Roberta Ceccarelli non è stata mai una persona facile da comprendere, uno spirito controverso e ribelle che sin dall’età infantile, inevitabilmente, sfociava in continui conflitti con i suoi genitori che avrebbero preferito una figlia dai canoni “standard”. Per contro lei, invece, ha sempre evitato questo, già nell'età adolescenziale aveva idee ben precise su come prendere la vita e soprattutto la sua capacità di vederla al contrario, capovolta, come l’immagine proiettata dentro una camera oscura. Sicuramente il suo percorso di conoscenza verso certi tipi di lettura ha scavato ancora di più nel suo animo, Kafka, Steiner, Baudelaire, Poe, Kant, Whitman, per citarne alcuni e la poetessa Emily Dickinson in cui Roberta si ritrova, un po' come l’immagine riflessa nello specchio.

Le sue inclinazioni non rispondevano affatto alle aspettative e soprattutto ai programmi che la sua famiglia aveva pianificato. Ad ogni modo il suo particolare talento per tutto ciò che riguarda la musica spinse i suoi genitori a iscriverla, all’età di soli nove anni, a lezioni private di musica tenute dal grande maestro Trevisan. Iniziò così il suo percorso simbiotico con il pianoforte, un’avventura fantastica per una ragazzina in pieno fervore creativo come lei.

Il professore ne rimase affascinato, per cui lei proseguì gli studi per tre anni e poi con il professor Fabiani che la preparò per l'ingresso al conservatorio di Terni, l'Istituto Briccialdi. Studiava il piano quattro, cinque ore al giorno con passione e naturalezza, poi quando comprese che la musica che veramente sentiva era il jazz, provò ad andare a Roma, al Testaccio dove insegnava il grande Gaslini che teneva la cattedra di jazz... ma niente di tutto questo è accaduto, la famiglia si oppose fermamente e l’idillio ebbe un brusco epilogo.

Il cassetto dei suoi sogni si chiuse improvvisamente, come poi è successo per le scuole superiori, quando le venne vietato di frequentare l’Istituto d'arte, sempre a causa di infondati pregiudizi. Roberta appariva agli occhi dei genitori una "strana" creatura, diversa dal disegno prestabilito e desiderato. Succede così, quando i sogni crollano, tutto quello che avrebbe voluto fare svanì in un attimo. Ma l’indole ribelle le ha concesso una chance diversa. Una nuova via l’attendeva per raggiungere il suo obiettivo. Lei non demorde e continua lo stesso a suonare e a comporre musica, continuando ugualmente a dipingere e plasmare liberamente... la sua vita!

Il colore, la musica, la materia, il pensiero. Tutto questo per Roberta è pura fonte creativa. La materia intesa come argilla fu il percorso di Roberta in un laboratorio di ceramica un po' anomalo, perché era all'interno di un centro per handicap. E questa nuova avventura per Roberta è stata “illuminante”, di meglio infatti non poteva trovare; Roberta è sempre stata interessata e affascinata dalla mente disturbata e parte delle sue letture erano incentrate proprio su questi argomenti di ecoscandaglio dei meandri della mente umana. Portando avanti questo nuovo percorso artistico scopre la sua particolare inclinazione per le persone con difficoltà e disagi mentali e, a soli diciotto anni, sente forte dentro di sé il presentimento che, prima o poi, avrebbe lavorato con queste persone.

L'incontro con l'argilla le ha aperto un mondo straordinario, tante tecniche di esecuzione, tanti modi di creare ma quella che Roberta ama di più in assoluto è, senza ombra di alcun dubbio, il Raku, tecnica che, come ci spiega, è stata creata per caso nella seconda metà del XVI secolo in Giappone da un artigiano di nome Chojiro. I pezzi venivano smaltati e cotti durante la cerimonia del tè e le ciotole utilizzate poi dai partecipanti al rito. Si lega quindi alla filosofia scintoista e zen della cultura giapponese dove la natura e il rituale hanno un enorme significato, gli elementi naturali di terra, acqua, fuoco e aria sono richiamati dal procedimento Raku e connessi strettamente al rituale della filosofia Zen. “Il significato della parola Raku”, come mi spiega Roberta, “si può definire in gioia, piacere, quiete”.

Questa parentesi della sua vita la spinge, una volta terminati gli studi di scuola superiore, a intraprendere una strada nuova, e con decisione apre un laboratorio a Terni, la città in cui vive. Per ben dieci anni porta avanti questa attività artigianale con grande entusiasmo e soddisfazione, un sogno realizzato.

Il destino poi si sa, fa giri strani, e giunge il tempo in cui viene contattata dall'ASL che le propone di avviare un laboratorio manipolativo di ceramica per ragazzi con difficoltà, questa per Roberta è una grande opportunità, è esattamente quello che aveva sentito e sempre desiderato. Attualmente lavora e insegna manipolazione in due centri handicap. “Loro sono delle anime pure, senza filtri, con dei sorprendenti risvolti umani”, come lei stessa confessa: “Amo tutto ciò, amo loro, questo è un lavoro che esige una notevole dose di energia, ma ne dona altrettanta. Ringrazio la vita, perché sono fortunata!”.