Bellinzona rende omaggio all’’artista lombardo Alberto Ghinzani (1939) con la mostra “Alberto Ghinzani. Una linea lombarda" a cura di Elena Pontiggia, aperta dal 19 marzo al 21 giugno 2015 presso la Sala Arsenale e la Corte interna di Castelgrande.

Sono esposte in mostra 38 sculture di grandi e piccole dimensioni oltre a 7 opere su carta (a mostrare i paralleli tra disegno e scultura). L’antologica ripercorre tutto il cammino espressivo di uno dei protagonisti della scultura italiana contemporanea, documentando in particolare alcune stagioni della sua produzione meno note ma di intenso fascino e mettendo in luce il rapporto dell’artista con maestri come Medardo Rosso, Giacometti, Milani, Regina.

L’esposizione, grazie anche a un attento ed equilibrato allestimento realizzato dallo Studio Durisch + Nolli di Massagno, colpisce soprattutto per la forza lirica delle sculture, lavorate in ferro, resina, polvere di marmo, bronzo, capaci di leggerezza e insieme di grande presenza scenica.

L’arte plastica di Alberto Ghinzani, astratta e informale, è venata di un riferimento concreto alla natura e al paesaggio, che poi è quello della sua Lomellina, “geografia della mia vicenda umana, del vissuto trasformato in scultura” come ama sempre ripetere l’artista. Non si tratta però di naturalismo, come Ghinzani precisa “ Cercavo forme che avessero un rapporto con la natura, ma in modo autonomo. Non mi ha mai interessato l’imitazione della natura in senso veristico, ottocentesco”.

Scrive Elena Pontiggia nel suo testo in catalogo: “Del resto la Lomellina è, anche lei, una terra “astratta”, composta soprattutto di spazio e distese d’erba, di acque e cielo. E’ una terra in cui le orizzontali dei campi pianeggianti, appena segnati da dossi e marcite, si incrociano con le verticali degli alberi. Ed è un paesaggio, per così dire, esistenziale, dove l’apparizione di un airone cinerino in una garzaia, o la persistenza di un ontaneto in una palude, hanno qualcosa di delicato, di cagionevole, di indifeso. Quello che interessa a Ghinzani, comunque, non è la natura ma il linguaggio. Il paesaggio è un punto di partenza, non di arrivo. E la visione di alberi, voli, orizzonti si tramuta nella meditazione sulle possibilità della linea”.