto per questo Festival, può essere una metafora della vita, secondo lei?

ADA: La vita è caleidoscopica. Tutto dipende da che punto guardi il mondo e da chi scegli accanto per vivere con caleidoscopica curiosità!