Le tavole di Octavia Monaco e i testi di Costanza Savini si presentano come un viaggio tra reale e visionario alla ricerca continua, in un certo senso, di che cosa c’è “sotto” la nostra pelle e quelle delle cose. Così le immagini combinate alle parole sembrano portare in superficie, sui fogli per la scrittura e sulle tavole da pittura, quella luce o quella vitalità presente nelle cose che il gesuita proibito, Theilard de Chardin (credeva sia a Dio che a Darwin) riteneva essere in fondo a tutti, esseri e cose.

Forse è proprio per questo che le Donne Albero sembrano davvero delle creature sospese in una sorta di antropomorfismo, in una specie di ipnosi vegetale, tale da renderle metà umane e metà creature dell’altrove: sono a un tempo dee, cortigiane, vestali, driadi, sciamane, e, infine, alberi: alberi maestosi, e niente più.

Acrilici, pastelli e inchiostro mescolati compongono così il velario di un immaginario fatto di foglie, rami, radici che portano l’osservatore, in una sospensione atemporale, quasi a percepire il bosco primigenio, quello dei propri antenati. Così in alcune tavole pittoriche è molto evidente questa idea dell’essere sospesi con un piede ancora nel “mondo delle origini” - animale o vegetale che sia - e l’altro nell’umano. Quest’impressione, dell’uomo, di appartenere simultaneamente, ma inevitabilmente, a una duplice dimensione.

Per questo, forse, in BoscoMadre della Fioritura, gli azzurri sembrano sempre sul punto di dissolversi per scomparire magicamente dinanzi agli occhi dell’osservatore, e così il silenzio denso che vibra attraverso le forme e le quasi assenze di colore in BoscoMadre Dormiente non è che un modo anche questo, forse, per rendere visibile e palpabile quel mondo, e più nello specifico quel bosco, a cui allude Costanza Savini quando scrive: ogni ramo, ogni foglia, ogni filo d’erba ha una sua trama evanescente: c’è un bosco dietro il bosco fatto di liquide trasparenze.

Le Donne Albero di Octavia Monaco e i testi di Costanza Savini sono visibili su:
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