Nel Seicento nell’ordine di clausura dei frati trappisti, i frati ripetevano spesso la frase Memento mori ("Ricordati che devi morire") e quotidianamente si scavavano la tomba, un poco alla volta, con lo scopo di tenere sempre presente la propria morte e non smarrire il significato della vita. Il motto probabilmente traeva ispirazione dall’usanza nell’antica Roma di ripetere la frase "Respice post te. Hominem te memento"; quando un generale vittorioso era celebrato in corteo nelle strade della città, si pensava che ricordandogli la sua morte evitasse di incorrere nella superbia.

Il Memento mori è un ammonimento, nello specifico è un invito a riflettere sulla brevità della vita e sulla vanità delle ambizioni umane. A noi uomini contemporanei non piace pensare troppo alla morte. Questo argomento per la nostra sensibilità d’oggi è percepito deprimente e morboso. Ricordare la propria morte fino al XX secolo anziché essere un fatto negativo, era considerato un incitamento a vivere una vita virtuosa, buona e significativa.

Le opere d’arte collocate nelle chiese cristiane spesso richiamano il tema del Memento mori, e la riflessione che la loro visione induce negli spettatori è considerata come parte della meditazione necessaria alla preparazione dell'incontro con Dio: le opere hanno il compito di far meditare le persone sulla propria vita. All’interno della tematica del Memento mori si sono sviluppati dei generi precisi, tra questi la Danza macabra o Danza degli scheletri, un genere che ha avuto origine in epoca tardo medievale, ma è diventato popolare durante il Rinascimento. Nella Danza macabra gli scheletri sono la personificazione della morte e danzano con esseri viventi; la morte in queste opere coinvolge indistintamente tutte le persone. Il soggetto appare spesso spogliato da valori religiosi, e questa visione è stata messa in relazione anche con la grande peste del 1348, che provocò un grande shock nella società.

Un altro genere pittorico che ha legami antichissimi con la tematica della morte è la natura morta: in un mosaico risalente all'epoca ellenistica, tra il II e III secolo a. C., sono rappresentate delle scorze di limone gettate a terra; l’opera esprime l’idea che il cibo caduto a terra sia destinato ai famigliari defunti. Questa usanza è diffusa in molti luoghi del pianeta, cibi e bevande vengono gettati intenzionalmente a terra e destinati ad amici e familiari morti. Nella nostra cultura la tendenza è di negare la morte e il decadimento del corpo, nella menzogna che si possa rimanere per sempre giovani e che la nostra vita prosegua per sempre; oggi la rappresentazione del Memento mori può aiutare a ricordare che si muore ogni giorno, incoraggiandoci a smettere di sprecare la vita in cose di poco valore, e motivandoci a iniziare a vivere la vita che vogliamo adesso.

Molti artisti si sono dedicati nei secoli a creare opere d’arte dedicate a questo tema, anche attraverso la rappresentazione simbolica, usando spesso la forma del teschio, fra questi: Damien Hirst, Marina Abramovic, Andy Warhol, Robert Gligorov, Jean-Michel Basquiat, Paul Cézanne, Salvador Dalí, Gino De Dominicis, Frida Kahlo, Gustav Klimt, e tanti altri.