L'incipit spiega in due semplici parole l'insegnamento che la pittura analitica ci ha lasciato fin dagli anni '70, grazie al retaggio di Filiberto Menna (fondatore della pittura analitica). Sempre in quel periodo - più precisamente nel 1965 - nasceva l'arte concettuale postulata dal noto artista americano Joseph Kosuth.

Bruno Bani, artista dell'oggi si trova esattamente lì in quell'intersezione, applica due stilemi che sente dal profondo del suo “Essere” alla sua visione escatologica del mondo. Siamo tutti sul filo di un rasoio e quel “filo” è un elemento ricorrente e predominante nella sua poetica.

Le opere di Bruno Bani al primo coup d' oeil - sia quelle pittoriche che quelle più marcatamente di design - potrebbero indurci a percepirne un certo rigore minimale ed è così! L'arte Minimale fu di fatto contraddistinta dalla produzione di grandi strutture geometriche cromaticamente essenziali e ispirate a fredde modalità puramente costruttive che privilegiavano una fruizione di stampo razionalistico. Emergono i fili ferrosi – quelli che noi percorriamo tentennanti, come se si trattasse di ponti virtuali e sottili, pescati e che s' innalzano dalle superfici dipinte con austerità, spesso monocromatiche, laddove è in atto uno scontro tra il piano bidimensionale (la tela) e quello tridimensionale ( il filo).

Il suo percorso creativo nasce primariamente dal suo amore per la fotografia per poi giungere a quello per la pittura. Da ciò si evince l'attenzione per l'immagine e per il dettaglio; peculiarità tipica dell'artista Bani, che fa della precisione un suo mònito.