Per il terzo appuntamento di Lagolandia - Villeggiatura Contemporanea - la giovane artista Costanza Battaglini ha continuato la sua ricerca sulla trasformazione della materia con l’installazione site specific pensata per il Lago di Santa Maria. Tramite l’utilizzo di gesso ed elementi naturali recuperati in loco, le colate materiche hanno formato, negli spazi attorno al lago e sulla superficie acquatica, degli autentici arcipelaghi che hanno abbracciato il luogo, invadendolo senza però intaccarne la conformazione.

La materia si è adagiata e adattata a ogni imprevisto o conformità naturale, andandosi a modificare come un corpo. I fiori, le erbe raccolte e successivamente depositati sopra le conformità del gesso hanno creato un’ulteriore forma di vita – un paesaggio imprevisto e altro – generando muffe e altri organismi. Una riflessione sul tempo, sulla trasformazione della materia e sui segreti che intercorrono sulla caducità dell’esistenza.

Purtroppo durate le giornate della manifestazione le opere sono andate interamente distrutte, l’artista ha poi svolto un laboratorio didattico con i bambini, i quali, parlandone insieme, hanno affermato: “Hanno distrutto quelle opere d’arte perché non le hanno capite”.

Tra l’idea e la realtà, tra la motivazione e l’atto, cade l’ombra.

(Thomas Stearns Eliot, Gli Uomini Vuoti, 1925)

Costanza Battagliini, classe 1991, vive e lavora tra Bologna e Torino. Nei suoi primi lavori fotografici, come Oggetti Sospesi, Nudo su parete, Marco dorme sempre l’osservatore si ritrova voyeuristicamente a spiare nell’oscurità della traccia. La Battaglini infatti coglie e seleziona i suoi soggetti evanescenti, rende fantasmagoriche, tracce - passaggi di materia - divenuti ombre oscure. Un piccolo teatro di silhouettes che si alternano in percorsi di orientamento non definito. Un vorticoso movimento sospeso. Un gioco alla memoria perduta.

In Oggetti sospesi l’artista sceglie di liberare le cose dalla gravità e dai contorni focalizzandoli al centro di una scena eterea. In Nudo Su Parete i soggetti maschili e femminili divengono sagome per lo più bidimensionali, perturbanti - sospese tra il sogno e il delirio inquieto di un’intima notte. In Carne Buia l’artista irrompe nello spazio delineando con il segno leggero della grafite su muro bianco la presenza di corpi assenti, come le tracce di vittime di un’esplosione o semplicemente anche qua, ci troviamo di fronte al passaggio di materia, dallo stato corpo, allo stato fantasmagorico. La Battaglini lavora in assenza, in togliere, proprio come uno sculture rinascimentale, ricorda le prime sperimentazione fotografiche come i rayogrammi, dove l’incontro tra l’oggetto e la luce lasciano un’impronta evanescente. La Battaglini ritrova un approccio autentico con il corpo umano e con il corpo della cose, ricordandoci anche le tracce dello studio del pittore Giorgio Morandi, un’arte capace di catturare il silenzio che muta nell’esistere dei dettagli. Vedere anche la serie Sombras.

In WITHANIA SOMNIFERA & DATURA STRAMONIUM, tecnica mista su carta cotone: ricerca della forma, elemento naturale e traccia ritornano come un’urgenza. La mutazione dell’elemento naturale viene corroso e portato ai limiti da un’astrazione fantasmagorica. Anche qui silenziosamente riposa l’eterno mistero della creazione. Il passaggio allo stato informe scultoreo diviene naturale in questa ricerca della forma instabile con i lavori in gesso Eriposa e la Genesi di un segreto, è qui riposto e muta. Se in Eriposa i petali di tulipano implodono su loro stessi trasformandosi su piccole zattere pallide e diafane, corpi di fantasmi total white, come le tracce di un’Ofelia preraffaellita spoglia di storia, nella “Genesi di un segreto…” il gesso si libera di qualsiasi forma per tornare a dialogare con lo spazio, imbattendosi con le varie conformità e direzioni del luogo. Le colate laviche lunari si adagiano silenziosamente e provvisoriamente nella datità fenomenica del luogo, pronte ad accogliere nuove vite: dal naufragio dei primi elementi naturali, sorgono mutazioni e muffe, qualcosa riaccade.

Già, implicitamente, nei titoli dei lavori, si percepisce nella ricerca della Battaglini la propensione a una dimensione altra, di sonno, di sospensione dall’hic et nunc, il segreto dell’esistenza è qui, riposa, nelle tracce di trasformazione di materia, affinché tutto rinasca, si rigeneri e si riformi nelle ombre di una possibilità, di un sogno “ofelico” e caduco.

Ofelia di Arthur Rimbaud – 1870

I

Sull’onda calma e nera dove le stelle dormono
Fluttua la bianca Ofelia come un gran giglio, fluttua
Lentissima, distesa sopra i suoi lunghi veli…
– S’odono da lontano, nei boschi, hallalì.
Da mille anni e più la dolorosa Ofelia
Passa, fantasma bianco, sul lungo fiume nero; Da mille anni e più la sua dolce follia
Mormora una romanza al vento della sera.
La brezza le bacia il seno e distende a corolla Gli ampi veli, dolcemente cullati dalle acque;
Le piange sull’omero il brivido dei salici,
S’inclinano sulla fronte sognante le giuncaie.
Sgualcite, le ninfee le sospirano intorno;
Ella ridesta a volte, nell’ontano che dorme,
Un nido, da cui sfrùscia un batter d’ali:
– Un canto misterioso scende dagli astri d’oro.

II

Pallida Ofelia! Come neve bella!
In verde età moristi, trascinata da un fiume!
– Calati dai grandi monti di Norvegia, i venti
Ti avevano parlato di un’aspra libertà;
Poi che un soffio, attorcendoti la chioma folta,
All’animo sognante recava strane voci;
E il tuo cuore ascoltava la Natura cantare
Nei sospiri della notte, nei lamenti dell’albero;
Poi che il grido dei mari dementi, immenso rantolo,
Frantumava il tuo seno, fanciulla, umano troppo, e dolce;
Poi che un mattino d’aprile, un bel cavaliere pallido
Sedette, taciturno e folle, ai tuoi ginocchi!
Cielo! Libertà! Amore! Sogno, povera Folle!
Là ti scioglievi come neve al fuoco:
Le tue grandi visioni ti facevano muta
– E il tremendo Infinito atterrì il tuo sguardo azzurro!

III

E il Poeta racconta che al raggio delle stelle
Vieni, la notte, a prendere i fiori che cogliesti,
E che ha visto sull’acqua, stesa nei lunghi veli,
Fluttuare bianca come un gran giglio Ofelia.