In occasione del Centenario della nascita di Toti Scialoja (Roma, 1914-1998) si svolge al MACRO - Museo d’Arte Contemporanea Roma la mostra 100 Scialoja Azione e Pensiero.

Dal 28 marzo al 6 settembre 2015 la Sala Enel del MACRO è dedicata ad uno dei maggiori artisti italiani del secondo Novecento, con l’esposizione di numerosi capolavori di pittura, scenografia e grafica per l’infanzia. La selezione delle opere in mostra, realizzata con puntuale rigore scientifico, parte dalla scelta metodologica e concettuale di esporre soltanto gli “Scialoja di Scialoja”, ovvero le opere provenienti dalla sua collezione personale, custodite dalla Fondazione Toti Scialoja, tra cui spiccano molti lavori mai esposti prima.

La mostra, il cui sottotitolo “Azione e Pensiero” sintetizza una riflessione dello stesso artista utilizzando due parole a lui molto care, intende mettere in rilievo i vari aspetti del percorso creativo e culturale di Scialoja, un artista poliedrico la cui ricerca, manifestatasi inizialmente con la poesia e con il disegno, si è poi rivolta principalmente alla pittura, nella quale ha raggiunto fama e notorietà internazionale, e al teatro, dove si è cimentato come scenografo, costumista e drammaturgo.

Per la prima volta la Fondazione Scialoja, diretta dal Commissario straordinario, Antonio Tarasco, e fondata nel 1999 per volere di Gabriella Drudi, offre alla visione pubblica opere mai esposte prima che fanno parte del suo cospicuo patrimonio di oltre settemila opere di Scialoja ed artisti a lui legati, di recente inventariate.

Con questa mostra l’Accademia di Belle Arti di Roma dà l’avvio ad un intenso programma di sinergia istituzionale e di dialogo fra didattica e produzione culturale, rendendo omaggio ad uno dei suoi più illustri docenti e direttori quale è stato Toti Scialoja.

La mostra 100 Scialoja, che si dipana nella Sala Enel 1 del MACRO, esporrà alcune opere di Scialoja dei primi anni Quaranta - piccole tele dalla evidente sensibilità espressionista, molto vicine alla temperie internazionale di matrice soutiniana e alla pittura tonalista romana degli anni Venti- Trenta - e gli ultimi grandi teleri inediti della fine degli anni Novanta, passando per la famosa serie delle Impronte della seconda metà degli anni Cinquanta, con l’inizio dell’avventura verso “l’Azione”, come lo stesso artista la definisce, nel periodo in cui è emotivamente e stilisticamente attratto dall’espressionismo astratto americano.

Del resto è proprio fra la metà degli anni Cinquanta e i Sessanta che Scialoja soggiorna spesso in USA, dove riuscirà a consolidare una personale notorietà internazionale, stringendo anche rapporti e amicizia con i più importanti rappresentanti dell'informale americano, come Mark Rothko, Willem de Kooning e Robert Motherwell.

Agli artisti amici e colleghi di Scialoja - tra cui Afro, Burri, Calder, Colla, de Kooning, Dorazio, Fontana, Gorky, Guston, Mafai, Mauri, Melotti, Mirko, Morandi, Motherwell, Sadun, Stradone, Twombly, Pepper, Perilli e altri - sarà dedicata una seconda sezione della mostra (dal 22 maggio al 6 settembre 2015 in Sala Enel 2) con opere sempre provenienti dalla collezione privata di Scialoja conservate nella Casa-Museo Scialoja-Drudi, ultima abitazione di Toti Scialoja di recente aperta al pubblico.

Si tratta di una vera e propria mostra all’interno della mostra stessa di Scialoja che darà anche la possibilità di verificare, dal vivo, le conoscenze e le interferenze creative nate e sviluppatesi fra Scialoja e gli artisti italiani e stranieri dell’epoca.

In tale occasione sarà anche presentato il catalogo unitario delle due mostre.

Per quanto riguarda il “Pensiero” di Scialoja, fra le componenti principali della sua attività artistica, in mostra saranno privilegiati alcuni aspetti del suo percorso teatrale, con l’analisi e l’esposizione di lavori relativi alla sua importante attività di scenografo e costumista, a partire dagli anni Quaranta. Sarà esposta per la prima volta la “Macchina a pettine”, una delle cinque originali macchine sceniche di Scialoja create per l’opera di Rosso di San Secondo, Il ratto di Proserpina, andata in scena nel 1986 per il cartellone teatrale delle “Orestiadi di Gibellina”. Per l’occasione, la macchina sarà appositamente restaurata dagli artigiani di Gibellina che furono i suoi originari realizzatori, a quasi trenta anni dalla prima messa in scena, e ridipinta dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma, in un cantiere aperto allestito direttamente al MACRO.

La mostra approfondisce inoltre il tema della scrittura e della grafica per l’infanzia, dove rimane sempre alto il gioco sintattico e del non-sense messo continuamente in atto dall’artista. Proprio a tale proposito saranno anche documentate le filastrocche e le illustrazioni dell’artista dedicate ai bambini, grazie alla selezione di grafiche autografe tratte dalle quattro pubblicazioni per l’infanzia che Scialoja ha realizzato negli anni Settanta: Amato topino caro (1971), La zanzara senza zeta (1974), Una vespa! che spavento (1975), Ghiro ghiro tonto (1979). Disegni e acquerelli preparatori vengono messi a confronto, appunto, con la scrittura e il non-sense dello stesso Scialoja.

Nella sezione dedicata alla scenografia sono anche trasmesse alcune puntate delle serie televisive RAI “Le fiabe dell'albero” (1974) e “Fantaghirò” (1975). Per l'occasione l'Accademia di Belle Arti di Roma ha realizzato un documentario dedicato a Scialoja.

Toti Scialoja nasce a Roma nel 1914. Il suo interesse per la ricerca artistica si manifesta all’inizio con la poesia e con il disegno.

Frequenta la Galleria La Cometa di Roma, dove incontra Corrado Cagli, che riconosce in lui un temperamento creativo e lo incoraggia a dipingere. Abbandonata quindi la poesia, sua grande passione, si dedica esclusivamente alla pittura.

La sua prima mostra personale è del 1940, con un’esposizione di disegni alla Galleria Genova, nel capoluogo ligure. Dopo una personale a Torino di disegni e dipinti, nel 1943 esordisce a teatro, come scenografo e costumista, nel testo settecentesco “Opera dello straccione” (The Beggar’s Opera) di John Gay.

Finita la guerra, abbandona l’espressionismo e il cubismo analitico per approdare definitivamente all’astrattismo, mettendo da parte l’uso del pennello e iniziando a dipingere con stracci, stoffe e vinavil come agglutinante per il colore.

Nell’estate del 1957, a Procida, inventa la tecnica dello “stampaggio”, culminante con la nascita delle Impronte che espone per la prima volta alla galleria La Salita di Roma l’anno successivo. All’inizio degli anni ’60 ritorna alla poesia e alla scrittura attraverso tre libri di poesia nonsense per bambini, con sue illustrazioni.

Dopo un periodo vissuto all’estero, in cui raggiunge fama e notorietà internazionali frequentando artisti come Rothko e Motherwell, rientra in Italia e viene nominato direttore dell’Accademia di Belle Arti a Roma, dove aveva insegnato per molti anni.

Con l'avvio degli anni Settanta, ritorna al colore con il ritmo delle forme rettangolari lungo tutta la superficie del dipinto. A questo nuovo modo di concepire lo spazio si accompagna dalla seconda metà degli anni Ottanta il ritorno al gesto e a un pigmento brillante, quasi accecante come la luce della Sicilia, dove soggiorna a lungo – a Gibellina - dando vita a un importante laboratorio artistico. La luce e il gesto, come cancellazione della tela, lo accompagneranno fino ai suoi ultimi giorni. Muore a Roma nel 1998.