Nel 1862 Alfonso d’Avalos, l’ultimo esponente del ramo di Vasto, Pescara, Francavilla, Troia e Montesarchio, lascia in legato la sua raccolta alla Pinacoteca Nazionale di Napoli. La donazione, contestata dagli eredi, è oggetto di una lite giudiziaria che si conclude solo nel 1882 con il trasferimento delle opere al Museo Borbonico.

La collezione, che presenta una varietà di gusto dovuta al complesso evolversi della dinastia, ramificata nel Cinquecento in diversi ceppi, si compone di ricami, miniature, stampe, armi e dipinti: dai paesaggi fiamminghi alla pittura devozionale di piccolo formato, dai grandi maestri del Seicento, quali Ribera, Pacecco De Rosa, Andrea Vaccaro, Luca Giordano, alle imponenti nature morte di Giuseppe Recco, Giuseppe Ruoppolo, Abraham Brueghel.

L’attuale allestimento rispecchia in parte la raccolta ordinata da Andrea d’Avalos principe di Montesarchio, raffinato quanto mondano personaggio del Viceregno napoletano, che a partire dalla seconda metà del Seicento dà alla collezione una precisa fisionomia raccogliendo un cospicuo nucleo di pittura napoletana seicentesca, selezionando e commissionando dipinti dal forte valore decorativo, come le nature morte e le opere dai temi sensuali tratti dalla storia, dalla mitologia e dalla letteratura.