Un nucleo di circa 20 opere tra sculture, disegni e pastelli di David Nash verrà esposto a partire da lunedì 14 dicembre 2015 alle ore 18,00 presso Gallerja, lo spazio per l'arte contemporanea di via della Lupa a Roma. E' questa una delle rare apparizioni dell'opera di Nash in Italia e nella capitale.

Lo scultore inglese, nato a Esher nel Surrey, ha trascorso lunghi periodi della sua infanzia nel Ffestiniog, Wales, dove il padre possedeva una foresta e dove Nash ha iniziato a prendere coscienza degli alberi e del legno con cui peraltro sono state realizzate numerose sue sculture. Dopo aver lavorato per un breve periodo per il Commercial Forestry Group, egli compie i suoi studi al Brighton College, al Kingston College of Art (dal 1963 al 1967) nonché alla Chelsea School of Art (1969-70); dal 1970 egli avvia la creazione di installazioni e sculture in tutto il mondo. L'opera di Nash, per le sue realizzazioni 'site specific' di maggiore scala, può, a buon diritto, essere annoverata tra le esperienze di arte ambientale più importanti sviluppatesi tra gli anni Settanta e Ottanta. Progetti e creazioni come Ash Dome, 1977, realizzato in un'area vicino alla propria abitazione nel Galles, disegnando una circonferenza costituita dalla piantagione di 22 frassini, tuttora in rigogliosa crescita, o Oaks Divided, 1985, realizzato mediante la considerazione di circa 600 alberi già presenti nel celebre parco di sculture del Kröller-Muller Museum di Otterlo in Olanda, danno un'idea del suo rapporto sia con l'ambiente naturale, sia con gli alberi considerati quali elementi vegetali viventi, ma anche, attraverso l'intervento artistico, creazioni plastiche in grado di contribuire alla morfologia e qualità ambientale dei luoghi. Queste opere di Nash, soprattutto negli anni Settanta, all'inizio dell'attività dei movimenti ecologici e ambientalisti – i quali ritenevano che la natura dovesse essere lasciata senza l'intervento umano – erano considerate trasgressive perché egli, all'opposto, invitava a intervenire con cura sulle piante.

Nash in quegli anni aveva osservato e avuto la lezione del lavoro artistico di Richard Long, il suo 'camminare' nei luoghi per comporre ordinatamente alcuni elementi che li caratterizzavano e successivamente fotografarli e recare altrove il risultato delle sue esperienze di filosofo-paesaggista. Ma Nash, a differenza di Long, ha pensato che bisognasse anche vivere stabilmente nei luoghi dove aveva piantato alberi per intervenire continuamente nel loro processo di crescita.

In generale Nash non assegna alcun significato rituale alle sue creazioni sul territorio, ma suscita e ottiene risultati di carattere pratico. In realtà egli non separa l'azione di carattere fisico e di coltivazione dell'attività e del sentimento spirituale che annette ad essa. Nash, come Andy Goldsworthy, dopo Richard Long, ha dato un grande impulso a una nozione d'arte realizzata sul territorio, tuttavia l'impegno è propriamente diverso da ciò che si è definito “Land art”.

Diversamente da Michael Heizer, Robert Smithson o Walter De Maria, dedicati a movimenti di terra, grandi tracce sul territorio oppure a sculture di dimensioni insolite che talvolta consideravano laghi salati, il sottosuolo o perfino eventi atmosferici, Nash esercita la sua profonda conoscenza del legno e degli alberi interagendo con la loro dimensione vegetale, con lo sviluppo e la crescita coinvolte con la vita umana e talvolta anche animale. E' il caso della scultura Sheep Space, 1993 un rovere gallese concepito e deposto in un luogo di transumanza di ovini che l'hanno adottato come loro riparo. Altre volte la sua scultura ha percorso ampi spazi, com'è il caso di Wooden Boulder, 1978, un'opera sferica in legno, scolpita da Nash, che dalle montagne del North Wales, nel corso degli anni, affidata alla corrente di fiumi, è arrivata fino alle rive dell'Oceano Atlantico. Di essa sono stati effettuati diversi avvistamenti fino al 2009, dopo di che Nash ne ha perduto di vista l'ubicazione rallegrandosene al pensiero che potesse essere stata combusta sulla sabbia tornando in tal modo alla terra da cui un tempo era sorta.

Dal 1967 nella sua scultura si distinguono ormai dunque due tipologie: da una parte le sculture che sono concepite per essere all'esterno e sono state realizzate en plein air, dove restano, dall'altra opere che sono ideate e presentate per stare in spazi interni architettonicamente definiti.

Queste opere spesso possono essere basate sulla geometria solida come cubi, sfere e piramidi. Nonostante in molti casi egli possa aver fatto uso del legno, come si può osservare nelle opere presenti in mostra a Roma Red Cut Column, 2011 o Raised Box, 1987 o Sliced Frame, 2013 e altre, l'identità finale della scultura non è determinata solo da esso. Tale aspetto va considerato anche nel caso dell'impiego del bronzo o del carbone.

La tensione che ha animato l'opera di Nash fino a oggi lo fa appartenere tanto alla grande tradizione della scultura in legno riferibile alla Colonna infinita di Brancusi quanto alla Structures di Sol LeWitt com'è evidente in Standing Telaio, 1994 oggi conservato proprio accanto a un'opera del grande Maestro minimalista presso il Walker Art Center negli USA.

Nash ha spesso bruciato il legno per realizzare grandi cumuli di carbone o sculture da inserire nei parchi come l'opera in quercia carbonizzata Nine Steps, 1988-89, installata all'aperto a Bruxelles, in Belgio. A proposito del suo lavoro, rispondendo a chi lo interrogava sul senso di esso, Nash ha in un caso risposto che ogni gesto umano – come ha affermato anche Mark Rothko – ha un contenuto e un'affermazione morale. Nel suo caso, egli avrebbe desiderato che chiunque si fosse imbattuto in una sua opera ne avesse ricevuto una percezione tale da stimolare la mente a continuare ad apprezzare il luogo stesso di cui il suo lavoro era stato una sorta di trampolino per la conoscenza. Ma Nash ha anche affermato che artisti come Long, e successivamente come Goldsworthy o lui stesso, cento anni fa avrebbero dipinto paesaggi. Oggi, invece, essi desiderano essere fisicamente e lavorare direttamente nel paesaggio.