MLF | Marie-Laure Fleisch è lieta di annunciare Counterlight, seconda personale di Maya Zack in galleria dopo quella del 2012, in cui viene presentato l’ultimo video realizzato quest’anno dall’artista, a conclusione ideale della trilogia iniziata con Mother Economy (2007) e Black and White Rule (2011). Ad accompagnarlo, una serie di disegni e collage.

La ricerca di Maya Zack si sviluppa attraverso diversi medium quali il video, l’installazione, il disegno, la fotografia, la scultura, ed esplora tematiche legate alla memoria e al suo carattere fragile ed elusivo, al tempo e alla storia. Attraverso un’indagine ad ampio spettro che si interseca con citazioni artistiche e cinematografiche e riferimenti storici, Maya mette in scena una personale interpretazione della realtà nel tentativo di ricostruirla, ordinarla e controllarla. Il risultato è una narrazione complessa che dona al suo lavoro un linguaggio riconoscibile e distintivo.

Le protagoniste femminili della trilogia di video compiono azioni solitarie, scandite da un ritmo incalzante e apparentemente fine a se stesse, nel tentativo di misurare e classificare la realtà registrandola ossessivamente. A livello visivo i video sono ambientati in archivi e spazi interni o domestici, dominati dalla presenza di fogli e carte, dissezionati con una precisione quasi scientifica. Le azioni, volte a catturare e decodificare la realtà, ricostruiscono nella coscienza dello spettatore l’immagine del presente e del passato attraverso una nuova articolazione della memoria.

Il video Counterlight, che dà il titolo alla mostra a Roma, è stato presentato per la prima volta al Tel Aviv Museum of Art lo scorso aprile ed è incentrato sulla figura del poeta Paul Celan, la cui opera è una testimonianza unica della sofferenza e dell’orrore vissuti, che ha dato adito a una complessa discussione riguardo la rappresentazione della memoria. Il suo pensiero ha portato Adorno, dopo un intenso scambio epistolare, a rivedere le sue posizioni iniziali, che negavano la possibilità della poesia dopo Auschwitz, e ad affermare: “Il dolore incessante ha tanto diritto di esprimersi quanto il martirizzato di urlare” [Dialettica Negativa]. Il video, metaforicamente ambientato all’interno di una fotocamera, si presenta come un viaggio surreale, fisico e mentale sulle tracce del poeta e della sua vita, rievocata da una donna ricercatrice che ne ricostruisce i frammenti e i ricordi attraverso scritti, fotografie, carte e diapositive. In sottofondo ascoltiamo estratti di registrazioni originali con la voce di Celan che recita passaggi della poesia “Engführung”.

L’archivista, dotata di matita, punteruolo, pennello, forbici e taglierino, interviene come un’alchimista in questa ricostruzione: compulsivamente spilla fogli, sottolinea parole e scrive numeri, proietta diapositive, compila tabelle, dispone e assembla frasi e parole. Su una grande mappa cerchia la città natale del poeta, Czernowitz, e, continuando ad effettuare misurazioni e a ritagliare con precisione chirurgica i materiali, posiziona sulle strade vecchie fotografie. Queste diventano quinte teatrali fino a farci penetrare la città, che prende vita con i suoi suoni sotto i nostri occhi per essere poi simbolicamente ricoperta dalla cenere. Ed è lì, in un interno domestico, che incontriamo idealmente la madre del poeta (morta in un campo di concentramento) intenta ad impastare il tradizionale pane Challah. Queste ultime sequenze, tra le quali si intrecciano immagini di vita e morte, ricordano per l’ambientazione l’opera Living Room (2009) e le azioni compiute dalla protagonista nel video Mother Economy. L’artista, che negli ultimi anni si sta interessando alle figure femminili che hanno circondato la vita di Paul Celan, dedica l’opera alla memoria di sua madre.

Maya Zack utilizza l’arte come strumento per affrontare l’assenza e la perdita della memoria attraverso un personale processo di elaborazione che dialoga con il reale e l’immaginazione. In una coesione tra avvenimenti storici e sfera privata del protagonista, essi sono fusi poeticamente insieme per dare nuovamente voce al ricordo e riportare alla luce gli accadimenti passati, sottraendoli all’oblio e restituendogli identità.

Maya Zack (1976, Israele), artista e filmmaker, vive e lavora a Tel Aviv. Dal 2008 insegna alla Bezalel Academy of Art and Design Jerusalem. Tra le mostre personali: Counterlight, Tel Aviv Museum, Tel Aviv (2016); Outlined Absence, Manifesta 10's parallel projects, Taiga Space, San Pietroburgo (2014); The Shabbat Room, Jewish Museum, Vienna (2013); Living Room, The Jewish Museum, New York (2011); Made to Measure, Galleria Marie-Laure Fleisch, Roma (2012); Mother Economy, The Jewish Museum, Media Center Gallery, New York (2011). Tra le mostre collettive: Das Kapital. Schuld – Territorium – Utopie, Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwart, Berlino (2016); Bibliology, Petach Tikva Museum of Art, Israele (2015); Back to Berlin, Herzliya Museum of Contemporary Art, Israele (2014); International Photography Festival, Israele (2014); The Drawingroom, Galerie im Taxispalais, Innsbruck (2014); The 3rd Moscow International Biennale for Young Art, Mosca (2012); Pluriel-Regards sur l'art contemporain israélien, Villa Emerige, Parigi (2012); Magic Lantern, Israel Museum, Gerusalemme (2011); Heimatkunde (How German is it? 30 Artists' Notion of Home), Jewish Museum, Berlino (2011). Ha ricevuto importanti premi e riconoscimenti quali: Isracard and Tel Aviv Museum Prize for Israeli Artist, Idud Hayetzira Prize – Israeli Ministry of Culture, Adi Prize (Adi Foundation and the Israel Museum Jerusalem), Celeste Kunstpreis Berlin, Israel Lottery Council of the Arts, CCA Tel Aviv.