La modernità è l'azione nel suo acme e nel suo divenire acme. Punto di vertigine delle emozioni e dell'intuizione delle stesse.
Caravaggio ritraeva i suoi soggetti attraverso l'uso degli specchi. Costruiva la scena con le tecniche dell'illuminazione emotiva. Esprimeva il contenuto dei suoi dipinti nella verità di un sentimento lombardo e al contempo universale.

La mano dell'uomo dell'era moderna è stata la mano di Caravaggio nel suo muovere le emozioni e renderle spendibili nell'etere. Oggi tutto è subitaneo e immediato e questo è ciò che la modernità ha espresso nella velocità di trasmissione delle situazioni umane ed è ciò che con costanza insegue.

L'arte del '600 contiene la perfezione nel lasciare il fruitore dinanzi al frutto più vero delle sue manifestazioni e nel mentre tutto muta, evolve e si dissolve. Il tempo ha una velocità soggettiva e se non esiste è perché l'arte ci parla di quanto siamo sempre al medesimo anelito di sentimento. Non la prima messa in scena ma la seconda e la terza possono essere meglio. La messa in scena caravaggesca era quella del teatro elisabettiano e il mondo rifletteva sul moto umano in maniera tridimensionale e dissacrante. Non dunque la prima scelta ma la seconda che non giunge subitanea e porta in sé informazioni che possono determinare crescita. Non la costruzione di quanto ci aspettiamo ma l'espressione di quanto c'è.

Se Caravaggio avesse stabilito il segno odierno del comunicare? Se fosse connettibile alla nascita della narrazione filmica nella sua imperitura riproducibilità di sensazioni, storia e immagini al pieno del movimento? Se fosse nell'etere da più di 400 anni e si ponesse nell'Arte come suggerimento di un procedere ansimando di stupore per la bellezza della verità?

Noi uomini tracciati nel mondo da mille tracciatori non riusciamo ad avere tridimensionalità e forse siamo connessi non nell'etere ma nell'“attraverso” e dunque il “Ti giungo”, “Ti raggiungo” sono segno di questa rappresentazione venerea e pandemica. Caravaggio definiva meglio i contorni narrati osservando la realtà dalle superfici specchiate e questo era un mezzo di concentrazione sui contenuti. Oggi lo specchio non è visibile e soprattutto non riflette ma espone senza trama.

La comunicazione dell'oggi si fonda sull'esigenza di essere sempre connessi, ma la connessione è obbligo espressivo e del contenuto poco si parla. Nell'arte la connessione arriva all'acme del contenuto che non ha contratto ma solo emozione e da Merisi ci giunge ancora aprendo percorsi possibili.