Il ritrattista francese Charles Fréger presenta per la prima volta a Roma 70 fotografie della serie Wilder Mann.

Charles Fréger studia da molti anni i riti e le tradizioni dell’Europa in cui l’abito diventa maschera, travestimento e anche incarnazione del mito. “L’uomo selvaggio non ha mai smesso, nel corso del tempo, di sparire e riapparire. Si è deformato, trasformato, è cresciuto, rimpicciolito, ora con tanti capelli, ora calvo, è il Bene, è il Male”, scrive Robert McLiam Wilson nel testo di apertura del volume Wilder Mann – O la figura del selvaggio, edito in Italia da Peliti Associati, una raccolta delle fotografie di Fréger sul rito del camuffamento primordiale. Il lavoro di Fréger oscilla tra estetiche minacciose e figurazioni buffe, tra la cupa evocazione della paura e i territori, opposti e complementari, del carnevale e del grottesco.

Qual è l’idea dell’uomo selvaggio?

CF: L’uomo selvaggio che ho fotografato ha a che fare con la trasformazione e non solo con il travestimento e la maschera dell’uomo selvaggio. Quello che costituisce la forza delle maschere europee è soprattutto la nozione di trasformazione e diversamente da altre maschere, come quelle asiatiche, non si vuole mostrare che c’è un uomo sotto il costume, ma si cerca invece di nascondere l’uomo e trasformarlo in animale. E oltre a questo, nella fenomenologia delle mascherate che avvengono in Europa e non mi riferisco ai carnevali colorati, per intenderci, ma alle mascherate invernali, brutali e fisiche, è insita una nozione d’identità forte, che si lega a costumi pesanti e molto opprimenti che provocano una grande fatica nell’indossarli. È l’emulazione della mascherata dove talvolta gli uomini tendono a trasformarsi davvero in bestie. Si parla di un’immagine ma spesso si tratta di un fenomeno che oltrepassa certi limiti. L’uomo selvaggio per me è soprattutto europeo e spesso manifesta la volontà individuale di entrare nella pelle degli animali.

Che diversità c’è tra la ricerca artistica e la ricerca antropologica di questo fenomeno attuale?

Gli antropologi sono etnografi che documentano e hanno uno sguardo oggettivo sulle tradizioni. Io cerco di fare delle scelte e una selezione nei villaggi soprattutto sulle silhouettes animali, (personaggi umani e maschere zoomorfe - orsi, capre, cinghiali e cervi) anche se nei villaggi si svolgono altre manifestazioni che non mi interessano. E la mia scelta è legata alla mia intimità, al mio desiderio.

Riti e tradizioni ancestrali legati ai cicli della vita?

Le maschere che ho fotografato sono legate ai cicli stagionali e agricoli. Si svolgono soprattutto in inverno, il periodo dell'anno in cui gli animali sono al chiuso, all'interno delle stalle, ed è il periodo in cui l'uomo esce meno e non va in montagna e si dedica agli stoccaggi. È inverno, fa freddo, i giorni sono sempre più corti e le tradizioni pagane parlano di mascherate durante i periodi invernali nei giorni più brevi dell’anno, quando s’invoca il ritorno del sole, della primavera. Ci sono molte tradizioni in Italia, in Sardegna, in Austria, in Slovenia. Per esempio esiste un rituale di uomini che frustano il vento per scacciare l'inverno. Scacciare l'inverno significa simbolicamente scacciare direttamente la morte. È un momento in cui si ha maggiormente la coscienza della propria mortalità, è il tempo che accompagna i cicli della vita con le danze e la riunione dei collettivi delle comunità. Pe me il ciclo della vita è vivere le mascherate. E queste mascherate tradizionali si svolgono in ogni angolo di Europa e ho girato anche in Bulgaria, Finlandia, Francia, Germania, Spagna, Svizzera, Ungheria, Inghilterra e Irlanda.

Qual è il criterio di ricerca fotografica e Wilder Mann continuerà come progetto fotografico?

Cerco di fotografare tutto quello che rappresenta l’animalità, come pelli, campane, corna, bastoni, elementi della trasformazione, ma anche maschere legate alle figure di animali selvaggi e che appartengono alla cultura tradizionale. Continuerò con piacere questo progetto e sono in contatto con gruppi in Irlanda, in Inghilterra e in Italia.

Per maggiori informazioni:
Galleria del Cembalo
www.galleriadelcembalo.it

Biografia

Charles Fréger nasce a Bourges, in Francia, nel 1975. Si è laureato presso la Scuola d’arte di Rouen nel 2000. Si è dedicato alla rappresentazione poetica e antropologica di gruppi sociali come atleti, scolari, forze armate. I suoi lavori offrono una riflessione sull’immagine della gioventù contemporanea. È anche il fondatore della comunità artistica Piece of Cake e della casa editrice POC. Le sue serie dedicate agli sportivi, soldati o studenti, realizzate in Europa e nel resto del mondo, si concentrano soprattutto su quello che indossano, sulla loro uniforme. Ha scelto comunità in cui le tenute assumono le sembianze più esuberanti e prestigiose (come nelle serie Steps, Empire, Opera), così come situazioni più modeste nelle quali l’immagine collettiva simboleggia la vita in Europa (Bleus, Sihuhu) o in altri continenti (Umana, Ti du). Le sue immagini registrano gli effetti della socializzazione, riconoscibili nel costume e nell’abbigliamento, che rappresentano il livello più esteriore dell’essere. Ha pubblicato numerosi lavori ed esposto in diversi musei e gallerie in Europa, Asia e negli Stati Uniti.

Per maggiori informazioni:
www.charlesfreger.com