L’associazione culturale Officina 15 con il patrocinio del Comune di Castiglione dei Pepoli, ospiterà negli spazi della propria sede, dal 28 aprile al 9 giugno 2018, una mostra dedicata a Irene Fenara (1990) giovane artista bolognese laureata all’Accademia delle Belle Arti a Bologna.

La mostra fa parte del progetto artOFF, un progetto di promozione artistica nato all’interno dell’ associazione culturale Officina15 che ha l’intento di avvicinare e sensibilizzare la comunità e il territorio dell’Appenino nei confronti dell’arte e della fruizione delle opere.

L’esposizione raccoglie la serie fotografica del 2016 “Quinto Orizzonte” e i due libri d’artista “Scroll” del 2017 per la prima volta esposti in questa occasione.

Come si evince dal testo che accompagna la mostra:

“Nei lavori della Fenara - ricerche che vanno dal video alla fotografia - vi è sempre la volontà di cambiare punto di vista, come se l’osservatore fosse in uno stato di vertigine perenne; viene indagata ed esplorata, quasi sempre, una diversa modalità di fruizione, sfruttando sia lo spazio che il medium artistico stesso.”

Irene Fenara è una giovane artista interessata a diversi medium espressivi con particolare attenzione a video e fotografia. Laureata all’Accademia delle Belle Arti a Bologna, l’artista abita e lavora a Bologna. Nel 2012 è diventata borsista presso la Fondazione Collegio Artistico Venturoli di Bologna.

Nel 2015 è stata finalista della Quarta Edizione del Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee, a cura di Carlo Sala. Nel 2016 è stata selezionata da Francesco Zanot per la mostra “Give Me Yesterday” all’Osservatorio Fondazione Prada di Milano.

Le opere dell’artista sono stata presentate all’Otto Gallery, ArtVerona, Fondazione Fotografia Modena, P420.

Nei suoi lavori fa ricerca sul concetto di tempo e memoria, lavorando con immagini che ribaltano i punti di vista e generano situazioni di disorientamento spaziale. Nel 2016 ha iniziato a collaborare con Adiacenze in occasione dell’inaugurazione della nuova sede con la mostra “Se il cielo fugge”.

In ambito musicale il termine inglese overdrive sta a significare un’azione precisa e cioè quella di - portare oltre i limiti. Nella serie fotografica “Quinto Orizzonte” l’artista Irene Fenara, distorce e amplifica l’immagine restituendoci una composizione, una partitura nuova, liquida; tant’è che ritorna alla mente come un eco, una riflessione cara alla società postmoderna, l’affermazione del filosofo polacco Zygmunt Bauman: “che il cambiamento è l'unica cosa permanente e che l'incertezza è l'unica certezza”. Nei lavori della Fenara - ricerche che vanno dal video alla fotografia - vi è sempre la volontà di cambiare punto di vista, come se l’osservatore fosse in uno stato di vertigine perenne; viene indagata ed esplorata, quasi sempre, una diversa modalità di fruizione, sfruttando sia lo spazio che il medium artistico stesso.

I paesaggi e i soggetti, protagonisti urbani di “Quinto Orizzonte”: strade, attraversamenti pedonali, persone in riva al mare, o in gruppo, derivano tutte da polaroid che l’artista ha acquistato in una prima fase di ricerca ad un mercatino. Da molti anni ormai è stata coniata l’etichetta “found photography” per descrivere operazioni concettuali di questo tipo, tanto per citare alcuni grandi maestri dai primi anni Ottanta: John Baldessari, Cristian Boltanski, Joachim Schmid; artisti (soprattutto l’ultimo) che hanno messo in discussione l’origine del mezzo fotografico a partire dall’autorialità dello scatto.

Come ben afferma Schmid: «Nessuna nuova fotografia finchè tutte quelle esistenti non siano state utilizzate», è così che si innesca una riflessione scettica sul ruolo dell’autore e sull’intenzione artistica rispetto al risultato ottenuto; e soprattutto oggi tutto ciò diviene affascinante con la quantità di dati visivi che l’enciclopedia virtuale di Internet produce.

In “Quinto Orizzonte” partendo da materiale analogico e già fatto, l’artista Irene Fenara è passata ad una seconda operazione: quella di distorsione, di manipolazione, quella del portare oltre i limiti la normale attività di scansione di un’immagine tramite appunto uno scanner. La fotografia diviene “performata”, come un corpo, attraversata da un’azione, un gesto, un movimento, l’artista spostando lo scatto in maniera errata durante l’acquisizione ottica del dispositivo, da vita ad un file digitale completamente rinnovato, amplificato, espanso. Come un incubo, un’allucinazione o una nuova possibilità, un numero primo corroso - come nell’inconscio fluttuante e perturbante dell’uomo.

La memoria, il tempo e lo spazio vengono mossi in nome dell’esplorazione estetica e strutturale di un’immagine, un’onda che trae la sua forza dalla bellezza dell’errore.

Non a caso, Xerrox, uno dei progetti di un altro grande artista contemporaneo come Carsten Nicolai aka Alva Noto, consisteva in un processo di fotocopiatura volto ad esplorare i confini della riconoscibilità di un’informazione; un live per laptop e video dove la campionatura originale veniva prodotta e variata, disturbata - in modo da creare un prodotto che ne sfumasse le caratteristiche senza perdere completamente l’identità. Lo stesso artista ha parlato spesso di perdita dell’ “immagine della melodia”, interessato quindi a capire in che punto e come nel processo creativo si perdesse l’informazione iniziale operando con possibili distorsioni.

In “Quinto Orizzonte” siamo sì di fronte alla genesi di un nuovo processo immaginifico, ma ritroviamo comunque echi di un’origine lontana, primaria. Come in in tempo circolare, intuiamo come l’immagine poteva essere nello stato iniziale, passato, virginale, prima di manipolazioni o scansioni errate.

Ma il patrimonio di immagini che il mondo ha a disposizione non si ferma alle fotografie ritrovate, scattate da altri ai mercatini, o per strada, non ai social e al web, Irene Fenara ha attinto anche dalla storia dell’arte stessa.

Nei due libri d’artista, “Scroll”, dall’inglese - sfogliare, la Fenara, sempre tramite lo stesso procedimento della scansione errata, ha fatto scorrere dall’alto verso il basso in maniera deforme e difforme, liquidamente immagini da libri del Pontormo e del Bronzino, dando così alla pittura, una lettura fotografica diversa, sinuosa, tortuosa, tellurica, vibrante, seducente, sonora.

Il risultato ottenuto è un susseguirsi di forme e colori nuovi, come un segnale acustico in overdrive, amplificato, in questo transire - discorrere dall’analogico al digitale, la modernità si ritrova a fare i conti con la metodologia di fruizione propria della contemporaneità, il Cinquecento e il Manierismo sono così riletti e reinterpretati sotto l’effige dello scorrimento proprio dei nativi digitali, lo scroll.

Inoltre l’artista sceglie di presentare questa lunghissima scansione riprendendo la forma del sapere per eccellenza, il libro. E anche qui analogico (la forma libro) e digitale ( la lettura di scorrimento - scroll) si ritrovano per un fervido scambio.

Irene Fenara attraversa l’atto del guardare e del vedere con curiosità verso ready-made visivi del quotidiano e della storia, che andrebbero persi per la troppa bulimia visiva del contemporaneo, li preleva e li sottopone ad un intervento di manipolazione ed è nei risultati ottenuti che risiede l’autentica bellezza dell’inaspettato.