L'opera alchemica è stata definita Magna Ars, Grande Arte, perché con essa si cerca di trasformare la vita umana, nel modo di essere e di fare, in una vera e propria opera d'arte. Opera d'arte è ciò che esprime in una forma innovativa e coinvolgente valori e significati eterni, universali, e quindi spirituali.

Nel proprio comportamento l'alchimista imita i processi e i tempi della natura in maniera non ripetitiva, ma creativa, modificandone il ritmo e le finalità. Inoltre l'alchimista diviene artefice del proprio destino, giacché come l'artista dà realtà all'immaginazione più elevata e modella tutta l’esistenza secondo la propria ispirazione. L'alchimia può definirsi il migliore utilizzo possibile delle forze contrastanti e dei componenti materiali grezzi a disposizione dell'uomo, in maniera che l'amalgama, l'unione equilibrata di elementi di per sé eterogenei, produca delle loro qualità potenziali non una semplice somma, ma una moltiplicazione esponenziale. Se l'armonizzazione dei componenti umani è perfetta, si produce una loro assonanza o sinergia, i cui effetti si estendono a dimensioni non percepibili con i soli sensi fisici, perché metafisiche. Nello stesso modo la vera arte amalgama colori, suoni, parole e materiali per rendere percepibile l'invisibile, l'infinito e l'eterno. In generale i grandi artisti sono tali perché capaci di esprimersi tramite temi universali con mezzi fortemente incisivi, simbolici, proprio come gli autori di testi alchemici.

Tutte le forme di arte tendono a dilatare, sia pure in misura e con modi diversi, le coordinate dello spazio e del tempo, che limitano la percezione dell'uomo alla realtà materiale, superficiale ed esteriore. Esse servono a raffinare i cinque sensi, che altrimenti sono come degli otturatori delle realtà sottili, fuori dell'ordinario, sottostanti quella grossolana. Ad esempio i sensi comuni non percepiscono una gamma notevole di sapori e profumi e le loro combinazioni, non distinguono una gamma di sfumature e tonalità di colori e i loro accostamenti, rimangono fermi ai suoni udibili dall'orecchio, non percependo gli armonici superiori. Ma gli effetti cumulativi di queste percezioni sul nostro stato di coscienza, che viene in un certo senso alterato, sono fondamentali per la formazione di un sesto senso, l'unico che permette l'accesso a dimensioni metafisiche.

La scultura, utilizzando materiali di durata quasi eterna, vuole trascendere il tempo e rielabora le coordinate dello spazio. Lo scultore, attraverso una continua interazione del concavo con il convesso segue i processi generativi dello spirito creatore, che dal piano metafisico delle idee innate o degli archetipi modella continuamente le forme sul piano fisico.
La poesia si svincola più facilmente dallo spazio e dal tempo e mette l'ascoltatore in contatto immediato con l'attimo presente, allo stesso tempo immanente e trascendente rispetto alle apparenze della vita. La poesia è un insieme di parole scritte, che reca in sé e intorno a sé la musica nel ritmo e nella metrica nelle strofe.
La musica è arte spirituale eccelsa, quando riesce a trasportare l'ascoltatore lontano dalle coordinate esteriori dello spazio. Nella musica si possono riconoscere le diverse energie archetipiche, che si manifestano nei ritmi, nelle intensità e nei timbri dei suoni, nelle melodie e nelle armonie, avvertendo nel contempo i diversi effetti umorali e psichici che producono.
Il canto e la danza sono le forme d'arte iniziatiche più evolutive per l'uomo, perché uniscono la musica e la poesia alle dinamiche del corpo, della sfera emozionale e mentale dell'uomo.

A differenza delle arti figurative, la musica non deve fare riferimento alle forme della natura, ma può esprimere direttamente l'anima dell’artista. La pittura, che non abbia come fine l’imitazione, sia pure artistica, della natura, ma voglia esprimere un mondo interiore spirituale, deve pertanto ricercare modalità innovative, un proprio ritmo pittorico, una geometria degli spazi e dei volumi che si astragga dalla materia, dando più valore alla ripetizione della tonalità cromatica, al dinamismo dei colori, disposti secondo accostamenti armonici o complementari. D’altra parte la musica deve seguire la successione del tempo, mentre la pittura può presentare all'osservatore, in un attimo, tutto il contenuto dell’opera, cosa di cui la musica è incapace. La pittura ha un suo linguaggio interno, quello degli archetipi che strutturano la natura e che dal dipinto possono far sprigionare una forza irresistibile e una atmosfera inimitabile.

Pertanto la pittura, a partire dal Manierismo, poi dall'Impressionismo, per arrivare alle Avanguardie del Novecento e all'Astrattismo, cerca di slegarsi in maniera sempre più marcata dalle coordinate dello spazio bidimensionale, dal figurativo legato ai sensi grossolani. In un certo senso, come nell’opera alchemica, si tende a separare il sottile dallo spesso, il volatile dal fisso. Dall’ermetismo alchemico rinascimentale, dagli influssi della filosofia neoplatonica, trae origine la pittura dell’immaginazione come comunicazione dell’anima individuale con l'anima del mondo, idea che poi sarà del Romanticismo, del Simbolismo e del Surrealismo. Tale pittura aiuta a coltivare la facoltà umana di mettere a fuoco visioni ad occhi chiusi, di far scaturire colori e forme, di pensare per immagini, in modo che dalla realtà virtuale tali immagini possano diventare fatti concreti. Nello stesso modo gli alchimisti coltivano la immaginatio vera, che controlla la propria visione interiore senza soffocarla e senza lasciarla cadere in un confuso e labile fantasticare, permettendo che le immagini si cristallizzino in una forma ben definita, autosufficiente, con potere proprio.

Sulla base di tutte queste premesse sono stati operatori alchemici grandissimi pittori, vissuti tra il Quattrocento e il Cinquecento: Jan Van Eyck, Dosso Dossi, Lorenzo Lotto, Cosimo Rosselli, Rosso Fiorentino, il Parmigianino, Domenico Beccafumi. Come nel laboratorio alchemico, l'attività pratica del pittore comporta azioni quali macinare minerali e vegetali, mescolare e misurare le quantità di colorante, diluire il tutto con sostanze leganti. Spesso nell'esperienza pittorica l'incontro con l'alchimia avviene per l'esigenza di sperimentare pigmenti inalterabili o nuove tecniche, capaci di conservare a lungo la propria tela e di dare immortalità alla propria opera.

Jan Van Eyck, il più importante esponente della pittura fiamminga del XV secolo, tramite il suo laboratorio alchemico sviluppa l'uso dei colori ad olio, che gradualmente sostituisce in Europa la dominante pittura a tempera. Nella pittura fiamminga, che deriva dal tardo gotico, così ricco di simboli e immagini ermetiche, troviamo spesso i simboli dell'athanor o forno alchemico, dell'opera al rosso, del grano che rappresenta l'oro filosofale, degli zoccoli per il cammino iniziatico, del vaso con i fiori per il mercurio vivificato. Un artista fiammingo italianizzato, Giovanni Stradano, realizza a Firenze, nello studiolo di Francesco dei Medici, un affresco raffigurante il laboratorio alchemico. Anche nel Parmigianino, altro operatore alchemico, troviamo evidenti simbolismi alchemici, come nel ritratto del Conte Galeazzo Sanvitale, il quale stringe nella mano destra un medaglione d’oro coi numeri 7 e 2, l'uno dispari maschile e l'altro pari femminile, che corrispondono all'androgino e alla realizzazione dell’oro filosofale attraverso i sette metalli e i due processi della soluzione e della coagulazione. Del Manierismo, che dilata verso l'alto le proporzioni di certe figure, per esaltarne la spiritualità, i risultati più significativi sono quelli di Domenico Beccafumi e di El Greco, che realizzano dipinti con tematiche alchemiche. Il primo è un altro pittore che realizza un laboratorio alchemico e produce una decina di xilografie, incisioni con supporto in legno, sulla alchimia metallurgica.

Non sorprende il fatto che il Parmigianino abbia usato colori particolarmente cangianti e sia stato uno dei primi artisti in Italia a utilizzare tecniche d’incisione con acquaforte. Infatti tale tecnica è inventata in Germania, all’inizio del Cinquecento, da alcuni alchimisti che manipolano solventi, in particolare dal pittore Albrecht Dürer. Poi essa è importata in Italia da Marcantonio Raimondi, di cui si conserva una bella stampa raffigurante tre personaggi intorno a un alambicco. La tecnica necessita di una lastra di metallo, su cui agisce un acido che la corrode, proprio come l'acqua mercuriale dissolve la materia prima alchemica. Quindi il fuoco scalda e affumica il metallo e in questi ulteriori passaggi possono intravedersi altre fasi dell'opera di trasmutazione, come la sublimazione e la proiezione. E' da notare che il principio cui è affidato il compito di governare il procedimento di trasmutazione della materia, ovvero l'acqua mercuriale o argento vivo, che fisicamente è un solvente, viene chiamato aqua fortis.

Albrecht Dürer, con la tecnica dell'acquaforte, è l’autore di una celebre opera con molte allegorie alchemiche, intitolata Melencolia I. Successivamente il tema della melanconia è stato ripreso, più genericamente, da altri artisti: ad esempio da Lucas Cranach il Vecchio, da Domenico Fetti, da Georges de La Tour. Invece, in un celebre autoritratto del Dürer, si celebra la imitatio Christi dell'iniziato, che come Cristo sulla croce deve trasmutare in spirito la materia nel crogiolo. Nei pittori alchimisti la imitazione di Cristo non è una mera allegoria o rappresentazione commissionata dalla Chiesa per i fedeli, che spesso lasciano l'uomo immutato, ma una profonda trasmutazione nell'ambito della vita individuale.

Molti pittori celebri non sono operatori alchemici, ma frequentano circoli d’impronta neoplatonica ed ermetica, seguendo un filone culturale e poetico che nel periodo del Rinascimento è all'avanguardia, ma già contengono temi alchemici i dipinti di Simone Martini nel Palazzo del Popolo a S. Geminiano, realizzati nel Trecento. Del periodo del Rinascimento ricordiamo Cranach il Vecchio, Giorgione, Botticelli, Tiziano, Rembrandt, il Guercino, Michelangelo, i cui dipinti con motivi mitologici o del Vecchio Testamento sono da leggere in chiave ermetica, come l’affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina, dove le figure di spicco – Dio e l’uomo – hanno le stesse dimensioni e sono posti alla medesima altezza. Con ciò Michelangelo vuole sottolineare che l’arte e la cultura si sono ormai liberate dalle costrizioni ideologiche della religione medievale: scopo sempre perseguito dall’alchimia e conquistato in epoca rinascimentale, la cui filosofia pone l’uomo al centro dell’universo conosciuto.

Leonardo da Vinci, nei suoi scritti cifrati, asserisce di saper trasformare il piombo in oro. Nel suo più celebre disegno, l’Uomo Vitruviano è contemporaneamente iscritto con le braccia e le gambe in un quadrato e in un cerchio. Nel quadrato l’uomo appare come crocefisso nella materia e nel cerchio come una stella a cinque punte. Il disegno, oltre a rappresentare precise proporzioni armoniche, simboleggia la sublimazione del corpo in spirito attraverso la cosiddetta quadratura del cerchio o cerchiatura del quadrato. Ma col passare dei secoli, dalle forme classiche, dai rapporti aurei, dalla precise simmetrie e prospettive del Rinascimento, dove arte e scienza sono in perfetta simbiosi ed esprimono certezze, basate anche sulla certezza di una trasformazione paradisiaca, si passa alle deformazioni e alterazioni dei canoni proporzionali col Manierismo, poi al Barocco, dove le prospettive si moltiplicano per evidenziare l'illusione della realtà comune, dando maggior spazio all'immaginazione.

Diversi pittori del Settecento, dell’Ottocento e del Novecento hanno utilizzato il vasto immaginario alchemico. Nell’età del Romanticismo, dove si esalta il Genio dell'artista come emulo di Dio, il repertorio ermetico è rivisitato in particolare dai Simbolisti, dai Preraffaelliti e dal gruppo dei pittori Rosacrociani, che riprende il nome della società misterica dei Rosacroce. Esempio eccelso per i Rosacrociani è la Gioconda di Leonardo da Vinci, per i significati che ravvisavano nella sua androginia alchemica. Tra l'Ottocento e il Novecento subentrano gli Impressionisti, i Surrealisti, i Metafisici, i Dadaisti. Nei movimenti artistici moderni giocano un ruolo le profonde osservazione della ricerca psicanalitica di Jung, che rivelano punti in comune: i messaggi captati da un inconscio che Jung definisce collettivo, simboli e gesta che seguono la linea dell’Individuazione, termine che Jung usa per spiegare l’atteggiamento che l’uomo dovrebbe assumere per conseguire la Grande Opera alchemica.

Questa predisposizione interiore verso la ricerca del sottile si evidenzia all’inizio del ’900, dove il problema della rappresentazione segue la strada di partire dalla realtà sensibile e percepibile, direzionandosi verso la ricerca del senso, dell’anima insita dentro la realtà stessa, arrivando alla più totale assenza di riscontro sensibile del reale, con il radicale rifiuto di colori e forme o l'equilibrio di mille elementi che appaiono come tutto o niente. Con l’Astrattismo l’opera diventa così pura sensibilità, puro dialogo tra l’artista e l’Assoluto, l’elemento con cui esprimere le proprie verità ritrovate.

Testo di Giorgio Sangiorgio

Giorgio Sangiorgio promuove l’attività del Centro Studi Il Convivio di Bologna www.il-convivio.it, che organizza conferenze e seminari introduttivi sull’alchimia e l'ermetismo. Inoltre, ha pubblicato per Edizioni Il Convivio i testi In Vino Veritas e Voci di Hermes e di Afrodite, per la Casa Editrice Adytum di Trento Agricoltura Celeste - La conoscenza ed il potere dell’alchimia e Il Fuoco Segreto degli Alchimisti; ha collaborato con le riviste Hera di Roma, Atrium di Trento e L’Arte di Essere di Rimini.