Federico Luger (FL Gallery) ha il piacere di presentare la prima mostra personale in Italia dell’artista José Antonio Hernández-Díez (Caracas, 1964).

Artista concettuale venezuelano che ha iniziato a distinguersi negli anni ’80, Hernández-Diez può vantare diverse mostre di rilievo: la mostra personale al New Museum di New York, curata da Dan Cameron e Gerardo Mosquera, la mostra presso il Site di Santa Fé, le partecipazioni ad Aperto nel 1993 e alla Biennale di Venezia nel 2003, tra le più rilevanti.

L’artista utilizza materiali ripescati “per la strada” come ad esempio i monopattini, le biciclette, le pantofole, i piatti e altre apparecchiature audiovisive, al fine di sviluppare un’iconografia personale che faccia riferimento oggetti familiari della quotidianità domestica. Gli oggetti comuni diventano straordinari attraverso la provocazione, l’uso del black humor e la variazione delle proporzioni di Hernández-Diez. L’artista manipola gli oggetti, spesso riconfigurandoli fisicamente in maniera tale da distorcere la quotidianità, inserendovi una componente filosofica ed emotiva. Gli elementi della sua infanzia venezuelana si mescolano con degli altri che fanno riferimento ad una cultura pop più globale.

Il titolo della mostra, “Bisogna fermare questo”, deriva da un momento critico per la storia del Venezuela. La serie dei lavori inediti di Hernández-Diez ha inizio da una progressione di fotografie che ritraggono una rinomata fabbrica di freni, con sede a Puerto Cabello, in Venezuela, la quale negli anni novanta rappresentava un punto di riferimento di eccellenza per il controllo della qualità dei suoi prodotti. Questa fabbrica, dopo essere stata nazionalizzata dal governo di Rafael Caldera (Presidente socialista che concesse l’indulto a Hugo Chávez) modificò il suo modo di lavorare, perdendo progressivamente la capacità di mantenere alto il controllo della qualità grazie al quale aveva sempre primeggiato tra le concorrenti. Hernández-Diez interpreta questo evento come una premonizione di quello che sarebbe stato il futuro politico della nazionalizzazione dell’industria venezuelana condotta da Hugo Chávez.

La mostra presenta una serie di sculture realizzate con i dischi dei freni consumati sopra i quali venne incisa una serie di immagini appartenenti all’iconografia della storia contemporanea del Venezuela: manifestanti, studenti,oggetti, scudi, polizia, armi da fuoco, criminali, la Costituzione, persone in moto, incappucciate, bottiglie di rum e di birra, politici... Jose Hernández-Diez ci propone una metafora, un’idea che ci permette di riflettere sulla crisi che sta attraversando il Venezuela: la paura di perdere il freno, di non potersi fermare, di perdere il controllo, ci trasporta nel Venezuela di oggi, un paese allo sbando che vive uno stato anarchico, precisamente senza freni...