Ogni volta che dall’arte si traggono informazioni sulla storia del periodo, aumenta a dismisura l’importanza culturale dell’evento. La Fondazione Palazzo Strozzi ha raggiunto proprio questo risultato con la mostra Nascita di una Nazione, visibile fino al 22 luglio. L’allestimento di Luca Massimo Barbero permette una rivisitazione degli anni che hanno seguito la Seconda guerra mondiale, anni di rinascita, in cui si assiste al boom economico, e che sul piano artistico vengono visti come la nascita della Nazione Italiana. Una definizione che trasmette il messaggio dell’arte quale vero collante delle tante realtà culturali, solo formalmente sotto la stessa etichetta, Italia, già dal 1870. Quello che era stato fatto sotto la spinta di pochi, durante il Risorgimento, è divenuto reale ottant’anni dopo.

Ce lo racconta con le opere artistiche il curatore della mostra, che sceglie e raggruppa, legando correnti artistiche fra loro e gli accadimenti italiani fra gli anni '50 e '70 del '900. Questa mostra, sebbene non abbia lo scopo di unirsi al coro delle celebrazioni del cinquantenario del '68, tuttavia fornisce chiavi di lettura della sua origine. Lo straordinario viaggio fra arte, politica e società si snoda in otto sale, che descrivono movimenti artistici come l’Informale, la Pop Art, l’Arte Povera e l’Arte Concettuale. Sono qui riuniti ottanta fra quadri, sculture e installazioni, risultato di una non facile ricerca di un periodo fertile, ma, come afferma Arturo Galansino direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze, contestato a livello istituzionale. È stato il mercato a scoprire queste opere e a permetterne la sopravvivenza attraverso gli acquisti dei privati. Si ricordano del periodo interrogazioni parlamentari in cui si contestava l’acquisto con denaro pubblico di opere di nascente concezione, che saranno poi elaborate in altri contesti internazionali. L’Italia è stata dunque la prima ad avviare certe espressioni artistiche, che, viste ora, raccontano la nascita dell’Italia moderna.

Nella prima sala ci accolgono quattro videoproiezioni che ricostruiscono visivamente la storia d’Italia dall’Unità al 1968. Alle pareti Il comizio, quadro astratto di Giulio Turcato e L’ultimo re dei re, décollage di Mimmo Rotella, in dialogo contraddittorio con l’enorme quadro neorealista di Renato Guttuso, La battaglia di Ponte dell’ammiraglio, espressione dell’ortodossia politica dominante. Si passa all’arte informale, rappresentata dalla grande tela Scontro di Situazioni di Emilio Vedova e dalle azioni di Burri su juta, tela e legno bruciato. Fontana viene rappresentato dal suo quadro Concetto spaziale. Poi vengono le terrecotte di Leoncillo e i rifiuti meccanici di Ettore Colla. A queste opere si contrappone, in un’installazione di grande teatralità, una sala bianca, di un bianco accecante, dove domina la monocromia e l’azzeramento degli artisti Piero Manzoni, Enrico Castellani e Salvatore Scarpitta. Un’altra tendenza, quella di Jannis Kounellis e Pino Pascali, rigenera il linguaggio con elementi naturali e figurazioni primordiali.

Il pop è rappresentato da Tano Festa, Sergio Lombardo, Franco Angeli e Mario Schifano, che trasfigurano in arte la cronaca e la politica. I movimenti di Arte Povera e Arte Concettuale sono infine rappresentati da artisti del calibro di Giulio Boetti, Michelangelo Pistoletto, Mario Merz, Giuseppe Penone e Gino De Dominicis, autori che introducono nuove riflessioni sui concetti di identità, collettività e appartenenza, a testimonianza, ancora una volta, della ricchezza culturale e dell’innovazione artistica degli anni '60 in Italia. Questa mostra è una vera e propria macchina del tempo, la storia culturale e politica fra gli anni '50 e la contestazione del '68, sintesi cui nessuno, prima di Luca Massimo Barbero, si era mai dedicato nel settore delle arti figurative.

Nel campo dello spettacolo, parallelamente, Omaggio a una generazione perduta del Nata Teatro, una pièce teatrale nella rassegna “Teatro Liquido”, guarda con rimpianto proprio alla generazione che, fra il 1950 alla fine degli anni '70 costituiva il mondo dello spettacolo in Italia. Cresciuta con l'imperativo del talento, era fatta di persone preparate, parte di un mondo in cui bisognava saper fare qualcosa, e saperlo fare bene, per apparire in televisione; saper suonare e cantare per fare i dischi. "Un mondo che pare ormai quasi impossibile... A quel mondo vada, commosso e divertito, il nostro misero omaggio e il nostro perenne inchino" così drammaticamente si esprimono gli autori e attori Riccardo Goretti, Alessandra Aricò e Lorenzo Bachini.

Tornando a Palazzo Strozzi, dal 19 di aprile si arricchisce di un evento, The Florence Experiment, un mix di arte, ricerca scientifica e divertimento per gli amanti del brivido. È opera dell’artista concettuale tedesco Carsten Höller (da sempre attivissimo in Italia) in collaborazione con Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale e teorico dell'intelligenza delle piante. Due dei famosi scivoli acrobatici di Carsten, intrecciati fra loro, collegano il terrazzo al secondo piano di Palazzo Strozzi con il cortile rinascimentale sottostante, per un totale di 20 metri di discesa ad alta velocità, che i visitatori affrontano stringendo in mano una pianta di fagiolo con soli due cotiledoni. Nei locali della Strozzina è stato approntato un laboratorio per calcolare in modo statistico i cambiamenti prodotti nella fotosintesi clorofilliana delle piante utilizzate.

Alla domanda se si vuole registrare l’influenza sulla pianta del batticuore di chi se la porta nella velocissima discesa, oppure dello stress che la pianta stessa subisce direttamente, Mancuso mi risponde che, in verità, quello che vuole è portare alla ribalta l’importanza delle piante per il mondo umano, cosa che, a suo parere, non è chiara alla maggioranza della popolazione.

Chi non se la sente di affrontare la discesa su uno dei due rami del bellissimo doppio scivolo, che ci appare nelle foto come un enorme polipo a tentacoli alzati, può ugualmente contribuire alla ricerca con le emissioni volatili che secerne alla vista di scene di film. Due sale separate, una per spezzoni di film horror e l’altra di film comici (selezione realizzata dall’Area Cinema di Fondazione Sistema Toscana), saranno dotate di collettori delle sostanze volatili emesse di volta in volta dagli spettatori, da convogliare questa volta in piante di glicine, poste in facciata di Palazzo Strozzi, incapsulate in guaine trasparenti per non disperdere i frutti delle emozioni degli spettatori. In quale misura la nuova atmosfera insufflata nelle piante influenza la fotosintesi clorofilliana? - è una delle domande che si è posto Mancuso. Come in ogni ricerca che si rispetti non si sa la risposta, ma si prevede che l’orrore e l’allegria del pubblico influenzeranno in modo differente la direzione di crescita del glicine rampicante.