L'archetipo della Velata ha attraversato i miti e le distanze, ma non indenne. Le manipolazioni culturali, nel tempo, hanno portato a letture diverse. Se da un lato è l'interpretazione della Velata arcaica come custode di segreti sia spirituali che del corpo fisico, come oggetto consapevole di cerimonie misteriche, simbolica chiave di saggezza, deità inaccessibile, dall'altro si appropriano di Lei, nel tempo, le culture patriarcali negli aspetti più rozzi e ciechi, erodendone il significato originario, trasformandolo subdolamente nell'imposizione di una volontà umana prevaricante e presuntuosa.

Ecco come la Velata, ridotta a simboleggiare l'innocenza e la modestia, non irrompe con forza, non insegna, non sceglie. Infatti l'atto simbolico dello svelamento sancisce, in questa seconda lettura, una presa di possesso da parte di coloro che si arrogano lo status di prescelti: l'Iniziato è il servo che vuole essere padrone, che non attende con reverenza la rivelazione, ma strappa il velo, oltrepassando la Porta senza invito, metafora e realtà di appropriazione e devastazione di territori altrui, in una prigionia del Femminile che ne delimita e limita pretestuosamente il Luogo rubato. In questo estremo equivoco tra origine e discendenza del simbolo, in una misinterpretation storica di comodo, si collega oggi la Velata, quasi del tutto, a una condizione di passività soggetta e succuba; sbiadiscono, gradualmente, la sacralità e la potenza del suo ruolo. E' la millenaria mistificazione, ammantata di lutto, di un importante aspetto del Femminile.

Octavia Monaco si inserisce, con la sua iconografia densa e intensa, a risollevare la prima - e fondamentale - lettura del simbolo archetipico della Velata, quella più difficile e sfuggente. In un eccezionale riscatto iconografico e concettuale, rende alla Velata lo status di depositaria di conoscenza, di saggezza incarnata o assurta nei cieli, evocando con efficacia miti e simbologie. Astarte, Iside, Ibla, Cailleach, Hera, Alilat; Demetra, Afrodite, Kore, Lucina, Maria, Sophia e Shekinah. Mille nomi per lo stesso archetipo: Colei che Tutto Sa, Colei che Tutto racchiude in sé. É la Virgo romana, è la Domina, è la Madre universale di cui amanti e figli non intaccano la purezza/completezza in sé.

Le Velate dell'artista - nel suo segno grafico pieno di suggestioni - esprimono un'innegabile possanza e la potenza di una rivelazione in fieri, straordinaria e silente; sono portatrici di viva memoria atavica, di orgogliosa consapevolezza, di integrità profonda. Fisicamente altrettanto intense che sul piano simbolico, hanno una presenza solida e decisa, salda ma non per questo meno armoniosa; la loro bellezza colpisce al cuore per innamorare ragione e anima in un sguardo.

Meravigliosamente, si delinea una Velata autenticamente archetipica, che racchiude in sé, sotto/dentro il velo, una scelta precisa, e si annuncia con forza; che delimita di sua volontà il proprio Luogo ad esistere, riappropriandosi del diritto a gestirsi, perché conosce il proprio valore e ne è unico giudice. Dea, sacerdotessa, saggia o semplicemente e potentemente Donna, la Velata difende con ferma compostezza, rispettosa di sé, quella fiera autoreferenzialità che si apre per scelta, non per costrizione, nell'offrire il dono della sua Luce iniziatica a coloro che ne hanno piena dignità.

Testo di Clara Panascia

Clara Panascia è laureata in Lingue e in Mediazione culturale, è insegnante per mestiere e passione; divide il suo tempo libero tra la triade dei figli e la triade scrittura-musica-danza. Ha organizzato convegni sul Femminile, traduce, ricerca attivamente nel campo dell'antropologia; ha collaborato con case editrici, riviste e quotidiani in ambito culturale; ha pubblicato nel 2008 la raccolta di racconti Storie di donne, storie di Dee.