Mi è capitato più volte di vedere esposti gli straordinari disegni in bianco e nero di Roberta Kali Agostini, nata a e tuttora residente a Poppi, nella valle del Casentino in Toscana. Colpito dalla potenza e dell’intensità dei suoi lavori, ho rivolto alcune domande all’artista.

So che per ciascuno dei tuoi disegni hai scritto una sorta di commento che mi fa chiedere: quale nasce prima, il disegno o l’idea?

Sì, per ognuno dei miei disegni col tempo scrivo un auto-commento che lascio in forma digitale e talvolta uso per farmi conoscere da curatori e critici (visto che non ho un sito e non sono su facebook). Ma i miei lavori non sono illustrazioni di un’idea, al contrario: prima disegno, colta da una sorta di processo interiore, una specie di scrittura automatica, di intuizione visiva, e poi, col tempo, arrivano gli auto-commenti. Questi ultimi sono apparsi sia perché le persone mi chiedevano spiegazioni in maniera spaesata e insistente, sia come forma di auto-indagine che mi serve per capire la mia opera, il mio mondo interiore e i suoi sviluppi. Ma mentre disegno non so letteralmente cosa sto per fare. Siccome il fiume di visioni che gronda dal mio inconscio è molto intenso in certi periodi, e visto che per fare un disegno, invece, ci vuole molto più tempo, ho cominciato ad appuntare in forma scritta queste visioni e a mettere tali scritti da parte per i tempi futuri. La visione arriva in un attimo, mentre vivo, mentre dormo e sogno, mentre medito (sono un'insegnante di Yoga) mentre canto, mentre prego o anche direttamente mentre disegno sul foglio: ecco che la vedo apparire e mi stupisce sempre...

Ho fatto la domanda precedente perché trovo un vigore, un’energia traumatica nei disegni, che sembra andare ben oltre il commento. Li vedi più come mezzi per liberare profonde tensioni ed energie inconsce, o come risposte razionali alla violenza del mondo?

Ho acquisito coscienza dell’Arte come terapia col tempo. Vedo l’Arte come un mezzo per tenere puliti i canali interiori affinché non si intasino procurandomi problemi di tipo anche mentale. Associo in quest’ottica l’Arte all’equilibrio derivante dalla pulizia e dalla purezza dell’anima. Vedo l’Arte sia come mezzo per liberare pulsioni inconsce profonde che come risposta, ma non so quanto razionale, alla violenza del mondo.

Tutte le tue figure sono femminili, sembrano amazzoni espressioniste contemporanee. Soltanto in Nutrimento celeste e Alberi ospitati e ospiti di alberi esse mostrano una certa serenità. Conoscendo la tua personalità calma e dolce, l’energia irrequieta dei tuoi disegni mi ha sorpreso molto.

Per quanto riguarda il mio temperamento "calmo e dolce" e l’irrequietezza che esce dai miei disegni, posso dire che gli esseri umani sono complessi. La psicologia è arrivata alla conclusione che possediamo vari centri, varie personalità, che il concetto di un centro solo è superato. La psicologia dello Yoga dice la stessa cosa da molto più tempo e spiega i vari centri e aspetti della mente dicendo che noi, in realtà, siamo un centro di Suprema Coscienza e Beatitudine che esiste al di là di tutto, sia della mente coi suoi vari centri e funzioni, che del corpo... Nell’Arte si sprigiona un aspetto di me che non è lo stesso che emerge dal mio atteggiamento con le persone. Ma questo aspetto esiste, e ho imparato, grazie all’equilibrio psichico che crescendo ho acquisito, a dare il giusto posto a tutte le tendenze consapevoli e latenti che sono in me. L'obiettivo di tale atteggiamento è vivere una vita in armonia con l’universo. Non sempre il mio umore è stato dolce e tranquillo in passato e l’Arte è uno spazio adatto a esprimere irrequietezza e dolore. Lì, queste emozioni possono toccare corde che generano incanto e catarsi nello spettatore oltre che in me. Possono cioè diventare utili oltre che a me anche al mondo. La dimensione dell’Arte, appunto, è una dimensione positiva perché è positivo l’atto creativo in se stesso. Questo prova anche che riesco a gestire l’irrequietezza che mi anima. Diversamente, se quest’umore facesse un'irruzione disordinata nella mia vita, correrei il rischio di essere ostracizzata, incompresa, dannosa per il mondo o di incorrere, nella peggiore delle ipotesi, in qualche malattia mentale grave, rischio che non sono sempre riuscita a evitare in un mio lontano passato, ad esempio.

A volte parli delle tue figure come creature femminili, a volte come donne. I corpi sono tesi, le estremità ricordano pugnali, i seni ricordano lame o bastoni, i nasi e le bocche, becchi, uncini o pinze. Come concili quest’aspetto diabolico o grottesco con la tua dichiarata empatia per le donne vittime della violenza maschile?

Lo concilio asserendo che è saggio trattare meglio le donne poiché le donne, in realtà, sono anche la Natura e la Natura è Sacra. Una società che non le ama e che non le rispetta, come una società che non ama e non rispetta la Natura, non avrà lunga vita e sarà sempre perseguitata da qualcosa: disastri naturali, carestie e così via ... Trattare male l’altra metà del cielo, anziché cercare con essa un equilibrio, un dialogo, farà sì che o in questa vita o nelle vite future, qualcosa di negativo ritornerà a noi. Le creature femminili dei miei disegni ci avvertono di questa eventualità con le loro forme: queste creature non sono trasformate dalla violenza subita in esseri paurosi ma fanno paura per puro senso di compassione verso chi le attacca. Perché avvertono l’osservatore e il male intenzionato dei rischi che correrà in futuro chi le maltratterà. Si può asserire anche che utilizzino la propria immagine per difendersi, per proteggersi oltre che come avvertimento … Non raffiguro esseri diabolici bensì la Grande Madre terribile in quanto componente psichica di ogni donna: il carattere elementare negativo dell’archetipo junghiano della Grande Madre. Ogni donna nasconde una scintilla di questo archetipo, questa divinità, dentro di sé. È un invito per tutti noi a divenirne più consapevoli e a risvegliarla: se questa Grande Madre terribile ci rimarrà sepolta nell’inconscio, ci accadranno eventi funesti e non riusciremo mai a comprendere perché. Né saremo mai in grado di mettere a frutto gli eventi negativi, né la nostra stessa aggressività di donne. È importante comprendere che l’aspetto negativo e l’aspetto positivo della Grande Madre non appartengono a due entità diverse ma sono, come dire, due umori differenti manifestati dalla stessa entità non duale. La sua cattiveria ha sempre uno scopo evolutivo e positivo. Ciclicamente le rose vanno potate, giusto?

La rappresentazione quasi brutale, “in flagrante” dei corpi nudi femminili va ben oltre l’erotico. Questo è particolarmente evidente nel disegno ispirato ai culti di fertilità. L’atmosfera di quest’opera mi sembra densa di violenza, mentre tu ne sottolinei l’aspetto di tristezza. Sei consapevole di una certa tensione tra questi aspetti?

La rappresentazione di corpi nudi che non vogliono sedurre nessuno ma, anzi, divenire il teatro scenico della condizione umana, è una spontanea scelta di purezza spirituale (mi sembra in generale che un corpo nudo non possa mentire perché ha meno cose a cui aggrapparsi per farlo). Anche l’assenza di colore, che mi rimanda all’integrità, al silenzio, ad aver rinunciato di compiacere lo spettatore attirando la sua attenzione, è una scelta di purezza. Il pianto della creatura femminile durante l’amplesso con un albero in fin di vita da un lato e il volto sereno di chi sta straziando, contemporaneamente, di poppate i suoi seni dall’altro, rimandano a una tensione fra opposti che è, e rappresenta di fatto, uno dei misteri stessi dell’esistenza. Se sono consapevole di questa tensione fra opposti? Diciamo pure che la lascio fluire con il respiro, la lascio emergere nell’opera disegnando senza ragionare, in preda a una sorta d’istinto liberatore e poi, col tempo, imparo a divenirne consapevole attraverso un moto introspettivo. Mi aiutano, spesso, le domande degli osservatori e dei fruitori della mia Arte, la loro curiosità, ma non sempre sono in grado di dare a tutti una risposta, almeno subito. Certe volte rimango incantata di fronte a un mistero esistenziale che si dispiega nei miei disegni, che vive in profondità dentro di me e che magari attendo di poter comprendere un giorno. La filosofia dello Yoga dice che la tensione tra opposti appartiene al mondo e alla dimensione della molteplicità e della transitorietà e che è illusoria. In realtà c’è un sub-strato di tutto che è uno e non duale. Raggiungere l’unità con questo sub-strato e trascendere così le tensioni fra opposti è l’obiettivo dello Yoga e dei miei disegni come pratica yogica. Diciamo pure che mi avvalgo del disegno per purificarmi da ogni tensione fra opposti e da ogni emozione vincolata e vincolante che la tensione tra opposti comporta. Attraverso il disegno ho modo di trascendere e andare oltre tante emozioni che, diversamente, dominerebbero ancora la mia vita provocandomi attaccamenti. Attraverso il disegno ho modo di osservare queste emozioni con il dovuto sereno distacco, non sono più come un turbine confuso di nubi che confonde il mio cuore: stanno sul foglio, immobili e lì sono addirittura interessanti da studiare, curiose da mostrare.

Roberta Kali Agostini nasce nel 1974 e abita nel Casentino, in Toscana. Nel 1992 si iscrive all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Firenze, ma poco prima di concludere gli studi abbandona l’Istituto e si dedica per qualche anno a una ricerca artistica da autodidatta e libera creatrice. In seguito, una profonda crisi personale la porta a bruciare tutto il lavoro artistico prodotto fino a quel momento e a interrompere ogni attività per dieci anni. Dal 2014 rincomincia a produrre nuove opere, che sono apparse in varie mostre collettive e individuali, sia in Italia (Firenze, Roma, Napoli, Venezia, Forte dei Marmi) che all’estero (Londra e Obernberg, Austria).