Primo Marella Gallery è lieta di presentare La Sfinge Nera II- il secondo capitolo di quel viaggio artistico intrapreso l’anno scorso con la mostra La Sfinge Nera - con lo scopo di proporre un’accurata selezione di giovani artisti contemporanei le cui pratiche e vite si intersecano con l‘Africa.

La mostra prende spunto dall’omonimo libro scritto da Mario Appelius, pubblicato per la prima volta nel 1925. In un’Africa del tempo quasi sconosciuta - almeno da una prospettiva occidentale - un gruppo di esploratori europei iniziarono a cercare nuove opportunità di commercio, investigando aspetti sia politici sia culturali. Il percorso lungo e difficoltoso che attraversa tutto il continente nero viene descritto meticolosamente dall’autore, capace di trasmettere a parole i magici paesaggi africani e di creare un’atmosfera coinvolgente.

Ugualmente, come rivela il titolo, il nostro progetto vuole attirare l’attenzione sul continente africano contemporaneo come vera espressione di un grande dinamismo culturale ed artistico ed una ancora più forte autoconsapevolezza. L’instabilità politica di certe regioni è solo un inevitabile sfondo alle storie che si sviluppano parallelamente ad essa e che vanno oltre le questioni locali.

Se nel suo libro Mario Appelius identifica la sfinge nera come metafora di un misterioso - se non mistificato – territorio, qui il significato di una creatura così mitica è radicalmente rovesciato personificando il vivido sviluppo artistico e lo straordinario contributo di questi undici artisti al dibattito artistico internazionale.

Primo Marella Gallery si immedesima nel ruolo di un esploratore resiliente, entusiasta del viaggio intrapreso, ed invita il pubblico a condividere le proprie “scoperte”. Dietro l’eterogeneità di un’area cosi estesa, è chiaro come queste esperienze offrano una nuova ed originale voce alla causa dell’arte contemporanea.

Ghizlane Sahli (Marocco, 1973) esplora attraverso la sua arte le trasformazioni, la consistenza dei materiali e la loro universalità.

Vivendo e lavorando in Marocco, Ghizlane colleziona bottiglie di plastica e, con l’aiuto delle artigiane locali, le ricama utilizzando filo di seta. Ghizlane studia i passaggi di transizione tra uno stadio e l’altro, il breve intervallo tra il prima e il dopo, il ponte che connette idealmente mente e materia, ordine e chaos, dispersione e raccolta.

Le sue principali forme artistiche sono i cosiddetti Alveoli (ricami tridimensionali realizzati con i tappi delle bottiglie usate ricoperti con filo di seta)

Marie – Claire Messouma Manlanbien (Costa d’Avorio, 1990). Al momento vive e lavora a Parigi. Si definisce una cantastorie e lettrice di poesie che crea opere ispirate a diversi elementi della propria femminilità e condizione di donna. Tra le forme femminili rappresentate rappresentate, il suo studio si focalizza soprattutto sul tema della violenza sulle donne. Tra i vari lavori, particolarmente degna di nota è l’installazione #No name (2016), attualmente esposta all’ottava EVA International Biennale e ispirata al crudele stupro di gruppo avvenuto a New Delhi nel 2012 ai danni di una giovane studentessa[1].

Amina Zoubir (Algeria, 1983) video maker e visual artist, lavora sul concetto di corpo e sulla relazione che esso ha con ambienti e circostanze specifiche. Il femminile e i corpi interagiscono con lo spazio urbano e rurale del mondo arabo. I suoi lavori interrogano e mettono in discussione il pensiero sociale e storico dei miti e delle opere poetiche e letterarie del Maghreb. Inoltre, attraverso le sue azioni performative, l’artista tenta di rivelare e allo stesso tempo di rinnegare l’ordine sociale imposto e la falsificazione dell’immaginazione.

Ifeoma U. Anyaeji (Nigeria 1981) nonostante i limiti imposti dalla propria società ha deciso di perseguire ugualmente la carriera d’artista. Opponendosi alle comuni convinzioni sociali, ha continuato negli anni a sviluppare la sua passione per l’arte e in particolar modo per la tecnica del riciclaggio, interesse nato parallelamente ai continui e persistenti problemi ambientali che caratterizzano il territorio in cui vive. Ifeoma ha sviluppato uno stile molto personale e definito da un processo eco-estetico nel quale l’artista trasforma il suo primario mezzo artistico attraverso una tecnica tradizionale nigeriana originariamente utilizzata per l’intreccio dei capelli chiamata “Threading”. L’artista crea sculture ed installazioni organico-concettuali che si riferiscono sia all’ambiente domestico, al design, all’architettura che allo stesso corpo umano.

Yesmine Ben Khelil (Tunisia, 1986) Dopo aver conseguito un master in arti plastiche e scienza dell’arte presso l’università Panthéon-Sorbonne di Parigi, Yasmine ha incentrato la sua arte sul superamento dei clichés che solitamente e subdolamente influenzano e regolano la società. I suoi lavori fanno riferimento o nascono direttamente da vecchi editoriali e pubblicazioni - risalenti anche al 1963 – per poi essere integrati ed arricchiti con disegni a matita e acquerelli. Questa pratica include tecniche diverse che vanno a creare masse colorate vegetali e minerali intese come estensione della propria dimensione onirica. Mettendo dunque in discussione l’immagine, l’artista prova ad evocare il reale partendo dall’assunto che la sola realtà è anche l’unica certezza.

Houda Terjuman (Marocco, 1970) inserisce all’interno dei suoi lavori quella che secondo l’artista stessa è la caratteristica principale del mondo d’oggi: l’eterogeneità culturale, spesso seguita da uno sradicamento e da un senso di dislocamento psicologico che si riverberano sulla personalità dell’individuo. L’uomo in esilio diventa un albero sradicato che, in spazi e dimensioni contemporanei - percepiti come transitori ed evanescenti - attraversa un percorso di dolore e incertezza nel costante tentativo di ristabilire l’ordine perduto.

Januario Jano (Angola, 1979) è un artista multidisciplinare che ha ottenuto la sua prima laurea presso la Metropolitan London University nel 2005. Da allora si è sempre molto concentrato su progetti di ricerca personali atti ad approfondire e sviluppare la propria pratica artistica. Januario Jano utilizzando tecniche diverse tra cui la pittura, l’installazione, il video e la fotografia, realizza performance dalle molteplici caratteristiche. Januario è inoltre il fondatore del collettivo culturale Pés Descalços e mèntore ed organizzatore dal 2012 di TEDX Luanda.

Troy Makaza (Zimbawe, 1994). I lavori surreali di questo giovane artista si sviluppano sperimentando le due dimensioni artistiche della pittura e della scultura andando così a creare, attraverso l’attento e abile intreccio di stringhe di silicone pitturato, un’ intricata struttura filamentosa simile alla tela di un ragno.

Joël Andrianomearisoa (Madagascar, 1977). Nel suo relazionarsi col tempo, Joel non rientra in nessuna categoria precisa: il suo lavoro attraversa i confini di moda, design, scultura, fotografia ed installazione. Nonostante questo, le sue opere, realizzate prevalentemente con carta e tessuto, sono indicative del suo più grande interesse: il colore nero. Il nero – e le sue infinite tonalità e gradazioni – rappresenta e manifesta la sua stessa preponderante natura. I suoi “Sentimental Products” volteggiano e si librano in modo invitante tra l’effimero ed il permanente: sono in parte scolpiti e in parte lasciati al caso e alla plasmabilità che assumono i materiali con cui lui stesso lavora.

Yassine Balbzioui (Marocco, 1972). In quanto artista multidisciplinare, il lavoro di Yassine ruota spesso intorno a dimensioni diverse seguendo una via che può essere definita Neo- Espressionista. Nel suo vasto ed eterogeneo universo l’artista rappresentala natura animale dell’uomo - spesso camuffata da maschere – utilizzando un certo senso di parodia, derisione e idiozia. La quotidianità è la sua principale fonte di ispirazione alla stregua del cinema, delle serie tv, del teatro della danza, delle leggende e dei racconti fantastici.

Ouattara Watts (Costa d’Avorio, 1957) “Non è un pittore Ouattara Watts è l’architetto nero, il costruttore della città del XXI secolo, città di riunione, di associazione e non di divisione, è ciò che si trova nella stessa struttura della sua pittura, per una ragione. Non una dualità, forze concorrenti che interagiscono e che interagiscono con esso, una costruzione a cui partecipa la decostruzione - vedi lo sfondo delle tele di Ouattara che evocano un universo di caos ma anche di energia. Per essere consapevoli che partecipiamo a tutto questo”. Cit. Robert Farris Thompson.