Otto Zoo presenta Cronache Selvatiche, un’installazione di Daniele Girardi (Verona, 1977).

La project room continua il programma di mostre dedicato al tema del rapporto della pratica artistica con la Natura, iniziata in autunno con il progetto del collettivo TSSR.

Il lavoro di Daniele Girardi è un tentativo di entrare in contatto con la “wilderness”, con l’ideale di una natura non contaminata dalla mano dell’uomo, la stessa che aveva sconvolto Theodor W. Adorno che raccontava il paesaggio americano come sconsolante, crudamente selvaggio e mancante di morbidezza.

Il dubbio se questi luoghi esistano ancora o siano soltanto simulacri di un abbandono del paesaggio da parte dell’uomo, è sempre presente nel suo esplorare. Ma un senso di mistero, d’ineffabile e per assurdo di claustrofobico, come solo il grande groviglio selvatico può suscitare, ha il sopravvento su qualsiasi questione antropologica, politica, geografica o archeologica.

La sua ricerca si svolge per la maggior parte attraverso residenze, cammini, bivacchi, percorsi che compie in posti incontaminati e lontani geograficamente da Milano, come l’America, il Nord Europa, ma anche vicini e incredibilmente fascinosi come la Val Grande: l’area integrale più estesa e selvaggia d’Italia, al confine con la Svizzera.

L’esplorazione, geolocalizzata minuziosamente, viene lasciata al caso come esperienza quotidiana ed è il fulcro del suo lavoro, la sua azione perfomativa: una lunga pratica di resistenza e di silenzio, il tentativo di organizzare una poetica cartografica, di entrare in contatto con il “mai visto”. Tutto il resto è una documentazione di questo viaggio nella natura: oggetti, foto analogiche, video, disegni, mappe, tracce, orme, resti.

Cronache selvatiche è un’installazione in cui Girardi tenta di mostrare le testimonianze di alcune delle sue attraversate più recenti. Su una struttura lunga e irregolare, realizzata con legni grezzi come fosse la base di un ponte estemporaneo, che si snoda attraverso lo spazio della galleria, sono collocati alcuni reperti della sua esperienza. Gli oggetti, le foto e i video, parlano di un mondo pastoso, terroso, buio, misterioso, umido, sporco, dove si sente il contatto con l’essenza della “wilderness”, tanto amata dall’artista, che non ha nulla di accogliente e consolatorio.

A margine dell’installazione, sono esposte due moleskine che fanno parte della serie di diari di viaggio (Sketch Wild Book) che Girardi abbandona e poi recupera, segnati dal tempo e dagli agenti atmosferici, e su cui poi interviene riassemblandole, fino a farle diventare memorie scultoree delle esplorazioni.

Daniele Girardi vive e lavora a Milano. Dal 2006 inizia dei soggiorni americani con residenze a New york all’ISCP (International Studio Curatorial Program) e a San Francisco.

Il rapporto tra esperienza e visione innesca vari nuclei di lavori, tra cui il progetto “I Road” realizzato nel deserto tra la California e il Nevada e “The Great valley project”, ambientato nell’area wilderness più estesa d’Europa. Partecipa a diverse esposizioni sia in Italia che all’estero, tra cui la Quadriennale di Roma (2004), la Biennale di giovani artisti a Mosca (2008). Nel 2009 tiene una personale collegata all’Istituto di Cultura di San Francisco. Le sue opere si trovano in collezioni private e pubbliche, come il MACRO di Roma e la Galleria d’Arte Contemporanea “Palazzo della Ragione” di Verona. Attualmente è impegnato nel progetto North Way, un ciclo di residenze nelle foreste del nord Europa, tra Norvegia, Svezia e Finlandia.