The Gallery Apart è lieta di presentare la prima personale italiana di Rowena Harris, artista a cui la British School of Rome ha offerto la possibilità di vivere e lavorare a Roma quale Sainsbury Scholar in Sculpture. Dopo quasi un anno di residenza, “Being both on and within, as I said” fa il punto di un’esperienza definita seminale dall’artista stessa che ha potuto ulteriormente sviluppare la sua ricerca sul rapporto tra scultura, oggetto e corpo umano in un contesto storico, architettonico e sociale carico di spunti e sollecitazioni inediti per l’artista di base a Londra.

Rowena Harris è impegnata a comprendere nel profondo la realtà contemporanea, in cui la mente, il corpo, l’io e gli oggetti sono tutti elementi fra loro indissolubilmente legati, al punto che la percezione immaginativa è allo stesso tempo mentale e fisica. Harris usa questa dimensione percettiva all’interno del suo lavoro, con un approccio che coinvolge l’immaginazione dello spettatore, insieme alla traccia del corpo. I lavori esposti e la relazione tra loro esprimono una visione del mondo contemporaneo che può essere intesa come codificata dall’era digitale, ma non limitata al solo spazio digitale. Non vi sono distinzioni tra realtà e virtualità rispetto al modo in cui l’uomo costruisce e vive le sue esperienze.

Oggetti della vita comune trattati come fossili o come manufatti o ancora elementi contemporanei visti con un mirino archeologico evocano una presenza umana precedente e differente. Questi oggetti sono posti in relazione alle sculture che inquadrano la presenza reale del visitatore, il quale interagisce con l’opera per il solo fatto di avvicinarla e conseguentemente di attraversarla, così offrendo l’immagine del proprio corpo alla visione di altri spettatori. In tal senso, la scultura di Harris invita ad attivare l’opera, ad “essere su e dentro” la scultura con una sorta di atto performativo sottile e delicato. Sculture-cornici e sculture-oggetti inquadrano o evocano parti di corpi, in un rimando non solo al rapporto tra realtà e virtualità, ma anche a un territorio ibrido in cui esse vengono a contatto e dove arrivano al punto di rottura. Come nel caso dei tanti dispositivi telematici che costruiscono vere e proprie protesi del corpo umano o come quando parti di un corpo si frammettono rispetto al funzionamento di tali dispositivi, ad esempio se involontariamente copriamo con un dito parte di un obiettivo fotografico.

La mostra si dipana sui due piani della galleria, ciascuno dei quali offre una modalità diversa di interazione tra corpi e sculture. Al piano terreno le opere si alternano e prospetticamente si toccano in un continuo gioco di entrata e uscita nella e dalla cornice. Sculture-cornici in piedi nello spazio o appese al soffitto contengono la visione di altre sculture e dei visitatori. La presenza dell’uomo o forme strettamente connesse alla pelle umana sono evocate da frammenti di camicie o da piccoli oggetti ormai intrappolati nel cemento; o da microsculture in gomma siliconica replicanti decine di oggetti di cui quotidianamente ci svuotiamo le tasche e che qui vengono raggruppati in una striscia rasente il muro, lasciati cadere come detriti culturali; o ancora da sculture consistenti in stampe tridimensionali di organi umani interni realizzate mediante scansioni MRI che riproducono parti del corpo che non si vedono ad occhio nudo ma che possono essere riprodotte digitalmente; o infine da drappi di seta dove la stampa cyanotype, la più elementare tecnica fotografica reagente al sole, coglie casualmente l’attimo attraverso un procedimento a scala umana (un pezzo di stoffa di dimensioni tali da poter essere raggomitolato in una mano e poi appeso a grandezza d’uomo).

Il lavoro scultoreo nel basement della galleria si propone come spazio in grado di offrire una diversa interazione temporale, invitando e coinvolgendo la presenza umana e fornendo un luogo per il riposo del corpo. L’opera accoglie il visitatore, lo spinge a sedersi e a intrattenersi con la lettura di un libro, creato dall’artista e parte integrante dell’opera stessa. Il libro include una raccolta di scritti recenti che Harris ha elaborato in simbiosi con il lavoro scultoreo e in occasione di precedenti performances. Anche la scrittura infatti è per l’artista un linguaggio che entra in connessione con quello scultoreo, un ambito dove l’immaginazione, la memoria e la percezione corporea sono invitate ad attivarsi per una migliore comprensione dell’opera.