Gio Ponti e Luciano Colantonio.
Il primo architetto e designer, il secondo gallerista.
Sono legati dalla capacità di coniugare il verbo del bello.
Il primo nel progettare, ideare, creare le scene della vita dell'uomo; il secondo nel selezionare, ricercare, trovare e cogliere ciò che di quelle scene si può ancora differire nel tempo per la realizzazione dell'armonia nello spazio e nell'anima.
L'architetto-designer e il gallerista dialogano, a distanza temporale, spendendosi l'uno per l'altro nella diffusione del vero della forma dell'arte e del sonoro dello spirito.
Nella storia della Galleria del '900, di Luciano Colantonio, le occasioni sono state tra le più disparate per farsi voce del prospetto Ponti.
Ora, sino al 10 luglio, sono in mostra gli elaborati in smalto, su rame, dell'architetto del Pirellone, quelli realizzati dalle mani del maestro padovano Paolo De Poli negli anni '50.
Poco prima della Seconda guerra mondiale, lo smaltatore e l'architetto s'incontrano, siamo negli anni '30 del secolo scorso: prima attraverso l'operato di De Poli, poi di persona.
De Poli è un autodidatta che ha appreso la tecnica dai libretti d'istruzione delle società produttrici di smalti e diviene in breve il più capace interprete di quest'arte.
Egli fa della tecnica di verniciatura a smalto, su metallo, un linguaggio per la casa e il design, uscendo dal valore d'utilizzo nel gioiello prezioso, o dal contesto simbolico e religioso sino ad allora attribuitogli.

“Lo smalto è un’arte antica e complessa, a metà tra il vetro e l’oreficeria. È un materiale brillante, lucido, che si conserva inalterato nel tempo, ma difficile da dominare quando entra a contatto col fuoco. Dal punto di vista chimico è una pasta vetrosa, detta “fritta”, composta da silice, carbonato di sodio e di potassio, e piombo, cui ossidi metallici conferiscono colore (ossido di ferro: smalto nero; ossido di cromo: smalto rosso; ossido di cobalto: smalto blu, ecc.). Con l’aggiunta di ossidi di stagno si ottengono smalti coprenti (opachi). Lo smalto, sia trasparente sia opaco, ha in tutto l’aspetto del vetro colorato e si presenta sotto forma di “polentine” che vengono ridotte in polvere in mortai di ceramica o di agata. Si tratta di un passaggio delicato, simile a quanto si faceva con il macinare i colori del pittore. La polvere si trita il più regolare possibile e, in base all’effetto materico e cromatico voluto, più o meno fina, avendo cura di lavarla dalle impurità. Da questo primo passaggio dipende la buona riuscita dello smalto, specialmente se si tratta di smalti trasparenti. La polvere di smalto così ottenuta viene poi bagnata con acqua distillata e impastata con colla organica per essere trasferita sulla superficie metallica, su cui aderisce per fusione. Ogni colore ha uno specifico punto di fusione che va dai 700 ai 950 °C. Alla prima applicazione e cottura, ne possono seguire diverse altre, da un minimo di 2-3, fino anche a 8-10”.
(Valeria Cafà: Paolo de Poli, 1905-1996, Maestro dello smalto a gran fuoco AIS/Design Storia e Ricerche n. 4 novembre 2014)

Basta questo per intuire le sfide vinte da De Poli, che si spingeva a sovrapporre diversi strati di colori e a impiegare, nella stessa opera, sia smalti trasparenti sia opachi.
Il metallo prediletto da De Poli era il rame per l'intensità che il pigmento otteneva sulla base rosata del minerale.

Alla Galleria Colantonio si trovano le forme fantasiose per il decoro delle abitazioni degli anni '50, frutto di quell'incontro tra i due maestri avvenuto fisicamente nel '36, ma già emotivamente avviato nel 1934, attraverso la visione di alcune opere di de Poli nella sezione Arti Decorative della Biennale di Venezia. In quell'anno Ponti si lega idealmente all'opera del maestro padovano, in un sodalizio artistico durato tutta la vita, dando origine a grandi opere per le navi della Società Italiana e per l'Università di Padova.

Nelle creazioni esposte da Colantonio, a Brescia, troviamo le forme estratte dalla frutta o quelle zoomorfe che regalano la dimensione dell'immaginazione legata all'infanzia, fino a volti mefistofelici e ai vasi.
La realizzazione parte da modelli cartacei la cui forma si modella attraverso la piega sapiente della carta. Da questi origami si realizza la trasposizione su lamina di rame dello spessore di 2 mm.
Sulla superficie metallica si pongono i diversi strati di pigmento, monocromo, della verniciatura a smalto. Per dare profondità e rilievo alle forme e ai volumi il colore si fa ombroso, nei toni scuri del medesimo pigmento, o attraverso il nero. Lungo il perimetro degli oggetti lo sfumare dello smalto accentua la soluzione esecutiva curvata della superficie che ulteriormente rimarca la tridimensionalità della linea.

In tale fantastico universo bestiale e astrale, si misura lo stile grafico di Ponti e la maestria esecutiva di de Poli, ma anche la capacità di scegliere la bellezza di Colantonio che non manca mai alla chiamata della storia, nelle sue prestazioni più acute, sul proscenio dell'arte.

La galleria di Luciano Colantonio è stata aperta nel 1989 e da allora sino ad oggi ha ospitato selezioni dei progetti di design e d'arte.
Dagli architetti Ponti, Caccia Dominioni, Albini e Gardella, ai mobili disegnati da Borsari per Tecno. Altri protagonisti della selezione di Luciano sono l'illuminazione di Fontana Arte e le produzioni dell'Atelier di Piero Fornasetti, fino alle manifatture muranesi e alle ceramiche di Laveno, per finire con le creazioni contemporanee che si esprimono attraverso autori che eccellono nel gusto e nel manufatto (da Silvia Levenson, a Livio Scarpella...).

Colantonio, con questa mostra di oggetti, affronta l'occhio e il suo sentire, il tatto e la sua ambizione. Attraverso l'identità creativa di due grandi autori regala al suo pubblico il dono che la vernice a smalto fa alla luce nel farsi Caronte nella materia, per attraversarla e dare forma all'immaginazione. Tramite una tecnica, antica e preziosa, che smaterializza il minerale di fondo, ci regala la poetica visione di... “Ponti nell'anima...”.

Per maggiori informazioni:
www.lucianocolantonio.com