Prosegue il nostro viaggio insieme all’artista che ci parla del suo prossimo evento. Storie di viaggiatori, territori e bandiere è il titolo della performance di Mario Vespasiani che lunedì 6 aprile si terrà presso la sala della Vittoria della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno.

Vespasiani prosegue la sua ricerca nella pittura oltre il contesto tradizionale del quadro, in una sovrapposizione di linguaggi fisici e disciplinari in cui l'opera perde la sua naturale staticità per prendere altre vie, animandosi in questa occasione, nei gesti delle attrici e nelle loro danze rituali. Interessato all'idea di confine nella dimensione sociale e geografica, Vespasiani segue il proprio carisma indipendente e nella performance le sue opere si pongono a simbolo di un'identità inimitabile e preziosa, diversa per ciascuno dei protagonisti, che sfiorandosi camminano di fianco. Consegna loro delle bandiere-arazzi in seta in cui ciascuno riconosce, nelle forme delle composizioni colorate e astratte, una sorta di territorio d'origine e di provenienza. I movimenti, le pause di ascolto e le musiche richiamano forme poetiche ed estetiche di un vagare che si scontra con la ricerca di senso e di ruolo, in una realtà che invece repentinamente cambia sotto i loro occhi.

Il confine risulta apparire come un’invenzione e per questi viaggiatori diventa non un luogo che divide in maniera categorica bensì, complice la struttura leggera del materiale adoperato e la natura simbolica del suo sventolare nei punti più alti, un osservatorio privilegiato e partecipe dello sguardo. Il messaggio della performance si trova nell'attraversamento di saperi e di mondi diversi in cui i rischi e gli incontri diventano parte che ravviva dall'interno un modo di fare non più isolato nel proprio ambito specialistico, ma che si espande su più fronti, assumendo altri significati e nuove speranze.

Con un progetto dopo l'altro, Mario Vespasiani sorprende e conferma come la sua visione dell'opera possa avere non solo una funzione estetica quanto politica, in cui l'unico gesto rivoluzionario possibile sia quello di ribellarsi allo stile dominante e al pensiero utilitaristico che, più del confine cartografico, separa e distingue. In ogni ciclo tematico, l'autore riserva particolare attenzione al materiale adoperato, il quale diventa elemento primario al pari del soggetto e dunque la stessa performance si rivolge alle dimensioni sensoriali, capaci di leggere lo spettacolo come una catena di eventi collegati, in cui i suoni e le immagini, i gesti e le ambientazioni richiamano, nella cura di piccoli movimenti e nelle attenzioni reciproche, alla sacralità dell'opera e dunque della vita umana.

La voce narrante riporterà alcuni racconti inediti di Mario Vespasiani, raccolti in un libro edito da Artificio, in uscita nel mese di Aprile 2015. La performance dalla durata di circa 15 minuti, si ripeterà ciclicamente nell'arco del pomeriggio ogni 45 minuti. L'evento in collaborazione con ArtiColate e con il comune di Ascoli Piceno rientra nella rassegna Arti nella Pietra, seconda edizione di un percorso tra arti visive, musica, archeologia nel centro storico.

I protagonisti

Opere su seta: Mario Vespasiani
Attrici nelle danze: Silvia Azzanesi, Antonella Ciabattoni, Eleonora De Luca
Coreografie: Federica Zeppilli
Musiche live: Eneri

L'intervista

Chi sono i viaggiatori e quali i territori?

Siamo tutti noi, persino quando restiamo fermi o assorti nei pensieri. E i territori corrispondono alle vie a cui ciascuno si apre (o si affida in maniera più o meno consapevole). La performance racconta dunque la vita quotidiana e lo fa con una grande metafora: la bandiera, che protagonista dello spettacolo rappresenta non solo un luogo e un'identità ma ogni singola persona, proprio perché esiste solo in quel singolo esemplare. Scegliere dunque uno di questi arazzi in seta - che in pratica raffigurano immagini astratte - equivale a un gesto politico, a mettere subito in chiaro chi si è, adoperando un linguaggio totalmente nuovo, che va ben oltre i simboli abusati e i rigidi schemi impiegati fino ad ora, partendo dalle piccole associazioni fino ad arrivare alle nazioni (per intenderci prova a confrontare le mie con le bandiere esistenti che ti saltano in mente). I miei arazzi e i miei individui per manifestarsi scelgono la vitalità dei colori e forme inaspettate, perché ritengo che il mondo abbia raggiunto una tale fase di evoluzione da necessitare un linguaggio universale, che abbracci il genere umano nella sua stupenda varietà, superando gli steccati dati dai preconcetti o dalle abitudini che, come abbiamo sperimentato anche di recente, troppo spesso finiscono per dividere o per creare fanatismi.

Come si configura l’idea di spazio e di tempo in questo luogo?

Le tre danzatrici attraversano le sale della pinacoteca già colme di storia e dunque di tempo, con una leggerezza tale che lo sfondo sembrerà acquisire una nuova dimensione, dove le sculture stesse sembrano degli spettatori e i dipinti dei riferimenti voluti.

Le bandiere sono manifesti che raccontano che cosa?

Raccontano che non possiamo procedere in altra maniera, pena l'autodistruzione. L’assenza di una visione lucida del presente e dunque di una propria bandiera con cui riconoscerci e farci conoscere, significa non solo perdersi e venir sommersi dalla marea di proposte che riceviamo quotidianamente, ma anche rischiare di andare alla deriva, chiudendosi alla paura (ammainando la nostra spontaneità) e dunque sviluppando un giudizio tagliente e un atteggiamento aggressivo.

Come si fondono musica, poesia, danza e arte figurativa in questo particolare evento?

Nella naturalezza. Le arti quando sono universali ci arrivano al cuore come una scarica di cui non distinguiamo l’origine. Vorrei che si percepisse il senso di unità dove ogni elemento, parte di un ordine più grande, sia in grado di evocare delle suggestioni profonde che ci conducono altrove, anche se non sappiamo dove.

Quali sono i messaggi di questa performance e quale riscontro ti aspetti dal pubblico?

Vorrei che l’arte riuscisse a tornare ad essere una parte importante della vita reale e non svago o lusso per pochi, vorrei che la performance nella fusione dei vari linguaggi arrivi a comunicare il senso di unità con tutto ciò che ci circonda.

Il pubblico può interagire o resta solo spettatore?

Fisicamente il pubblico non partecipa all'azione, anche se alla fine della performance magari avrà dimenticato il volto della persona che gli siede di fianco. La partecipazione è a livello emotivo, nei movimenti di questi viaggiatori, trasportati dalle musiche e dai venti a cui rivolgono le bandiere.

Che ruoli hanno avuto la filosofia e la spiritualità nell’ideazione di questo evento?

In tutto ciò che creo non noto una separazione e così lo spettacolo si collega esattamente alla mia ricerca Se uno sperimentasse la vera fede credo che non esiterebbe un momento a farsi monaco, a dialogare con la fonte di vita e di amore fondamentale, che ci supera ma che ha, anche l’esigenza di sentirsi presente in noi. Poi che esistano tanti modi per avviare tale unione è un bel vantaggio, abbiamo le preghiere, la compassione, l’arte e tutto ciò che parte dal nostro cuore e si rivolge all’esterno. Come vedi siamo continuamente in relazione tra noi e oltre noi.

Una performance del genere ha un potere catartico nell’artista e nel pubblico?

Questo lo verificheremo al momento, in quanto tutto l’insieme, compresa la presenza del pubblico creerà l’atmosfera di questo strano viaggio.

Che tipo di protagonisti hai scelto per l’evento? Raccontaci le loro caratteristiche e per quale motivo li hai ritenuti idonei a rappresentare la tua opera.

Sono tre ballerine di danza contemporanea di grande talento, che insieme alle musiche live accompagneranno il pubblico in un’esperienza inedita.

Tutti noi siamo in fondo dei viaggiatori, tu dove sei diretto?

Sono tre i luoghi che quotidianamente attraversiamo: uno è per il corpo, uno è per il pensiero e uno è per lo spirito, perciò: fisicamente sono diretto sempre verso lo studio, mentalmente da qui all’imprevedibilità dell’immaginazione, spiritualmente da qualcosa di tangibile all’infinito.

Il confine tra realtà e immaginazione e il concetto di eternità come sono espressi?

L’arte racconta la vita, dunque non penso a complicate astrazione o a un romanticismo smielato quanto ad un condividere, all’inizio delle visioni che poi diventano reali e credibili come se ci fossero sempre state. Un concetto che si potrebbe espandere al mondo intero: amare la persona che abbiamo di fronte, va ben oltre il rituale del matrimonio, vuol dire avere quel senso di prossimità e di empatia che ci porta ovunque a ritrovare noi stessi negli altri.

La voce narrante leggerà dei tuoi passi, puoi citarne qualcuno e dirci il significato?

Mi piace condurre dentro un mondo fatto di rimandi continui, tra il dentro e il fuori, l’alto e il basso. Verranno letti brevi brani di un mio libro di racconti, che uscirà nel mese di aprile. Più che farti una citazione posso dirti che ad ogni pittore sarà capitato di sentirsi chiedere delle spiegazioni di fronte ad un suo quadro e ciò che ho fatto è stato di descrivere a parole opere che non ho ancora realizzato, cercando di farle immaginare e prendere forma nella mente, prima ancora che nello sguardo. Sono dunque dei racconti di visioni vere e proprie.

L’idea di ripetere la performance ogni 45 minuti è mirata a trasmettere il senso di ciclicità dell’arte e della vita?

Ho notato che molte performance hanno bisogno di una doppia lettura, per comunicare pienamente il senso. Alla prima interpretazione si assiste più con sorpresa e con la volontà di non farsi sfuggire niente, mentre è solo rivedendola che ci si lascia trasportare da ciò che sta avvenendo. Le ripetizioni, anche grazie alla breve durata, consentono di essere più partecipi e dunque più protagonisti dei gesti, dei suoni che si stanno sperimentando, ma anche dello spazio così solenne, che in qualche modo lo si vede animato per la prima volta.

Suono e silenzio, movimento e immobilità, luce e buio, intimità e apparenza, come sono espressi in questo momento artistico?

In ogni performance è fondamentale il luogo in cui si svolge e dunque il rispetto che non deve mai venire meno. Perciò è richiesta una notevole delicatezza affinché l’equilibrio resti tali tra le nostre azioni e la grandiosità dello spazio che ci accoglie. Come dicevo la performance, utilizzando la metafora della bandiera, parla della nostra vita, che si trasforma e si evolve e per questo le varie fasi non fanno altro che susseguirsi in un profondo legame tra un momento e l’altro.

Cosa diventa l’artista durante una performance del genere e cosa diventa il pubblico?

Non faccio distinzioni, espando la mia estetica e contamino il presente. Più che inventare da zero metto in relazione soggetti già esistenti, più che concentrare la luce su di me, cerco di riflettere il mio talento su ciò che mi circonda e così, come lo osservo lo trasformo e assorbo quel potenziale che se avrò fatto un buon lavoro mi verrà restituito moltiplicato: fluttuante e leggero come una bandiera.