WSI: Cosa sono i Podmork e da cosa deriva questo nome?
H: È una domanda che ci fanno spesso. Ogni volta do una risposta diversa, è così che si crea il mito. Ti basti sapere che sono l’emozione più pura distillata in una forma semplice, su cui riversiamo le nostre complicanze.

WSI: Il vostro nome d'arte è Hackatao, da quando vi chiamate così e cosa vuol dire?
H: Anche questa è una domanda a cui abbiamo risposto migliaia di volte. Non vorremmo sembrare impertinenti, ma perché nessuno ci chiede come mai ci chiamiamo Sergio e Nadia? E tu come mai ti chiami Marta?

WSI: La vostra arte è fatta d'amore, raccontateci i vostri rispettivi percorsi artistici che poi si sono fusi insieme dando vita ai Podmork.
H: È una storia lunga, di amore e di morte… Hum no, questo è Shakespeare. Diciamo così, c’è stata una configurazione di pianeti e astri che ha fatto sì che ci incontrassimo, ci sfregassimo e prendessimo fuoco. Come nella scienza alchemica più alta, sono nati loro, i Podmork, omuncoli totemici pregni di speranza, emozioni e arte.

WSI: Che vuol dire che la profezia dei Podmork è l'Anti-Paura?
H: Quando ti svegli alle 4 del mattino, con una legione di diavoli che ti danzano intorno, ecco è lì che capisci il valore di un Podmork e la sua Anti-Paura. Ti basta guardarlo per tranquillizzarti e tornare a dormire.

WSI: È vero che vi dividete tra Milano e l'Austria, perché tra le alte montagne diviene alta anche l'ispirazione?
H: È un'informazione datata. Ormai viviamo tra la Carnia (ai confini con l’Austria) e il resto del mondo. Ce ne siamo andati da un centro (Milano) per stabilire il nostro centro personale, una nostra speciale e unica dimensione. Che tanto poi è collegata con il Tutto. In Città, si vive solo un piccolo spazio, il resto sono spintoni. Qua fuori in mezzo al verde e ai boschi c’è un regno vasto, una cura per la miopia, un’infinità di stimoli e foglie secche. Humus, vita, eterno ritorno.

WSI: La nascita di vostra figlia Shadi è avvenuta in una data particolare, quale?
H: Anche qui fa strano. Stiamo notando che gran parte dei cambiamenti più significativi della nostra vita, sia artistica che quotidiana, cadono a metà novembre. Precisamente il 16, quando è nata lei, sono nati i Podmork. Prima i Podmork poi lei. Niente di calcolato. Solo un divertente Fato.

WSI: Che ruolo ha avuto il critico d'arte Igor Zanti nel vostro percorso?
H: Ci ha scoperti nei meandri di una galleria. Ci ha portato dentro il mondo dell’arte. Il confronto con lui ci ha fatto crescere. Ci manchi. Grazie Igor.

WSI: Partecipate con le vostre opere a molte mostre, potete citarne alcune tra le più importanti o significative per voi?
H: Abbiamo partecipato a diverse collettive importanti in ambito neo pop e pop surrealista sia in Italia che all’estero. La nostra prima esperienza fuori dal Paese è stata con la mostra Dadaumpop curata da Igor Zanti, che ci ha portato in tre città indiane, New Delhi, Calcutta e Mumbai, organizzata in collaborazione con il Ministero degli Affari esteri. E a settembre di quest’anno la nostra prima grande personale Deformography con la Galleria Allegrini Arte di Brescia, con più di 40 opere tra tele e sculture, rappresenta un passo importante per la nostra biografia artistica perché ci ha portati a raffinare le nostre tecniche e a fissare bene la direzione del nostro lavoro. Il confronto con la curatrice Julie Kogler ci ha aiutato a contestualizzare la nostra arte nel panorama contemporaneo. Anche le soddisfazioni venute dal nostro pubblico e dai collezionisti non sono mancate, tanti apprezzamenti a tutto il lavoro maniacale e folle che c’è dentro ogni opera. Oltre alle mostre, ritengo importante anche la nostra presenza alle fiere d’arte, sempre grazie ad Allegrini Arte. Le fiere sono un luogo di incontro significativo e di confronto con un pubblico di appassionati e di artisti. È qui che si vede se le proprie opere fanno parte del Sistema Arte… Come diceva Andy Warhol “un’opera è d’arte quando viene venduta”.

WSI: Di quali materiali sono fatti i Podmork, come sono costruiti, quanto tempo si impiega per farne uno, a cosa vi ispirate per ogni nuova creazione?
H: Sono fatti di quello che ci avanza dell’Anima. Hai presente quando hai uno spirito vitale dentro che ti sborda fuori e ti sporca in giro? Ecco noi lo abbiamo riversato dentro di loro e sulle loro livree. C’è tutto un mondo ancestrale di grafismi, figure e deformazioni che non so, non ci siamo mai cronometrati, so solo che ci mettiamo il tempo necessario per fare un lavoro curato nel dettaglio e nel senso. Ci fermiamo solo quando siamo pienamente soddisfatti.

WSI: È vero che anche la letteratura e il cinema costituiscono degli spunti forti per la vostra arte, potete farci degli esempi?
H: Siamo onnivori a volte un po’ cannibali. Cibarsi dell’arte altrui fa bene, ma bisogna anche assimilarla nel modo giusto evitando di copiare, altrimenti si rende il mondo piatto e non è giusto nei confronti dei nostri antenati che tanto hanno lottato per farci arrivare vivi fino qua. Se poi li copiamo non rendiamo loro onore. Mangiare le loro ossa va bene, ci dà struttura ma la forma la dobbiamo fare noi. Siamo stati un po’ vaghi? Tu vuoi dei nomi vero? Bruegel, Bosch, Escher, Bellmer e Picasso per quanto riguarda l’arte, per il cinema e la letteratura Kubrik, Tim Burton, Nietzsche, e tanti altri che non ci stanno.

WSI: Ascoltate musica mentre lavorate?
H: Un po’ la radio, un po’ la musica e tanti documentari di sottofondo che tengono la mente nel flusso.

WSI: Quale è il commento dei vostri estimatori che vi ha colpito di più? E quello invece di chi non apprezza la vostra arte?
H. Ricordiamo con piacere quello di un amico collezionista “ogni mattina guardo il tuo quadro e mi sembra di alzarmi in un mondo diverso”. In effetti guardando una nostra opera si può cogliere sempre qualcosa di diverso, che era sfuggito, che si era nascosto. L’idea che un quadro, nella sua fissità non stanchi mai ha del cinematografico, del narrativo. Chi non apprezza la nostra arte purtroppo se ne sta zitto, sarebbe bello sentirlo parlare, farebbe crescere.

WSI: È complicato inserirsi nel panorama artistico italiano, riuscendo a far diventare una passione una vera professione e quali differenze trovate con l'estero?
H: Uno studio di psicologia di non so chi, non ricordiamo, scopriva che gli studenti di arte che pensavano alla fama e al successo poi dopo la scuola non ci sono arrivati, mentre gli altri che invece pensavano e facevano arte con passione… avevano successo. Il nostro caso è simile, fare arte è prima nata come passione e necessità di fare cose belle. Cosa siamo al mondo a fare altrimenti? A perder tempo e a sprecare intelligenza? In Italia non è facile, ma in questo periodo storico c’è la possibilità di avere una visibilità che prima andava cercata e sudata, ora invece un’opera può prendere il volo nel mondo dei social e raggiungere il main stream più facilmente. Ma anche essere divorata dimentica o ignorata. Inoltre penso che la crisi stia facendo selezione, facendo emergere chi si impegna e chi ha un progetto a lungo termine, e tarpi le ali a chi si improvvisa o costruisce castelli in aria.

WSI: Secondo voi si nasce con la vena artistica o si può acquisire nel tempo?
H: Un po’ si nasce e un po’ va coltivata. Si può imparare a essere creativi se non ci si fa ammazzare o alienare dalla tendenza all’appiattimento che si nota in tutte le arti. Per creare qualcosa di originale, secondo noi, bisogna mangiare tanto e di tutto e poi dimenticarsene, seguire il proprio flusso. Confrontarsi con la Storia, sapere bene cosa non si vuole fare, ci si arriva anche per esclusione.

WSI:Perché vi definite degli artisti “borderline”?
H: Perché non ci sentiamo appartenere a nessuna corrente o gruppo o tendenza artistica. Un po’ le tocchiamo e un po’ le rifuggiamo. È una manifestazione del nostro carattere, riservato, ma presente nel panorama artistico.

WSI: Si è appena conclusa la vostra mostra personale Deformography curata da Julie Kogler, come è andata? Anche voi come Alda Merini vi svegliate in forma e vi deformate attraverso gli altri?
H: Bene. Sì, una esperienza totale. Un anno di lavoro a pieno regime, abbiamo tastato i nostri limiti umani, lavorando giorno e notte. Il nostro gallerista è rimasto stupito dei lavori e del tempo che ci abbiamo impiegato, sapendo quanto maniaci siamo e quanto ci vuole per realizzare un’opera. La curatrice Julie ha definito bene il nostro lavoro, ci ha dato la dimensione intellettuale giusta. Più che contenti. In un periodo dove è difficile portare persone in galleria, abbiamo avuto una presenza notevole, più di 200 persone la prima sera, poi un continuo durante i due mesi di permanenza. Una buona presenza di collezionisti che poi hanno anche concretizzato, e questo è importante perché abbiamo avuto la conferma che il nostro lavoro non è solo apprezzato a parole, ma anche in termini di investimento.

WSI: I social-network vi stanno aiutando a farvi conoscere?
H: Sì, anche se ultimamente ci poniamo molte domande sulla loro effettiva utilità. All’inizio sicuramente davano visibilità, ma non bastano, bisogna anche percorrere le vie classiche ed entrare in contatto con il concreto. La funzione della galleria d’arte è ancora fondamentale.

WSI: Quali sono i vostri progetti futuri? Pensate di dedicarvi ad altri soggetti?
H: Stiamo lavorando a una nuova personale a Città di Castello per la galleria Recò con un tema particolare legato al mondo del fumetto, ma con un approccio originale, di più non posso dire. Stiamo anche lavorando a una nuova forma di Podmork…

WSI: Un messaggio per i giovani che cercano ancora di trasformare la passione per l'arte, che sia essa pittura, scultura, musica, scrittura, recitazione, in un lavoro? Mi ci metto anch'io dentro :)
H: Segui il tuo flusso e non quello degli altri. Insisti, resisti, raggiungi e conquisti.

Per saperne di più:
www.podmork.com
www.facebook.com/Hackatao