Matura nel Rinascimento l'arte di creare un disegno sul metallo con l'intenzione di farne un a copia su carta, solcandone la superficie con uno strumento a punta d'acciaio: il bulino. Da quel momento, la fedeltà a un disegno preliminare o la necessità di ottenere un certo effetto tonale accompagneranno l'arte dell'incisione e della stampa calcografica per oltre tre secoli e solo conoscendo questo “limite” si può comprendere l'apporto determinante di Stanley William Hayter per la rinascita dello sperimentalismo nel settore della grafica.

Hayter ha realizzato il suo ricco patrimonio di incisioni a colori, stampate secondo un metodo che da lui prende il nome, in più di sessant'anni di attività; il suo approccio sperimentale muove dall'incisione tradizionale affrontata con il disincanto e la libertà esecutiva di certe pratiche creative, quella surrealista ad esempio, che, facendo a meno dell'esigenza di volere riprodurre immagini predefinite, porta ad affrontare direttamente la lastra facendo ricorso ad affioramenti dell'inconscio. Liberandosi dalla necessità della mimesi e di una qualche fedeltà a un progetto, i differenti elementi spaziali che vanno a comporre la matrice sono il risultato della combinazione di varie tecniche (bulino, ceramolle, acquatinta) mentre i rilievi della superficie sono ottenuti allungando i tempi delle morsure. Trame, intrecci di linee e piani sfasati, diventano insiemi spaziali ottenuti dallo sfruttamento delle caratteristiche insite nella stampa in cavo. L'esito del lavoro, in Hayter, parte quindi da una ricerca sulla possibilità del mezzo attraverso il quale esplorare i valori di coerenza formale.

Questa libertà combinatoria abbraccia anche le fasi successive: quella dell'inchiostrazione della lastra attraverso l'uso promiscuo di tarlatana e rulli di differenti grandezze e spessori di caucciù che estendono, pescano, riportano e distribuiscono in maniera differente i colori accesi dalle diverse vischiosità; quella ludica dell'utilizzo di mascherature di carta (ma non solo), della rotazione della direzione della lastra, dell'andamento in diagonale, dell'impiego del colore degradé, elementi che agiscono come un secondo livello creativo sovrapposto al tessuto di superfici e alle trame di linee già ottenute dalla lavorazione del metallo. Infine il torchio, dove i vari colori della lastra adagiati nelle diverse superfici o penetrati nel profondo del segno si offrono alla stampa tutti insieme in un solo gesto, mantenendo la loro lucentezza, trasparenza e demarcazione.

La stampa a più colori utilizzava lastre multiple, una per ogni colore: il metodo combinatorio integrato di Hayter permette di stampare a colori simultaneamente. Non completamente prevista in anticipo, l'immagine finale risente della capacità dell'artista di gestire suggerimenti e reazioni della materia: fin qui niente di nuovo, questa è l'incisione in cui, spesso, passaggi intermedi e imprevisti aprono nuove strade e di questo vivevano i frequentatori dell'Atelier 17 gestito da Hayter, nella Parigi degli anni Trenta del secolo scorso. In quel clima e in quel luogo nel 1932, la morsura diventa “aperta” a seguito di un incidente di percorso di Max Ernst e come questa, molte altre procedure si riveleranno grazie all'approccio sperimentale incoraggiato e praticato da Hayter. Il suo lavoro ha determinato un'apertura delle pratiche tradizionale e un loro affrancamento dal ruolo in cui erano confinate: il reverenziale rispetto per la lastra cede il passo a operazioni simultanee di varie tecniche; la stampa a colori porta al superamento della sacralità del bianco e nero.

Hayter scompare nel 1988, ma sono molti gli artisti in tutto il mondo che portano avanti la sua ricerca, fra cui l'artista di origine argentina Hector Saunier, che ha appreso il metodo direttamente dal maestro, e la sua assistente Shi Lin Chen: le loro opere sono state in mostra a Ghiffa, sul Lago Maggiore, fino al 17 luglio; sempre sulle sponde del lago, a Verbania, lo scorso giugno i due artisti hanno tenuto un interessante e dinamico laboratorio, organizzato a Casa Elide Ceretti da Il brunitoio Officina di incisione e stampa. “Non pensare prima di fare vuol dire lasciare fuori la ragione e usare l'intuizione, cominciare a disporre a caso le forme, raggruppare, dividere, cambiare, fare altri accostamenti, ruotare finché la combinazione stessa delle forme che lentamente hanno preso consistenza suggerisce il modo di finire la composizione” affermava Bruno Munari nelle celebri lezioni alla Harvard University e “senza progetto” è l'esclamazione di Saunier quando gli si chiede come nascono le sue incisioni. Verbania come Harvard, ma al posto del foglio di carta, una lastra di zinco o di rame, al posto delle forbici e della colla, acidi, bulini, rulli, tele, tarlatane e i torchi.