La galleria C+N Canepaneri è lieta di presentare la mostra retrospettiva dedicata ad Arturo Vermi : Esperienza e scrittura in Arturo Vermi.

Le opere in mostra, attraversando il percorso dell’artista, permettono di comprendere il rapporto con il segno che ha caratterizzato tutta la sua ricerca.

Nei suoi vent’anni di carriera, iniziata negli anni ’50 a Milano quando Brera ne rappresentava l’ombelico intellettuale ed artistico, passa da un’iniziale ispirazione espressionista, all’arte informale, per poi dedicarsi al segno per quasi tutta la sua carriera, a partire dalla breve esperienza del Gruppo del Cenobio, e terminare con un ritorno all’immagine e alla poetica della felicità. Fondamentale per lo sviluppo della sua ricerca artistica la permanenza a Parigi tra il 1959 e il 1961.

Qui nascono le Lavagne e come logica successione i Diari, segni verticali e paralleli, che a tratti s’infittiscono o diradano per spiazzare lo spettatore e portarlo a riflettere sul tema del vuoto e che la moglie Anna descrive “una pagina scritta senza la dittatura della parola". Questi lavori sfociano in opere più complesse e con evidenti richiami al mondo infantile. Le Storie di Mago Sabino ad esempio mettono l’accento sulla fase in cui l’essere umano non è ancora schiavo della calligrafia e della parola, ma comunica attraverso simboli e segni. Vermi si riferisce all’infanzia del singolo e dell’Umanità: è con le barre verticali poste una accanto all’altra che l’Uomo inizia a compitare e quindi, in un certo senso, a scrivere.

Col passare del tempo le campiture di colore su cui imprime il suo gesto cambiano, arrivando negli anni ’70 all’uso di oro e argento, certamente il loro valore simbolico e l’idea d’eterno che sono in grado di veicolare hanno avuto grande importanza nella visione dell’artista; ma è la loro capacità di rifrazione della luce a farglieli preferire. Alle carte e alle tele si aggiunge un’abbondante produzione su tavole di legno. L’amicizia con Lucio Fontana e il suo influsso lo porteranno a produrre Paesaggi, Approdi e Piattaforme, su basi che da Fontana mediano la discontinuità dello spazio. Nel 1980 lavora a un nuovo progetto: le Sequoie, dette anche I 100 Comandamenti, in cui il Diario diventa “Tavola della legge” quando trasposto su supporti lignei dorati. Nel 1981 intraprende un viaggio sul monte Sinai che termina con il lancio simbolico della sua opera in un atto di restituzione al cosmo e allo stesso Mosè, per liberarsi di questa fase e proseguire la sua ricerca altrove.

Da questo momento decide di occuparsi solo di “cose belle, avvenimenti felici”. Individua la causa principale dei nostri disagi nella scansione forzata del tempo, quindi getta l’orologio e inventa l’Annologio, opera in cui il tempo si misura non in ore, ma in giornate. Contemporaneamente lavora ai Colloqui e a Luna-Terra-Sole, tornando progressivamente all’arte figurativa come conclusione del suo percorso artistico. La mostra rende omaggio ad un artista che ha attraversato gli anni cruciali della produzione artistica italiana della seconda metà del secolo scorso lasciandovi un’impronta personale e significativa. Trascurato troppo a lungo, oggi richiama l’attenzione di storici, critici e galleristi che stanno riconsiderando la sua figura e la sua produzione.