Sul nostro corpo è scritta la nostra storia e quella del corpo sociale, quella storica che fingiamo non ci appartenga.
(Virus art, a cura di Francesca Alfano Miglietti, FAM, Skira)

Il nostro tegumento è uno spazio di comunicazione, una tela/un foglio per dipingere/ scrivere. Utilizzare la pelle del corpo come veicolo di segni e d’immagini è un fenomeno diffuso, che ha la funzione di animare un corpo rinviando “oltre” se stesso.

Inizia nel Rinascimento nell’arte visiva, l’attenzione all’identità intesa anche come corpo dell’autore, l’artista svela le sue sembianze e si propone sia come pensatore che come guida, non più solo come “esecutore”. In seguito, nell’ottocento gli artisti si rappresentano nelle opere come metafora della condizione umana. Nel novecento si passa dalla rappresentazione del corpo alla manipolazione diretta del corpo, gli artisti iniziano a valicare il confine del corpo. Per esempio l’artista Man Ray nel 1943 in un fotoritratto si ritrae con un senso di doppiezza, l’immagine presenta metà del volto coperto di barba e di baffi mentre l’altra metà è glabra.

Nel novecento raggiunge l’apice il processo di valorizzazione dell’io iniziato secoli fa da diversi filosofi, c’è un forte sviluppo della psicoanalisi, inoltre s’innesca un processo di liberazione senza precedenti della nostra fisicità, il primo passo fu dettato da diversi cambiamenti in atto nella quotidianità come l’abbandono di accessori che limitavano i movimenti (il busto per le donne) e un atteggiamento più rilassato nei rapporti (grazie all’invenzione della pillola anticoncezionale), c’è l’invenzione di un corpo unisex, e il corpo femminile non alluderà più solo alla fertilità. Questa premessa in parte spiega come le persone sono state messe di fronte all’esigenza di ridefinire gli equilibri, ristabilire i limiti, abolire o no vecchie consuetudini. L’arte nel suo ruolo di commentatrice e anticipatrice si focalizza sul problema di una nuova provabile identità.

Nel campo dell’arte l’uso del corpo dell’artista o dello spettatore assume il ruolo di protagonista. Nel novecento viene associata la pittura alla fisicità come per esempio nel dripping seguendo il cammino intrapreso dalle precedentemente esperienze surrealiste di scrittura automatica, impiegate con l’intensione di far emergere l’inconscio. L’arte agli inizi degli anni Sessanta permette di usare il proprio corpo come strumento per dipingere senza bisogno della mediazione di oggetti, la pelle funge da superficie dove tracciare forme e parole.

Il gruppo Gutai spinse la gestualità all’estremo, gli artisti aderenti ebbero l’intuizione che il gesto poteva andare oltre i limiti del quadro e con le loro opere sono stati anticipatori degli happening. Tra gli esponenti del gruppo l’artista Kazuo Shiraga aggrappato a una corda, dipingeva con i piedi oscillando qua e là su una grande tela stessa a terra. Altra artista vicina al gruppo Gutai e a Fluxus, Shigeko Kubota, nel 1965 durante una performance dipinse la tela Vagina painting, usando un pennello che teneva stretto e muoveva con la vulva.

Naum June Paik nel 1962 usò i suoi capelli come un pennello e dipinse strisciando su un lungo rotolo di carta disteso a terra, intingendo la testa in una bacinella contenente del colore misto a salsa di pomodoro. Su queste orme l’artista Janine Antoni ha dipinto con i suoi capelli, assimilandoli alle setole morbide dei “pennelli”, nell’opera dal titolo Loving care, l’Antoni dipinse di nero un pavimento con un colorante per capelli. Nel 1961 Piero Manzoni firmò il corpo di donne svestite trasformandole in sculture viventi, ma firmò anche il corpo del presentatore Mike Buongiorno, di Mario Schifano e quello di Umberto Ecco, ecc..., rilasciando certificati di autenticità, con questo gesto l’artista rinnovò il concetto di statua.

Piero Manzoni usò anche le sue impronte digitali. Il guscio delle Uova con impronta, l’opera rimanda simbolicamente alla pelle, dura ma anche fragile. L’artista stampò la impronta digitale del suo pollice, su delle uova sode, le uova erano “come se fossero state impregnate di sé”, poi invitò le persone a mangiarle. Yves Klein trasformava le sue modelle in “timbro vivente”, usava il corpo femminile spalmato di pigmento blu nelle zone associate alla generazione, riportando con il contatto le loro forme. Le impronte che ne ricavava su tele, carte e tessuti vari le chiamava Sudari, sacro e profano del corpo si mischiano, ma il titolo di queste opere è Antropometrie, e risalgono al 1960.

Nel 1970 Vito Acconci realizza la performance Trademarks, l’artista si è morso ovunque la sua bocca fosse in grado di arrivare “timbrandosi la pelle con i suoi denti”. Il corpo e la corporeità sono oggetto dell’arte. In queste opere il corpo assume l’aspetto di uno strumento come un pennello, un timbro, il corpo diviene veicolo di messaggi diversi anche quando il segno sulla pelle è destinato a scomparire, l’impermanenza non toglie efficacia al gesto dell’artista ne le limita la durata. Penso che andrebbe indagato che cosa è scrittura e che cosa non lo è. Oggi estremizzando, possiamo dire che la produzione artistica sembra aver acquisito un carattere immateriale, fatto più di comunicazione, di simboli e di brand che di oggetti.

L’arte subisce nel corso dell’800 e del '900 importanti mutamenti nella sua stessa concessione, riflettendo i grandi cambianti in corso nella società e nel pensiero dell’uomo moderno, l’arte acquista libertà nella rappresentazione, grazie ai movimenti delle avanguardie del novecento. In questo periodo avviene anche “una storia parallela dove la pelle non è più solo da considerare come un contenitore, una protezione individuale o una superficie di contatto erogeno con l’altro, ma recupera e si tramuta in uno spazio sociale”. Con la nascita dell’astrattismo avviene un recupero della parola scritta, si avvia una ricerca sulla calligrafia decorativa (sacra ebraica, islamica) e sul calligramma (giapponese). Recupero perché in occidente nei dipinti medievali, la parola scritta era compartecipe dell’immagine, poi dal 1400 alla fine del 1800 c’è una supremazia della figura umana, del paesaggio e di altre forme di realismo.

Già nel 1912 Picasso e Braque inseriscono ritagli di giornali nelle loro opere, con i collage notiamo un amore per i frammenti di parole cioè per il senso estetico insito nello scrivere, gli artisti non ricercavano espressioni di senso compiuto, ed era nata una rinnovata attenzione per il rapporto tra l’immagine/parola, una scrittura adottata nell’opera in quanto “bella”. In questo periodo c’è una evoluzione e fiorisce la ricerca tipografica, successivamente ricordiamo come in ambito Bahaus Paul Klee si esercitava in acquarelli composti solo di lettere.

Nel dopoguerra, con l’informale e l’espressionismo astratto americano, non è più la bella grafia a interessare, ma troviamo anche lo scarabocchio. Penso che lo scarabocchio sia anche da vedere come un'espressione corporale oltre che come inconscio e automatismo. In diversi modi il corpo può essere il medium della scrittura. Con l’arte concettuale (nata negli anni sessanta del novecento) la parola è intesa come immagine, cioè è trasformata in immagine, disegnare/scrivere coincidono. Joseph Beuys, importante esponente dell’arte concettuale, durante le sue lezioni riempiva le lavagne con scritte, le sue lezioni sono da intendere come performance. Bruce Nauman alla fine degli anni sessanta del novecento in un misterioso gioco linguistico, nel suo studio dopo aver preparato in cucina tartine a forme di lettere dell’alfabeto le mangiò, il titolo dell’opera Eating My Words . In diversi modi il corpo può essere il medium della scrittura. Bruce Nauman nel video Make-up, stende lentamente un pigmento, seguendo ogni piega della pelle.

Esponenti dell’Arte Povera hanno usato il corpo come superficie sulla quale scrivere, nel 1970 Giovanni Anselmo in un suo fotoritratto scrisse sul lato sinistro del collo la frase “lato destro” in questo modo creava confusione, mettendo in crisi la percezione, in un’altra occasione Giovanni Anselmo realizza l’installazione dal titolo Particolare, consiste di otto proiettori distribuiti nei quattro angoli della stanza, ognuno mostra una diapositiva in cui è inscritta la parola "particolare", lo spettatore interagisce con il lavoro attraverso il corpo che proiettandosi su di lui rende possibile la realizzazione dell'immagine. Jenny Holzer tra il 1993 e il 1994, inizia a lavorare a una serie di “scritture su corpo”. In queste opere l’artista trattava il tema dei corpi violati e degli stupri di massa nella ex Jugoslavia. L’artista decise di scrivere sui corpi di tre donne messaggi scritti con inchiostro rosso e poi li ha fotografati. “I am awake in place where women die” è una delle scritte tracciate sul corpo. Jenny Holzer dichiarò “volevo presentarlo come una offesa al tatto quale in effetti è. Ecco perché ho scelto la pelle.” …. “è il mio modo di essere esplicita su quel crimine e di riconoscerne l’esistenza.” Le scritte sulla pelle evocavano intenzionalmente i tatuaggi sulla pelle, richiamando i numeri tatuati sulla pelle nei campi di concentramento e i tatuaggi delle prigioni. La serie di fotografie è intitolata Lustmord.

Zhang Huan nell’opera Family Tree del 2000 rende nera l’intera epidermide con ideogrammi che si moltiplicano e si sovrappongono sul suo viso impassibile. La pelle è una tela per dipingere, è un foglio sul quale scrivere. Jean-Luc Nancy, in uno dei suoi scritti sul corpo ci fa notare che la modernità ha imposto di “scrivere non del corpo, ma il corpo stesso” (Nancy, 2004), in questo breve passaggio il filosofo ci fa notare che ci affidiamo al corpo per definire la nostra identità e che stiamo riprendendo da quei popoli che abbiamo a lungo considerato selvaggi e primitivi.

L’arte si focalizza sul problema di una nuova provabile identità, il corpo, la corporeità sono oggetto dell’arte. ll nastro di Moebius, si costruisce in modo semplice, con un mezzo giro torsione è possibile trasformare una striscia di carta in una “superficie dove la nozione di interno e esterno/ dritto e rovescio non hanno più corso ma si ha una sola superficie” , il nastro di Moebius ha un forte valore simbolico, potrebbe essere la metafora di una pelle divenuta sia un luogo di comunicazione con se stessi che, un luogo dove si esteriorizza la propria interiorità, un dentro-fuori. Dagli anni ottanta il corpo è mutato grazie a protesi tecnologiche medicali e non, che hanno abolito i limiti del corpo. Oggi l’urgenza è quella rivolta al tipo di trasformazione alla quale la scienza ci sta portando, grazie alla medicina il corpo appare più forte, longevo e resistente, il corpo umano è mutante perché è perfezionabile ma è anche molto più insicuro e fragile psicologicamente.

Degli artisti citati ho solo accennato ad alcuni lavori, accumunati dalla scelta d’impermanenza, transitorietà e rapida sparizione dell’opera, una caratteristica che si trova spesso nell’opera d’arte. Penso che questa caratteristica sia parte di un messaggio che vuole far riflettere su quanto il corpo sia dominato dal trascorrere del tempo, sul suo essere contenitore che fa vivere ma che impone di soffrire e di morire, nonostante la tecnologia.

La seconda parte: http://wsimag.com/it/arte/11984-un-corpo-da-profanare