L'opera e la personalità di Venturino Venturi hanno contrassegnato la scena artistica aretina della seconda metà del XX secolo, con una presenza che oggi si palesa nei due musei che gli sono dedicati nel paese natio di Loro Ciuffenna, il Museo Venturino Venturi e la casa Atelier Archivio Venturi. Inoltre è l’artista più rappresentato negli altri musei e nelle collezioni d'arte contemporanea pubbliche e private del territorio, mentre i suoi monumenti, le sculture, i murales arricchiscono piazze, strade e chiese delle cittadine della provincia e di Arezzo. Naturalmente la sua attività non è circoscritta al territorio d’appartenenza infatti, soprattutto prima di ristabilirsi nel suo paese d'origine, l'artista ha lavorato all'estero e in diversi luoghi della Toscana - a Collodi di Pescia in particolare realizza la piazzetta del Parco dedicato a Pinocchio - e molte opere sono conservate nelle più importanti collezioni museali, tra cui i Musei Vaticani, Palazzo Pitti, gli Uffizi.

Venturino Venturi nasce a Loro Ciuffenna nel 1918 e presto la famiglia emigra in Lussemburgo, ma appena quindicenne torna a Firenze e vi frequenta l’Istituto Statale d’Arte di Porta Romana e l'Accademia di Belle Arti. Artista apprezzato e conosciuto soprattutto in ambiti colti, dalla fine degli anni Sessanta si ritira stabilmente a Loro Ciuffenna.

Nella sua opera si rivela la costante aspirazione all’assoluto, inteso come dimensione originaria e creatrice, che si afferma come la sua più importante lezione. Con la volontà di sfuggire all'accademismo, il linguaggio artistico di Venturino è insieme semplice e complesso, elementare e profondo, collocandosi tra astrazione e figurazione, tra arcaismo e modernità, tra il gesto viscerale e il controllo di rigore geometrico, e ne fa sostanzialmente un autore colto e popolare allo stesso tempo, un classico di universale ampiezza... Nel territorio aretino Venturino è l'artista che dal dopoguerra ad oggi ha ricevuto il maggior numero di committenze pubbliche. Si ricordano il bronzo con S. Francesco e la lupa e la scultura in acciaio Resurrezione in Arezzo, il grande marmo dedicato a La Famiglia Umana in memoria della Resistenza a Loro Ciuffenna, il monolitico monumento ai Caduti di tutte le guerre di Chitignano, mentre a Caviglia, oltre alla scultura L’uomo di ferro, è il grande murale di 76 metri di lunghezza, in ricordo delle Vittime del Nazismo.

Tra le opere presenti nelle collezioni pubbliche museali del territorio aretino, la Galleria d’arte contemporanea di Arezzo ne conserva il maggior numero, tra cui la scultura lignea L’uomo nell’ulivo, ma è presente anche in Oro d’autore, collezione di Arezzo Fiere e Congressi, nel museo aziendale della Unoaerre, nella Collezione comunale d’arte moderna e contemporanea di S. Giovanni Valdarno, nella Collezione Sedili in pietra a Strada in Casentino.

La più importante testimonianza dell'arte di Venturino è naturalmente rappresentata dal museo monografico, inaugurato nel 1993, che lo stesso si impegna a far istituire, donando all’amministrazione comunale 54 disegni e 38 sculture, opere tra le più significative, curandone in prima persona l’allestimento museale. Nel 2011 viene realizzato un nuovo allestimento che si sviluppa in cinque sezioni, secondo un ordine cronologico - tematico: Tra Firenze e Milano, la Guerra, i Ritratti, gli Archetipi e il Senso dell’Assoluto. Il museo testimonia in sintesi più di un cinquantennio di attività artistica: vi sono conservati i disegni astratto-concretisti che documentano il periodo di adesione alle ricerche spazialiste milanesi e dell’astrattismo classico fiorentino, quali Atomo (1948), Immagini nello spazio (1948), Meccanismo (1948), Elettro (1950), Labirinto (1954), Cattedrale (1948). Eseguiti con la sua peculiare tecnica del monotipo, tracciando il disegno con una punta, il retro del foglio poggiato su di una superficie colorata ad olio, l'artista costruisce e sviluppa reticolati di luce che articolano lo spazio attraverso trame e orditi geometrici.

A più alta intonazione invece si richiamano i disegni segnico-astratti di Invocazione (1963), Vortice rosso (1970), Segno cartesiano (1971), Luce nello spazio (1978), Armonia (1978), opere centrali della poetica, frutto di una riflessione matura in relazione al superamento degli ambiti dell’astrattismo e della figurazione: “l’opera d’arte di sua natura è senza aggettivi” e quindi “sempre figurativa e astratta” afferma. Un concetto che si coglie ancor meglio nelle sculture a intaglio geometrico, nel totemico plasticismo modulare di Meditazione (1975), nell’equilibrio seriale di Piramide (1991), nei tre legni di quercia delle Pale di mulino (1981) reperti antropologico-rurali in divenire astrattista, in Marmo inciso (1978), Intervento luminoso (1981).

Poi ci sono le grandi carte che raffigurano il burattino collodiano, Pinocchio cardinale (1959), Pinocchio che supplica (1959), il fondamentale Pinocchio Re (1959) l’essenzialità figurativa di Beppina (1981), Autoritratto (1981). Un ambito notevole è costituito dai numerosi ritratti di artisti, intellettuali e amici con i quali entra in contatto, ad iniziare dalla frequentazione del Caffè Giubbe Rosse, dall’impostazione classica dei primi anni, Ottone Rosai (1938) Reginella Lucangeli (1945), Enzo Faraoni (1946), al successivo impianto volumetrico che restituisce incisivamente i tratti fisiognomici, Alessandro Parrochi (1953), Pietro Bigongiari (1962), Mario Luzi (1954), Fiamma Vigo (1954), Vasco Pratolini (1968), Antonio Bueno (1965), Giovanni Conti (1968), Lionello De Luigi (1953). Uno spazio non meno significativo occupano le opere dedicate al tema della maternità, eseguite in diversi materiali, dal mosaico Maternità (1968) alla ceramica, da Maternità (1983) al blocco marmoreo Madre e figlio (1967) dal potente ovale in bronzo Ventre di madre (1961), alle carte di Madre e figlio (1958), Ventre materno (1963), Ventre (1971).

Dopo la sua morte, nel 2002, anche la casa viene preservata per documentare la vita e la memoria dell’artista. L’edificio, costruito negli anni ’60, dispone di un piccolo giardino dove è collocata la scultura de I progenitori, di una terrazza sulla quale si affaccia la cucina, dove era solito sostare e ricevere gli amici; l’interno si compone dello studio atelier al piano terra in cui sono presenti banchi da lavoro e allestite alcune opere, mentre i piani superiori accolgono la sala biblioteca con un fondo librario dedicato alla scultura italiana del Novecento, l’archivio con documenti, manoscritti, fotografie, cataloghi e filmati, e altri locali arredati e lasciati così come l'artista li aveva vissuti. Vi si conservano un considerevole numero di opere, le storiche sculture quali Mio padre (1944), Autroritratto in pietra, Il pazzo (1946), il gesso dipinto Elan dans l'espace (1949) con il quale partecipò alla Biennale veneziana, il bronzo circolare raffigurante Ventre (1959) e numerosi dipinti, grafiche, disegni, monotipi, matrici lignee, sculture in vari materiali, oltre a ceramiche, maschere, presepi, strumenti musicali.

Per le sue opere Venturi utilizza i supporti più eterogenei, immergendosi nella densità della materia, alla ricerca di principi eterni, fuori dallo scorrere del tempo, trovandoli nei rami nodosi degli alberi di ulivo, nei cerchi concentrici dei mulinelli del Ciuffenna, tra i sassi levigati del fiume, riscoprendovi l'unione di microcosmo e macrocosmo, perché ogni materiale contiene in sé l’universo, ogni frammento è partecipe del tutto. Di lui scriveva Mario Luzi: “Non conoscessi Venturino da tanti anni, penserei che di artisti di quella specie si fosse perduta la razza”.