Shirin Neshat è un'artista iraniana nata a Qazvin, in Iran. Dopo aver conseguito gli studi in California, a Berkeley, durante gli anni Settanta (proprio dagli Stati Uniti segue la Rivoluzione Islamica del '79), si stabilisce a New York. Pluripremiata a livello internazionale, riconosciuta come una delle artiste più acclamate del panorama contemporaneo, Neshat inizia la sua ricerca artistica approcciandosi alla fotografia e interrogandosi sull'identità della donna. Il suo primo lavoro come fotografa ha avuto origine da un viaggio in Iran nel 1993, dove ha esplorato i concetti di esilio e identità umana ponendo l'obiettivo sulla figura femminile. Verso la fine degli anni Novanta si cimenta in una serie di video-installazioni che esplorano la donna e le differenze di genere nella società (la trilogia comprendente Turbulent del 1998, Rapture del 1999 e Fervor del 2000 indaga proprio i concetti di genere e società, individuo e gruppo).

Dalle indagini sulle leggi islamiche riguardanti le donne, Neshat estende gli orizzonti verso nuove forme narrative che guardano all'universo femminile collettivo, uscendo dalla restrizione geografica dell'Islam. L'indagine della donna diventa così indagine del mondo femminile, della collettività femminile. Si parla quindi di video come Soliloquy (1999), Possessed (2001), Pulse (2001) e Tooba (2002), insieme al film Passage (2001).

È da queste premesse artistiche che ha origine il suo primo lungometraggio Women Without Men (adattamento del romanzo di Shahrnush Parsipur), che ha vinto il Leone d’Argento al Festival di Venezia nel 2009, e che è stato riprodotto due anni dopo in una mostra al Palazzo Reale di Milano, nella sala delle Cariatidi. Nel 2014, Shirin Neshat è stata premiata dal World Economic Forum di Davos ricevendo il Crystal Award.

Dalla narrazione allegorica di un Iran oppresso e sottomesso (Women of Allah 1993-97) alla denuncia del fanatismo religioso sulle donne iraniane (Women Without Men 2009), fino all'indagine sui giovani iraniani del Movimento Verde del 2009 che chiedono le dimissioni dell'allora presidente Mahmoud Ahmadinejad (Book of Kings 2012): Shirin Neshat ha scavato nell'universo femminile iraniano per approdare, nel corso degli anni e della sua carriera fino ad ora, a un'indagine sociale e umana. Il suo lavoro e il suo punto di vista sulla società musulmana si basano sulla sua personale esperienza di artista (e donna) in esilio, che guarda da lontano la sua terra d'origine maltrattata.

Da una prospettiva personale, i lavori di Neshat diventano narrazioni sulla collettività umana: “(...) my work is not autobiographical. My work has a personal perspective, but it cares a lot about the world. It’s my personal existential anxiety met with my sociopolitical anxieties about the world, which very immediately affects and defines the life that I live. That’s why they become so urgent. When President Trump decides that Iranians cannot enter or exit the US, it immediately threatens my life: where do I go? But even though I have lived outside and have no problem with censorship or lack of freedom of expression, I still work within a particular parameter that is not so overtly expressive: with poetic language everything becomes very subversive” (dichiarazione di Neshat durante un’intervista al Canadian Art lo scorso anno).

I lavori di Shirin Neshat sono concettuali e umanistici, collettivi e simbolici. Inglobano, racchiudono e comprendono. Ci riguardano, da vicino. Ci pongono di fronte a delle domande sulle differenze di genere nella società, sul ruolo della donna come artista, come personaggio "in carriera", come persona che aspira e tende a qualcosa di specifico.

E sarà proprio il confronto tra donne, le lotte, i sacrifici e le battaglie di una neo artista che insegue la sua icona femminile al centro dell'ultimo lavoro di Shirin Neshat, Looking For Oum Kulthum in collaborazione con Shoja Azari. Presentato in anteprima mondiale a Venezia (sezione indipendente Venice Days – Giornate degli Autori della 74. Mostra Internazionale d’arte cinematografica della Biennale di Venezia), Looking For Oum Kulthum ha ricevuto il riconoscimento di critica e pubblica ed è stato premiato, lo scorso anno, dal Principe Hitachi con il Premio Imperiale.

La ricerca artista di Neshat non finisce, continua a indagare e cercare una motivazione personale che possa essere momento di condivisione e riflessione collettiva. I suoi lavori attingono al substrato islamico ma risentono della cinematografia d’autore degli anni Sessanta, dello stile documentaristico americano, del realismo magico sudamericano che ha influenzato parte della letteratura americana ed europea moderna e contemporanea. L'intenso lavoro di Neshat sull’identità della donna pone al lettore e all'osservatore una differente possibilità di lettura, una nuova prospettiva che parte dal medio oriente per allargare lo sguardo alla collettività, in un connubio perfetto che aspira all'avvicinamento di Oriente e Occidente.