Immense chiome ramificate si allungano verso il cielo. Rami fioriti, primaverili, carichi di frutti e profumi, oppure spogli, esili e slanciati ma solidi nella loro struttura. Rami curvi, sotto il peso della neve o mossi da un vento leggero quasi come fossero capelli, lunghissimi e forti.

La chioma appare nella sua accezione più archetipica: i capelli sono le radici dell'individuo, perché ne contengono i ricordi, complessi nel loro sviluppo quanto le ramificazioni arboree, tanto che capita di trovare figure al negativo orientate a testa in giù coi rami saldamente ancorati al terreno, e al tempo stesso sono il limite estremo del corpo, un'antenna verso il cielo, una proiezione dei pensieri, del sentito e della struttura interiore, una manifestazione della potenza e dell'equilibrio spirituale che caratterizzano le Grandi Madri, la figurazione della loro maestosità.

Sono i fili dell'anima, sottili ma resistenti, che si intrecciano in Tessiture, e che chiudono in maniera quasi circolare ciascuna immagine, assumendo una consistenza ancora diversa, sinuosa e fluida, abbracciano e si attorcigliano, si avvinghiano e fungono da congiunzione fra il corpo e gli elementi simbolici che lo circondano come vettori d'energia con una struttura ondulatoria costante e perfetta.

Nel mito Dafne, sacerdotessa della Madre Terra e ninfa fluviale, si sottrae incessantemente al corteggiamento del divino Apollo, senza riuscire però a liberarsene: solo dopo una fuga estenuante, solo dopo la supplica rivolta a Ladone e Creusa, può finalmente compiere l'atto trasformativo necessario a renderla libera. Nella metamorfosi, e ancor più nella resa iconografica del Bernini, i capelli si ramificano nell'istante che precede l'agguato di Apollo e Dafne si trasforma così in alloro, simbolo di gloria e purezza:
Un pesante torpore le invade le membra: il morbido petto è racchiuso in una sottile corteccia; i capelli si allungano fino a diventare fronde, le braccia rami; i suoi piedi, prima così veloci, sono inceppati da inerti radici; il viso diviene la cima dell’albero. Solo il suo splendore le resta. [1]

I capelli assumono istantaneamente la forma di fronde in quanto strutturalmente e morfologicamente vincolati alle trasformazioni dell'identità a cui appartengono, ma possono anche generare spontaneamente nuovi scenari e cambiare a loro volta le carte in tavola: possono diventare liquidi, neri e gocciolanti, come un flusso di coscienza inarrestabile, oppure fitti e intrecciati possono fungere da rifugio per piccoli animali, reti in cui oggetti di ogni genere restano impigliati, nuvole cariche di pioggia. Una Afrodite di Milo violata, dal titolo Ali Spezzate 1, che fugge mentre una mano anonima le afferra la chioma disegnando sul suo volto un'espressione di dolore, sembra essere l'immagine della negazione di questo mistero di libertà e trasformazione che si cela fra i capelli sciolti e selvaggi delle tante figure che popolano l'universo simbolico di Octavia Monaco.

[1] Ovidio P. Nasone, Metamorfosi, a cura di Piero Bernardini Marzolla, Einaudi, 2005

Testo a cura di Zoe Paternani