La Galleria Biffi presenta, per la prima volta in Italia, l’opera di Rosalia Rabinovich (Kiev, 1895 – Mosca, 1988), una delle più originali e meno conosciute interpreti della propaganda sovietica. "Stella Rossa. Rosalia Rabinovich e l’arte della propaganda" è una raccolta inedita di 90 disegni, realizzati dal 1930 al 1938, attraverso i quali la Rabinovich racconta i miti, i simboli e i protagonisti dell’era staliniana.

Rosalia Rabinovich, nata in una famiglia di artisti, lavora negli anni tra la fine dell’epoca più rivoluzionaria delle avanguardie, e l’annuncio e il pieno sviluppo del Realismo sovietico. La pittrice testimonia il passaggio tra le due epoche e fonde con originalità entrambi i linguaggi, riunendo nei colori primari della sua opera, il rosso, il nero e l’oro, il dinamismo costruttivista e la propaganda di Stalin. E’ un’epoca in costruzione, e Stroim! (costruiamo) è la parola d’ordine che riecheggia tra ciminiere, treni in corsa, ingranaggi, torri del Cremlino, gru, scavatrici, bandiere e naturalmente stelle rosse.

Nel progetto di creazione di questo mondo dal “radioso avvenire” tutti sono coinvolti: i padri della patria, da Lenin a Stalin, le giovani leve, dai pionieri ai ragazzi del Komsomol, e gli eroi, dagli operai alle kolchoziane, dagli aviatori alle nuove donne sovietiche. In una scenografia grandiosa, in un’esaltazione eroica della geometria, le ciminiere salgono al cielo, Lenin indica la via, gli aerei e i dirigibili volano da un capo all’altro dell’Unione Sovietica, Stalin annuncia i piani quinquennali, i pionieri suonano i tamburi, i paracadutisti si lanciano coraggiosi, i trattori e le scavatrici conquistano nuove terre, e le locomotive, simbolo della civiltà delle macchine, uniscono in poche ore Mosca e Leningrado.

A cantare quest’epopea di muscoli e ingranaggi è una donna minuta, timida, sorella di Isaac Rabinovich, uno dei più importanti scenografi del Bolshoi. Insieme studiano a Kiev negli atelier di Alexander Murashko e di Alexandra Exter. Insieme arrivano a Mosca sull’onda della Rivoluzione. E a Mosca Rosalia si iscrive alla classe di pittura di Robert Falk nella prestigiosa scuola del Vhutemas. Sotto l’ala del fratello, che la protegge ma le fa ombra, la Rabinovich realizza una serie di disegni per tessuti, manifesti di propaganda, pubblicità per i magazzini GUM, e ancora bozzetti per diplomi ed onorificenze di partito. Nel 1933 entra come insegnante nella “Casa centrale dell’educazione artistica per i bambini”. Nel 1937 le opere dei suoi allievi sono esposte all’Expo di Parigi e poi nel 1939 alla World’s Fair di New York. Dopo la guerra, nel 1948, partecipa alla costruzione del Palazzo dei Soviet. Dagli anni ’50 insegna nell’atelier di pittura per bambini presso la “Casa dell’Architettura di Mosca”. Dopo la morte di Stalin, si dedica a temi più sentimentali e intimisti. Scompare il rosso ed emerge una tavolozza di colori tenui e delicati.

Nei suoi novantatré anni di vita, Rosuchka, come veniva chiamata in famiglia, ha visto la fine della dinastia degli zar, la rivoluzione bolscevica, la nascita dell’Unione Sovietica, la morte di Lenin, l’ascesa di Stalin, gli anni del Terrore, le purghe, le deportazioni – uno dei suoi fratelli, Naum, ingegnere, verrà deportato a Norilsk – quindi la guerra, l’evacuazione in Turkmenistan, il ritorno a Mosca, la morte di Stalin, il primo disgelo, la stagnazione brezneviana e l’arrivo di Gorbaciov.

Alla fine dello Stalinismo, il materiale di propaganda viene nascosto da Rosalia Rabinovich nella sua abitazione, presso la komunalka al n.17 di Ulitsa Staraya, a Mosca, dove l’artista ha vissuto dal 1929 al giorno della sua scomparsa, il 4 febbraio 1988. Soltanto dopo la sua morte, i disegni degli anni ’30, affidati a un nipote, sono tornati fortunosamente alla luce.