Galleria Continua / Les Moulins è felice di presentare The way we were, la mostra personale di Arcangelo Sassolino, artista che da oltre due decenni oltrepassa le linee di confine e potenzialità plastiche di ogni materiale, interessandosi ai limiti del possibile, al pericolo e alla vacuità dell’esistenza.

Nella sua scultura meccanizzata, le opposizioni di materiali o forze, si attraggono, si mescolano e si scontrano creando un equilibrio precario fra poesia e tensione, che segue o contrasta le leggi della fisica. Gravità, pressione o velocità occupano i ruoli principali e animano la drammaturgia vivente di macchine ieratiche, amanti di libertà e parola. Sono proprio alcune di loro, così piene di vita e di crude verità, a popolare questo percorso espositivo con delle “performance inorganiche”, termine coniato dall’artista per definire le azioni cicliche, estenuanti e teatrali delle sue creature.

Nella prima stanza, padroneggia Canto V, riferimento all’inferno dantesco e alle sue anime dannate, la struttura si impone con la sua trave in legno, oppressa alle estremità da due bracci in acciaio collegati a un pistone. Il cigolio sordo e inatteso culla la deformazione e la curvatura costante a cui il legno è sottoposto. Questi lamenti, a tratti fievoli, a tratti più forti, ci ricordano la possibilità ed il pericolo di una rottura imminente che, tuttavia, non avviene mai.
Le opere di Sassolino sono il risultato di studi approfonditi e programmati, che assecondano l’esplorazione dei materiali industriali spinti allo stremo delle loro possibilità e delle loro proprietà fisiche. La vulnerabilità del vetro, la struttura del cemento, il peso dell’acciaio, diventano criteri da esplorare e capovolgere senza mai dimenticare il loro potere estetico. In Stelle, dei frammenti di vetro sono sorretti in modo precario grazie a fascette di plastica. Le linee irregolari e taglienti rilevano della fragilità del materiale. Inchiodati sul muro, sono astri dal fascino minaccioso che da un niente sembrano potersi trasformare in stelle cadenti.

Un’altra anima torturata si erge, The way we were, esposta per la prima volta, regala il suo titolo impresso di romanticismo alla mostra. La pressa è capace di frantumare una pietra di basalto nera, in meno di due minuti. La velocità, e la forza brutale di quest’azione virulenta sono in contraddizione totale con la dolcezza del nome che rimanda allo splendore hollywoodiano degli anni settanta. L’inevitabile discesa del pistone, il suo momento di attesa, ed infine la sua ascesa, indipendente dalla presenza della pietra, creano un ciclo continuo e infinito come per evocare sotto forma di mitologia meccanica il mito di Sisifo. La frammentazione perpetua annuncia il carattere effimero della vita, un tempo che passa senza sosta e che trasforma tutto in polvere.

Diverse opere dal carattere meno performativo o completamente statico, compongono il percorso espositivo. Fra queste troviamo Massimo una doppia ruota di camion pressata, in balia di forze contrarie. L’acciaio delle pinze opprime la gomma e la costringe a prendere una forma snaturata. Essa cerca di resistere faticosamente alla sua pressione e a ritrovare il suo involucro originario senza però riuscirci. Con Untitled, invece, l’artista ha versato del calcestruzzo su un foglio di policarbonato sottomesso a varie pressioni emesse ai suoi bordi. Una volta il calcestruzzo asciutto e il foglio tolto, la forma definitiva della materia viene svelata. Consistenza, spessore, colore, il cemento diventa materia artistica ammaestrata e proteiforme che regala nuove possibilità estetiche.

Il colpo di grazia o di chiusura arriva con D.P.D.U.F.A. (Dilatazione Pneumatica Di Una Forza Attiva). Una bottiglia posizionata in una cassa in acciaio, isolata con policarbonato, è collegata attraverso un tubo a un cilindro di azoto. La lenta diffusione del gas si rivela fatale per il contenitore di vetro che esplode senza preavviso. I gesti ripetuti, i rituali obsoleti sono sempre per Arcangelo Sassolino, condannati a un risultato fallimentare dove le azioni sono interrotte o la materia è distrutta. Il visitatore è quindi immerso in uno stato permanente di tensione, anticipando i momenti di caduta o di epilogo. Senza osare chiudere gli occhi, procede cauto in un costante richiamo all’inevitabilità del tempo che passa. Con lo scoppio, la conclusione feroce della vita, è l’ultimo colpo di teatro che ci riserva l’artista.

Arcangelo Sassolino nasce a Vicenza nel 1967, città dove vive e lavora attualmente. Dopo aver frequentato dal 1990 al 1995 la School of Visual Art di New York, continua a lavorare come designer presso l’industria di giocattoli della Casio di New York. Nel 1996 fa ritorno a Vicenza ed inizia la sua carriera artistica. L’opera di Arcangelo Sassolino è stata presentata in numerosi spazi internazionali: FRAC, Reims, Francia (2007) ; 52esima Biennale di Venezia, Venezia, Italia (2007) ; Château de Tokyo / Palais de Fontainebleau, Fontainebleau, Francia (2008) ; Palais de Tokyo, Parigi, Francia (2008) ; Peggy Guggenheim Collection, Venezia, Italia (2009) ; Mica Moca, Berlino, Germania (2009) ; MACRO Museo d’Arte Contemporanea, Roma, Italia (2011) ; CRAC Museum, Sète, Francia (2014) ; CAM / Contemporary Art Museum, St. Louis, Stati-Uniti (2016) ; Frankfurter Kunstverein, Francoforte, Germania (2016) ; Grand Palais, Parigi, Francia (2018).