Delineare delle brevi riflessioni di carattere generale su alcuni rapporti tra esoterismo e arte visiva è impresa piuttosto scomoda e rischiosa sia per la necessaria brevità di questo intervento sia in ragione della complessità ed estensione degli ambiti chiamati in causa, ma può essere nondimeno efficace per suggerire una linea di orientamento per la riscoperta di forme d’arte simbolica e che richiami la prospettiva di un’arte non riflessa nello specchio del proprio estetismo formale, ma che si offra quale processo di conoscenza.

E’ impresa complessa a partire innanzitutto dalla definizione dei termini di arte e di esoterismo, omnicomprensivi e suscettibili di elastiche interpretazioni tali da essere trattati con cautela. Per fare un esempio limite, nella Storia dell’Arte raccontata da Ernest Gombrich, la storia dell’arte più venduta al mondo, l’autore afferma paradossalmente che non esiste una cosa chiamata arte, esistono solo gli artisti. In questa sede però diamo per appurato che tutti abbiamo un’idea dell’arte nel senso comune del termine, così come siamo consapevoli che il significato di cosa sia arte muta in relazione alle diverse epoche e alle diverse civiltà.

Non meno problematico è definire il termine esoterismo, anche qui per estrema brevità, a costo di apparire banali, possiamo sintetizzare come la convinzione che oltre l’apparenza materiale esiste una dimensione celata che racchiude la vera realtà e che attraverso insegnamenti riservati agli iniziati si può giungere alla verità ultima delle cose. Espressioni alte tra le attività umane, arte ed esoterismo sono inestricabilmente intrecciati e presuppongono conoscenze colte e profonde. Tutta la storia dell’arte è percorsa da opere che rimandano ad insegnamenti e saperi segreti, e talvolta ne sono il cuore.

L’arte è innanzitutto un linguaggio espressivo, forma di comunicazione visuale che traduce il pensiero in immagini, il cui potere è indiscusso ("un'immagine vale più di mille parole", viene spesso affermato). Può trasmettere l’ideologia dominante, come le tante opere che veicolano dottrine religiose, o di regnanti o di regimi totalitari ma può anche essere alternativa al potere costituito, come è stata molta arte rivoluzionaria dell’Ottocento e successivamente delle avanguardie artistiche o delle ardite sperimentazioni del secolo breve. Può avere uno scopo celebrativo o fungere da supporto alla meditazione, alla preghiera, o ancora commerciale, inducendo alla vendita di prodotti e così via, ma può anche tramandare e trasmettere concetti celati sotto la soglia di significati evidenti.

Platone contestava l’uso delle immagini, affermando che la realtà è riflesso del mondo delle idee, quindi le immagini che sono raffigurazione della realtà si allontanano ancora di più dalla fonte originaria e sono ancora più false e lontane dalla verità. Proprio questo è il punto, viviamo immersi in una iconosfera, un mondo di immagini, ovvero una rappresentazione, una “descrizione” della vera realtà, attraverso i nostri sensi possiamo percepire l’apparenza fenomenica ma la sostanza, il noumeno ci è precluso. Le immagini funzionano allora come richiamo delle idee, ovvero simboli. L’uomo è un costruttore di segni e simboli. Ed è proprio il simbolo che può attuare il collegamento con dimensioni sconosciute e non altrimenti esprimibili. Il simbolo diviene il nostro veicolo per l’oltre, così come il sogno lo è per l’inconscio, agendo nel profondo e in modi che sfuggono alla ragione.

Nell’incipit alla sua raccolta di saggi dal titolo L’eloquenza dei simboli Edgar Wind, tra i più lucidi iconologi, suo è il fondamentale studio Misteri pagani nel Rinascimento, narra di un noto autore che ostentava di non amare il simbolo, si dice abbia chiesto “Che cos’è il simbolo? Dire una cosa e intenderne un’altra? Perché non dirla direttamente?”. Da ciò Wind prende spunto per affermare che “certi fenomeni tendono a dissolversi se li avviciniamo senza cerimonie. (…) Il sacro, il sublime, l’inquietante, il leggiadro, il comico, il compassionevole (per dirne solo alcuni) sono argomenti inafferrabili che può darsi svaniscano se cerchiamo di definirli direttamente” e ancora “Al centro di ogni buon simbolo c’è un nucleo oscuro che non cederà a un’analisi razionale, anche se attorno a questo nucleo possono raggrupparsi immagini trasparenti che da esso traggono la loro forza e la loro intensità”.

D’altro canto le dottrine esoteriche si fondano sull’idea di una natura vivente, della diretta correlazione tra microcosmo e macrocosmo (“come in alto così in basso”), con una scala di invisibili dimensioni tra la materia e lo spirito, abitate da creature la cui coscienza è proporzionale alla distanza da Dio, assoluta perfezione che tutto comprende. L’uomo è parte di questo ciclo cosmico e può ascendere a livelli soprasensibili perfezionandosi con una pratica di trasmutazione interiore, il più delle volte recepita attraverso una catena di trasmissione iniziatica. Per questi elementi e per spingersi in territori inesplorati oltre la razionalità e l’ufficialità scientifica, l’esoterismo si esprime con linguaggio eminentemente simbolico, spesso dissimulato, come per l’alchimia, sia per non consentire ai profani l’accesso a conoscenze riservate a pochi eletti sia per nascondere da poteri inquisitori e condanne per eresia, nei secoli in cui non era raro che ciò accadesse.

Non si può parlare direttamente dell’esistenza di un’arte esoterica come una corrente, uno stile o una compagine compatta, ma di movimenti e di artisti che nel corso dei secoli si rifanno a tale visione, in cui inoltre si intrecciano tendenze spiritualiste, mistiche, visionarie e fantastiche, che vanno a comporre una vasta costellazione di espressioni artistiche che, dalle caverne ad oggi, hanno accompagnato l’esperienza del soprannaturale nell’uomo nel corso della sua storia. Una divisione può essere però compiuta, di carattere generale ma non semplicistica, considerandone la non facile classificazione, soprattutto se estesa su lunghi periodi temporali quando, ad esempio, nel susseguirsi di civiltà e culture, iconografie, simboli e immagini, pur rimanendo sostanzialmente simili, possono acquisire altri significati.

Si può quindi distinguere tra raffigurazioni che fanno chiaro riferimento a un proprio repertorio iconografico consolidato dalla tradizione, che dichiarano l’appartenenza a ordini iniziatici, scuole o movimenti, i cui simboli e attributi sono manifestamente espressi, pensiamo alle raffigurazioni di squadra e compasso della tradizione massonica o alle tante immagini allegoriche alchemiche o astrologiche, da quelle opere che invece gravitano in una generica quanto frastagliata area esoterica, magica, enigmatica, che si presume siano veicolo di saperi ermetici, decifrabili solo da chi ne possiede o ne scopre il codice interpretativo. Questa ampia area spesso si presenta come enigma, rebus da sciogliere, la cui soluzione è innanzitutto legata all’effettiva competenza e padronanza di simboli e di cognizioni adeguate ma va anche osservato che non tutto ciò che non si è capaci di comprendere può collocarsi automaticamente nella categoria del mistero ermetico.

Bisogna avvertire quindi del rischio di operare forzature e di vedere messaggi segreti in ogni dove. E’ noto infatti che soprattutto negli ultimi anni è frequente una vera e propria mania per l’interpretazione di significati occulti, sull’onda di un rinnovato interesse per tematiche esoteriche portate alla ribalta da successi letterari, che si appunta soprattutto su capolavori di grandi maestri ne sono esempi La Flagellazione di Piero della Francesca, Amor sacro e Amor profano di Tiziano, La Primavera di Botticelli, La Gioconda e L’ultima cena di Leonardo, Et in Arcadia ego di Poussin per non dimenticare Giorgione, Parmigianino e così via, per citare i più eclatanti.

E’ innegabile che l’argomento sia estremamente affascinante; analizzare e risolvere enigmi visivi è un compito e una ricerca seducente per lo studioso ma bisogna avvertire del rischio di non forzare l’interpretazione per farla coincidere con tesi talvolta fantasiose se non improbabili. (Come accade spesso per immaginarie derivazioni templari, alla ricerca di una patente di nobiltà esoterica). Inoltre, può non bastare il dotarsi di una valida metodologia e di una solida conoscenza per procedere ad una corretta analisi iconologica, ma spesso bisogna anche arrendersi all’evidenza di un’impossibilità di decifrazione se non sorretta da prove certe e dal buon senso, pur tuttavia ciò non deve frenare l’elaborazione di ipotesi che possano rispondere a qualsiasi interrogativo.

Un interminabile numero di opere si pone a testimoniare idee e convinzioni dei molti artisti che hanno intrattenuto un dialogo costante con la tradizione ermetica, realizzando una presenza incessante nella storia, intessendola all’arte “ufficiale”, dalle maestranze che hanno edificato cattedrali romaniche e gotiche, ai saperi ermetici che hanno influenzato gli artisti rinascimentali, agli interessi alchemici dei pittori manieristi, alle correnti spiritualiste e occultiste dell’Ottocento espresse dai simbolisti, preraffaelliti e rosacrociani, alle inclinazioni teosofiche e antroposofiche del Novecento. Ai nostri giorni si beneficia di un processo di democratizzazione dei saperi, di comunicazione totale e immediata, così che molte conoscenze esoteriche sono nella disponibilità di tutti. Ciò indurrebbe a credere che un ampliamento dell’informazione porti ad un’accresciuta consapevolezza, in realtà è aumentata la quantità di informazioni insignificanti e si fa surfing in superficie senza avere la possibilità di immergersi nel profondo. Come è noto, l’arte rispecchia spirito e valori del proprio tempo. Passando, nel corso dei secoli, da una società trascendente a immanente, si assiste alla deificazione del denaro e del mercato a comune denominatore e valore esclusivo di scambio.

Così anche l’arte soggiace all’ideologia del consumismo dei nostri decenni. La conoscenza, in quanto processo di sviluppo e di perfezionamento, non trova asilo e la creazione artistica si spende in formalismi estetici e decorativi o coprendo il vuoto di idee, con lo sconcerto, lo shock secondo una formula collaudata da marketing commerciale. Ai suoi massimi livelli, il sistema dell’arte è una strategia finanziaria, ai minimi si riduce a decorare pareti. Occorre immettere nuova linfa nel sistema, un nuovo progetto che si sottragga al pensiero unico dominante e reintegri nell’arte il ruolo formativo e conoscitivo di quelle invisibili dimensioni, esteriori e interiori, di cui siamo ignari abitatori. Gli artisti “esoterici” sono guidati da una visione che non è poi lontana dal viaggio iniziatico dell’eroe. Attraverso l’arte puntano al perfezionamento personale e collettivo, per pervenire alla realizzazione del sé reintegrando nella coscienza le parti più profonde e insondate della psiche, realizzando “l’individuazione” per dirla nei termini psicoanalitici di Carl Gustav Jung o, se si preferisce, trasformando il piombo in oro.

La creazione artistica ha un ruolo formidabile perché alla base di tutta l'arte che si definisce tale vi è sempre una trasformazione dell'uomo. L’arte travalica tempo e spazio, attraverso i fili invisibili delle tradizioni esoteriche artisti di secoli lontani abitano una dimensione parallela. Utilizzando mezzi comuni, strumenti materiali, fisici, il loro occhio è rivolto oltre le apparenze, direttamente all’immutabile mondo degli archetipi, rappresentato dal simbolo e dal mito, che ha la fondamentale funzione di offrire immagini che aiutano il progresso dello spirito.

L’arte può sollevare dalla dimensione terrena e proiettare all’interno di un disegno cosmico nel quale ritrovare il senso dell’esistere, rinnovare delle coscienze e distillare lo spirito.