La casa editrice livornese Sillabe, che lavora da molti anni nella realizzazione di opere riguardanti arte, pittura, scultura, architettura, cinema, musica, teatro, moda, fotografia e grafica, si è messa in gioco con un argomento quanto mai spinoso e ardito, Modigliani.

Amedeo Modigliani, artista maudit, maledetto, conosciuto come Modì, il nomignolo che lo accompagnerà per l'eternità, è da sempre stato il terrore dei critici d'arte per l’estrema difficoltà interpretativa dei suoi segni e quindi per l'attribuzione delle sue opere. Ancora di più Modì tiene lontani gli esperti dopo la famosa beffa delle tre teste in pietra ritrovate nel luglio del 1984 durante il dragaggio dei fossi di Livorno che vide cadere altre “teste”, quelle di alcuni studiosi famosi che entusiasticamente ne affermarono la sicura paternità all'artista.

L'impresa di Sillabe di dare alle stampe un libro che narra la storia delle “vere” sculture di Modigliani è quindi stata un’impresa coraggiosa anche se alla base di tutta questa vicenda esiste una organicità di fatti che fanno propendere alla reale appartenenza di questi lavori scultorei proprio all'artista Modì, come ha affermato l'editore: “è stato come costruire un puzzle con le tessere che si ricombinavano da sole”. Il libro è stato scritto da Maurizio Bellandi, nipote di quel Piero Carboni, che è stato custode fino al 1987 delle tre teste di pietra a lui care e che ha lasciato in eredità tra le altre cose anche un diario scritto a penna su un quaderno della sua storia.

All'età di sette anni, Carboni, rimase affascinato dal racconto di queste sculture che il marito di sua zia, Solicchio, tra l'altro ritratto dallo stesso Modigliani, gli narrò. Un giorno Solicchio lo portò a vedere in un sottoscala, quello che fu per alcuni mesi nel 1907 lo studio dell'artista, le teste coperte da un telo nero e un baule con dentro molte cose che Modigliani aveva lasciato e che gli disse sarebbe tornato a prendere. Solo dopo la Seconda guerra mondiale, quando tornò nella Livorno bombardata, Carboni riuscì a recuperarne tre delle cinque che erano, queste sculture lo accompagneranno per il resto della sua vita. Giuseppe Saracino, stilista livornese, vide nella carrozzeria del Carboni queste sculture e ne intuì subito il valore tanto da rendersi disponibile nei confronti dello stesso di fare luce sull'appartenenza dei lavori a Modigliani. Da questo momento inizia una storia a tinte fosche, fatta di processi, sequestri, ammonimenti, tentativi di omicidio, e morti che hanno segnato tutta la vicenda, un vero e degno romanzo noir. Una storia maudit, tanto da far sì che avvicinarsi all'affare Modigliani sia di cattivo auspicio.

Chi scrive è stato in qualche modo partecipe dei fatti inerenti le “vere” teste, ne ho vissuto il ritrovamento, e parte della storia dell'amico Giuseppe Saracino. Ho visto e toccato le tre sculture: la bellezza, la sapienza e la nera, tanto da aver percepito un’emozione forte e non è solo per la eleganza e la lavorazione accurata dei tre volti ma anche per il linguaggio nascosto dei segni. Il ripetersi del 6, il numero dei fori, 13, sui lati di un volto, riconducono alla simbologia della cabala ebraica delle quali sono pregne ed è un chiaro messaggio lasciato e ancora tutto da interpretare. Modigliani metteva la cabala in molti dei suoi lavori, che passano per linee del disegno a una prima lettura dell'opera ma che in realtà sono numeri che portano dietro messaggi. Saracino aveva dedicato gli ultimi anni della sua breve vita allo studio approfondito e meticoloso dell'artista e della cabala tanto da rendersi conto dell'importanza del ritrovamento e per la validazione di questi lavori combatté fino all'ultimo. Giuseppe poco prima di morire mi disse: “Stanne fuori da questa vicenda, non posso raccontarti, è maledetta, e trascina con sé chi vi si avvicina”.

Sillabe è stata coraggiosa, ha affrontato nuovamente l'osticità dell'argomento delle teste di Modigliani, di questi lavori condannati a un esilio eterno dal mondo dell'arte per la paura, in giudizio, di esporsi sia per un'autentificazione che per una dichiarazione di falsità. Per la presentazione di questo nuovo e interessante libro ha costruito una serata evento. Lunedì 9 maggio, presso il teatro la Goldonetta di Livorno, circa 200 persone, e molte non sono riuscite ad entrare, hanno partecipato alla magia che crea Modigliani: l'attore Michele Crestacci ha letto alcune pagine del libro, il musicista, concertista e compositore Federico Maria Sardelli ha condotto la discussione degli esperti Farinella e Falchini insieme all'autore Bellandi. La conclusione è stata affidata alle parole dell'editore Maddalena Paola Winspeare e alle note e voce di Vinicio Capossela con la sua canzone d'amore Modì, accompagnato dalla struggente fisarmonica di Massimo Signorini. Un libro, che sarà sicuramente un'altra pietra d'inciampo nel percorso Modigliani.