L’immagine può sopraggiungere improvvisa. Inattesa. E’ accaduto per Iniziazione in blu.
Il Sacro ci abita. Altro ci abita. Ci attende. Come l’abisso, invoca di essere reso fervore di luce.
Nel silenzio sottende. Ci precede invero. Ci interroga dunque. Lambisce il nostro sguardo, rovesciandolo, per espanderne la visione.
Si spalancano altezze.
E la scrittura si tinge di profezia.
E le figure si evidenziano come pre-figurazioni.
Il sacro chiama sacri-ficio in offerta di silenzi. Tacitamento del rumoreggiamento della mente cortocircuitata. Stanziamenti nei luoghi dei diradamenti. Possibilità di collocarsi de-situati, prossimi agli orli.
Tutto ciò è condizione affinché avvenga lo stupore . Ovvero, l’inabissamento in sé.
Il mondo imaginale che affiora non è da confondersi con le divagazioni dell’immaginazione arbitraria.
Il mundus imaginalis è il poema dell’anima. E’ voce che emerge da un passato eterno.
Consiste, la realtà dell’evento psichico figurale, nel creare il vero rapporto tra tempo ed eternità.
Nella metafisica dell’immaginazione è la circolarità della dynamis che rende indissolubili il quotidiano e il miracoloso.
Si avvia così il mitico.
Innanzitutto in noi è l’imago.
Il mito non è finzione. Bensì un raccontare che ci mette in contatto con il tempo. Con il mito eterno del Tempo Eterno, per entrata in esso.
E’ ricordo dell’originario.
La preistoria dell’anima è da ritenersi sempre immanente e non ancora rinchiusa nel solo passato.
Gli archetipi ricorrono, di fatto, nei piani di permanenza storica percorrendoli intramontati.
Nell’alveo umano si svolge il mito, determinando destini mitici. Definendo la validità universale delle vite tutte, quando sono possedute dall’archetipo che la visione propone e ri-propone perpetuo.
L’immagine è quindi ri-apparizione. Facoltà di intercomunicazione. Possibilità umana di fare esperienza della propria forma del proprio sacro. Sacro che si fa fenomenico in veste di divino, quando si epifanizza in coscienza.
Immagine è ciò che chiede al pensiero di farsi tale.
Dio è imago dei ed è una realtà psichica constatabile solo psichicamente.
Tutto, dell’umano, avviene nella psiche.
Devi diventare ciò che vuoi conoscere.
Per conoscere Dio, devi diventare Dio.
Il dio che avrai sarà quello in cui credi.
E’ da crearsi una relazione tra l’umano-essere e le specificità della sua interiore divinità, per abitare tale vastità.
Abissalità di luce e ombra che è segreta. Imperscrutabile. Ma che può farsi epopea e linguaggio ed espandersi fino al confine che l’umano riconosce in sé, a cui tende e a cui si concede.
Ciò che vive in noi non ha frontiere ri-conoscibili. E’ profondo come le fondamenta della terra e spazioso come l’immensità dei cieli.
In noi un impero nascosto che attende di essere generato e, attraversandoci, rinascere ancora.
Il processo che si svolge nei recessi dell’anima è sfuggente alle misure. Incommensurabile dal raziocinio e dalle misurazioni di questo.
Il ricercatore si fa così ierologo.
Per avventura della soggettività, si rinnova ispirata la simbolica e si vivifica il simbolismo intero.
Avviene che nella Via si delinei spontanea una religione individuale per i soli. Per quelli che si sono esposti a un’intuizione personale. A coloro, l’imago mundi, consente di fondare l’intero edificio religioso nel manifestato, nel, a loro, rivelato.
E ciò che accade non si tratta solo di creazione di un mondo umano, ma della nascita di un nuovo Dio.
Pratica di professione di fede monadologica nella convinzione che il microcosmo personale dell’individuo sia un intero universo.
Al cielo si eleva una polifonia babelica che è coro di celebrazione.
A ciascuno il compito di provare dentro di sé la liturgia della grandezza divina.
Invito alle eresie che hanno ancora tanto da insegnarci. Tanto, da ricordarci.
Atto finale: la meditazione e la contemplazione del nostro mistero.
E quando i simboli si fanno viventi l’incarnazione è in essere.
I simboli centrali del processo di individuazione indicano e orientano verso il Sè. Verso la totalità costituita da un lato da ciò che è cosciente, e dall’altro dai contenuti del non-conscio.

II

Le immagini e gli enunciati religiosi sono avvenimenti psichici.
Si rivelano nell’esperienza interiore carichi di una luminosità straordinaria.
Ribaltamenti: ciò che è sotterraneo si fa incendio di luce.
Nell’opera sopraggiunta, Sophia è l’inviata dal trono della sapienza come psicopompo. Conduce al Dio.
Due alberi ai bordi. Cornici di Tempio a separare il pro-fano dallo spazio elettivo del sacro. Dal luogo che è consentito varcare solo a coloro che possiedono calzari e coda: un piede celeste e un piede oscuro.
Grande vaso sul capo, la nera è riconoscibile come l’eterna Sophia sulle cui labbra posarsi e farsi voce. Sul cui petto abissale trattenere il respiro e ri-respirarlo poi, in sussulto d’ombra.
La mano sul ventre come infinita postura di arcaica statuaria, enumera le epifanie che reincarnano il Sacro al Feminino.
Mano che nascente nel passato-presente, per necessità, preserva l’al di qua dall’al di là della soglia.
Protegge e intima una distanza a chiedere un cambio di passo per accedere oltre il perimetro di circolare-in-bianco. Si apre e si cela il luogo del sempiterno silenzio per il farsi di misterici segni. Rinnovate tracce e perseguito suono e voce d’altrove.
Annuncio: si ode un verso: un gemere di eros. Inquietudini di natura nel barrito di cervi lunari.
Mistero conjunctionis: le nozze sacre sono a venire.
La Madre ha oscurato lo sguardo della filiae sapientiae, con velo di tenebra. Ora per lei sarà l’ignoto. Quell’Ade che nel rapire Kore la restituisce regale nel nome di Persephone.
Viviamo in un labirinto di viscere.
E se fosse femminile la voce di Dio?