Erano i primi di novembre 2017 quando si è inaugurata, al Palazzo Pretorio di Pontedera, la mostra Dalla trottola al robot. Tra Balla, Casorati e Capogrossi. Una mostra che mette a confronto per la prima volta due universi, quello delle opere d’arte e quello dei giocattoli. Sono sei le sezioni in cui è stato strutturato l’argomento: la casa, in particolare la stanza dei bambini e le rappresentazioni miniaturizzate di abitazioni e di case di bambola; bambini che apprendono; il viaggio; teatro e circo; giochi senza età e, infine, la stanza dei robot, attuata in collaborazione con l’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Ci sono i giochi fatti dagli artisti, sorprendentemente belli e che stimolano il desiderio di averli e usarli per divertirsi. C’è la splendida collezione di giocattoli d’epoca, di proprietà del Comune di Roma, che hanno dato spunto a Daniela Fonti, in collaborazione con Filippo Bacci di Capaci, alla creazione di questa esposizione. Sono presenti 110 artisti, scelti fra quelli attivi fra il 1860 e il 1980 che si occupano di giocattoli o di bambini che giocano, a testimoniare il modo in cui il gioco infantile si rappresenta e si interpreta nelle arti figurative. Vedere la mostra e novembre è stata una prima sintonizzazione con lo spirito magico del Natale.

Ora, passato il periodo natalizio, dominato dalla voglia di favole e di gioco, la mostra continua a vivere come interessante documento sull’infanzia e sulle scelte pedagogiche del tempo, frutto di un modo di rapportarsi al mondo dei bambini molto diverso dall’attuale. In particolare offre incontri per approfondire le numerose tematiche che la sostanziano.

Ben più effimera è la vita dei presepi, destinati a durare da una settimana prima delle feste fino al massimo alla fine di gennaio, solo però quando si tratta di opere di rilevanza artistica, animate meccanicamente e rese vive dalle luci intermittenti. Fa eccezione il Presepe Vivente di Casole d’Elsa, di gran lunga il più articolato e composito presepe mai creato, al suo ventesimo anno. Non che sia in mostra tutto l’anno, praticamente però il paese tutto è impegnato per dodici mesi alla sua realizzazione, chi a raccogliere strumenti di lavoro antichi e suppellettili per creare le scenografie, chi all’ideazione dell’allestimento, chi a cucire i vestiti di scena. Per dare un’idea, sono 350 gli attori e comparse che vestono circa 400 costumi realizzati interamente a mano, il tutto distribuito su una superficie di 30.000 metri quadrati.

Ben 30 sono le scene che si svolgono in contemporanea, sia quelle classiche della natività che quelle che riproducono un vero e proprio villaggio dell'epoca. Ci sono 100 animali vivi, cavalli, cammelli, asini, pecore e galline, il cibo è tutto vero e cucinato tutto sul momento, con frutta fresca in grande quantità ad arricchire i banchetti. Il percorso completo riservato agli spettatori è di un chilometro e si snoda per le vie del centro storico di Casole D’Elsa. Sapendo quanto importante sia questa opera collettiva così grandiosa, ci sembra giusto parlarne ancora dando dei suggerimenti che la rendano più fruibile.

Il presepe è composto da una sequenza di ambienti che si snodano per le strade del paese, uno accanto all’altro, da quello dove si tingono le lane al panificio, alla bottega, al vestibolo di casa con la famiglia e i suoi servi, alla stalla con gli animali. E ciascuno riproduce la realtà, con persone che eseguono le azioni che vi si svolgono. Vedere questo presepe, quindi, comporta un percorso da una scena all’altra, in un palcoscenico dilatato oltremisura, che vuole creare, laicamente, le condizioni storiche in cui è avvenuta la nascita del bambino Gesù.

Le prime scene, novità di quest’anno, sono animate dalla recitazione: assistiamo a una vendita di schiavi, che un incaricato dell’imperatore Erode cerca di comprare al minor prezzo possibile, denigrandone ora la dentatura, ora la corporatura. Gli attori sono dilettanti, molto a loro agio, spontanei, senza copione, indossano bei costumi e sono circondati da centurioni a cavallo. Un incipit di largo respiro, con lo spazio adeguato a vedere la scena e la possibilità di gustarla. Poi il percorso diventa più stretto, con salite alternate a discese. Passiamo di fronte al panificio che emana un buon profumo di pane fresco. Dall’altra parte della strada oci in gabbia e pecore libere.

Da qui in poi si cammina su di una passerella, così stretta che non ci si può fermare a guardare artigiani e contadini del villaggio sotto di noi, intenti ad ogni genere di mestieri, per via della folla che arriva copiosa sulla passerella. E se preparassero(hanno tutto l’inverno per farlo) dei punti in cui la passerella si allarga per fare posto ad alcune delle scene, così da poterle illustrare agli spettatori portandole alla loro stessa altezza? Lo stretto sentiero alla fine si allarga di nuovo. Lì troviamo la bella scena conclusiva: in lontananza, la capanna illuminata, con la Madonna che tiene fra le braccia il bambino, e, sulla strada, Giuseppe che ci accoglie donandoci alcuni semi bene auguranti. I visitatori della scorsa edizione, attratti da questo straordinario spettacolo, sono stati 27mila. Ma vogliamo far loro trovare, alla fine, un punto di ristoro? Lì potrebbero informarsi sulla via d’uscita (non chiaramente segnalata) e bere qualcosa, per rendere questa opera corale sempre più bella e frequentata.

Per prenotazioni: info@pontederaperlacultura.it