Ha conosciuto da vicino le seducenti contraddizioni della New York degli Anni Cinquanta, città di grandi opportunità ma al tempo stesso terribili eccessi. E ha poi scelto, dopo aver esposto insieme a Pollock e Rothko, Kline e De Kooning, di spostarsi in Italia: incontrando la fede cattolica e con essa un nuovo modo di intendere la sua missione di artista. Milano ospita quattordici crocefissi (sette gli inediti) dipinti tra il 1960 e la fine degli Anni Settanta da William Congdon, l’ultimo degli action painter. In mostra dal 12 marzo all’8 aprile alla Biblioteca Umanistica di Santa Maria Incoronata (corso Garibaldi 116).

Una vicenda umana e artistica profondissima quella di Congdon, tra i volontari dell’esercito americano che partecipa, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, alla liberazione del lager di Bergen Belsen; e poi vicino alla Scuola di New York, al circolo dei cosiddetti “irascibili” che si stringe attorno alla figura carismatica di Jackson Pollock. L’ambiente artistico della città non offre però al pittore risposte sufficienti: da qui la scelta di tornare in Europa, in Italia.

Dieci anni vissuti a Venezia, la maturazione della conversione al cattolicesimo e il battesimo ricevuto ad Assisi: dall’inizio degli Anni Sessanta Congdon fa della pittura un medium per esprimere la propria tensione verso l’eterno, un linguaggio per sondare attraverso la fede gli insondabili misteri dell’assoluto. Contribuendo a scrivere una pagina importante nella difficile storia dell’arte sacra contemporanea, operando un sincretismo iconografico che guarda con devozione ai primitivi toscani del Duecento ma anche al sofferto espressionismo di Roualt.

La mostra, promossa dalla Fondazione Crocevia e dalla The William G. Congdon Foundation, si accompagna all’esposizione del Crocefisso, 18 dell’artista nella chiesa di San Raffaele Arcangelo (via San Raffaele, dal 24 febbraio al 24 maggio). Ed è arricchita da un catalogo con testi critici di Enzo Bianchi, Paolo Biscottini, Massimo Cacciari, Domenico Sguaitamatti e da un contributo inedito dello stesso William Congdon.