Fiumara è un termine siciliano che significa «corso naturale o letto di un fiume che permane secco quasi tutto l’anno e prende vita solamente durante la breve stagione delle piogge».

Il corso della fiumara che c’interessa è il letto dell’antico fiume Halesa, o torrente di Tusa, che nasce vicino a Castel di Tusa e scorre fino a sfociare in mare tra Messina e Palermo. Se si arriva dal continente a Palermo in aereo si deve proseguire in treno; in treno vi si giunge anche da Villa San Giovanni, in Calabria, attraversando lo stretto fino a Messina, valicando colline e passando per lunghe gallerie, tra paesaggi indescrivibili. Antonio Presti, ispirato dalla magia del luogo, decise alcuni anni fa di trasformare la fiumara in un "Fiume d’Arte".

Chi in treno, chi in aereo, giunti a Catania siamo stati ricevuti da questo anfitrione speciale, che come ben dice Stefano Malatesta, è l’ultimo eccentrico in Italia. Era il 2 febbraio 1999, eravamo quasi duecento persone tra artisti, critici e giornalisti. Presti sentiva di essere capace di canalizzare fermenti ed energie per la crescita del territorio di Catania, dove ha avuto l’intuito di riunire il mondo dell’arte per trasmettere uno dei principi più influenti per la crescita di una civiltà: la bellezza. "La bellezza che si esprime come sintesi di forma e qualità in perfetto equilibrio e che abbinata al bene ha il potere di salvare il mondo. Per questo abbiamo riunito le forze creative di Catania, convinti che la città sia pronta per passare dalla vecchia cultura della redenzione e solidarietà a quella della bellezza".

Catania ha reso omaggio a Sant’Agata con una lettura contemporanea di spettacoli di piazza e musicisti, fra i quali è memorabile l’interpretazione di Mario Venuti. Per l’occasione, lo scultore Arnaldo Pomodoro ha realizzato una monumentale candela di cera, data alle fiamme in segno di rinuncia. Partiva da qui, da Catania, una speranza per tutte le grandi città che hanno dimenticato i quartieri periferici.

Tutto ebbe inizio nel 1985, dopo l’imprevista morte del padre di Presti. Antonio inizia a pensare alla realizzazione di un monumento astratto che evochi la non dualità tra la vita e la morte dal titolo La materia potrebbe non esistere. L’opera, firmata da Pietro Consagra, è in cemento armato, alta 18 metri e spessa 3. È stata creata in due anni e, nonostante la durezza del materiale e l’imponenza delle dimensioni, non intacca il paesaggio: tra i due esiste perfetta armonia ed equilibrio.

Da allora la Fiumara è stata arricchita di straordinarie sculture ideate da artisti di fama internazionale (Pietro Consagra, Tano Festa, Hidetoshi Nagasawa, Piero Dorazio e Graziano Marini, Antonio Di Palma, Italo Lanfredini, Paolo Schiavocampo, Mauro Staccioli e ultimamente il giovane scultore siciliano Giacomo Rizzo), realizzate nella vicina zona dei Monti Nebrodi: sette opere monumentali che formano una mappa originale, un percorso di Land Art, in cui arte e natura riescono in un matrimonio perfetto.

Oggi Fiumara d'Arte comprende un atelier-hotel, le cui stanze sono state progettate da artisti chiamati a trasmettere agli ospiti la sensazione unica di vivere ed essere parte dell’opera d’arte. Straordinariamente magica, La Torre di Sigismondo, realizzata dal regista cileno Raúl Ruiz: al suo interno un grande letto rotondo gira su se stesso e nelle notti di luna è possibile aprire il tetto e coprirsi di stelle. Tra le stanze anche il Nido, dedicato a Pier Paolo Pasolini e costruito da Paolo Icaro; La Stanza del mare negato, di Fabrizio Plessi; La linea d’ombra, di Michele Canzonieri; Il mistero della luna, di Hidetoshi Nagasawua.

Antonio Presti ci fa conoscere l’Atelier sul Mare, hotel-museo d’arte contemporanea unico al mondo, e il museo a cielo aperto delle sculture monumentali Fiumara Art. La realizzazione delle sale dell’Atelier sul Mare e delle sculture del parco Fiumara d'Arte è stata affidata ad artisti internazionali che hanno prodotto opere uniche. Queste strutture con il tempo sono riuscite a migliorare un territorio dal grande potenziale culturale, ma allo stesso tempo depresso, che si è trasformato in un punto di riferimento a livello internazionale.

Nelle immediate vicinanze di Castel di Tusa c'è una caverna, alle falde del fiume Romei, in una zona selvaggia, intatta. L’idea di Antonio Presti è di erigere lì una nuova opera che dia un senso simbolico di restituzione alla terra attraverso l’arte, e la chiama La stanza della barca d’oro. Il progetto implica la chiusura del sito per due anni e la realizzazione è stata affidata a Hidetoshi Nagasawa.

Presti racconta un episodio al riguardo. "Era l’estate del 1997 e Nagasawa apriva quella grotta nel cuore della montagna: una stanza d’oro, con una barca d’oro sul tetto e la gente che la guardava dal basso come osservando il cielo, centinaia di persone giunte fin là da ogni parte d’Italia e da alcuni Paesi europei. La grotta avrebbe dovuto essere sigillata per essere riaperta solo dopo cento anni. Un’opera per i posteri. A un certo punto irruppe la polizia con l’obiettivo di impedirne la chiusura, affermando che si stava tentando di 'nascondere la prova del reato'. Antonio fu accusato di 'abuso di suolo pubblico' ed 'edificazione abusiva in territorio sottoposto a tutela paesaggistica'. Arrivò la sentenza che obbligò la demolizione di tutte le opere. La notizia colpì come un fulmine le menti più illuminate d’Italia e un grande clamore provenne da diverse parti del mondo: giornalisti, critici d’arte, intellettuali e operatori culturali giunsero a Castel di Tusa. E fu proprio la relazione paradossale tra le grandi opere del museo a cielo aperto e le costruzioni abusive del territorio che denigravano il paesaggio, la prova che assolse Antonio Presti. Alla fine si riuscì a chiudere la grotta con un’emozionante cerimonia".

Questo grande mecenate siciliano del ventesimo secolo, comprendendo le regole del gioco, è riuscito a trasformarle, imponendo una nuova maniera di vedere le cose, di viverle. Nell’estate del 1992, di fronte all’idea di una Sicilia a porte chiuse a causa della complicità della popolazione con la mafia, Antonio Presti chiama un gruppo di artisti ad esprimersi su una tela lunga un chilometro. La tela si srotola dalla piazza di un paesino, Castiglione di Sicilia, per la strada principale fino a perdersi verso la parte bassa: una fiumara di colori, di immagini. All’ora di pranzo ogni artista viene accolto nelle case del paese per un proficuo momento di conoscenza, di scambio reciproco di idee e propositi, creando un dibattito aperto e spontaneo sorto dalle differenze poetiche e linguistiche. La sera la tela viene tagliata e ogni artista dona la propria opera alla famiglia che lo ha ospitato. Le opere sono catalogate e sulla porta delle case una targhetta indica il nome della famiglia, dell’artista e la data dell’opera custodita, creando così il primo esempio di "Museo Domestico".

Ogni giorno, suonando il campanello di una delle case, la Sicilia delle porte chiuse cambia registro per accogliere e mostrare una Sicilia satura di storia mediterranea, un incredibile luogo di sintesi stilistica, che scatena la necessità interiore di un progetto estetico che parta dal soggettivo e dal genius loci per cercare un messaggio universale capace di raccontarsi da solo. L’ultima eccentricità di Antonio Presti è quella di realizzare nel quartiere catanese di Librino un Museo dell’Immagine all’aperto. Su quali basi Presti vuole riorganizzare un quartiere periferico?

Così mi risponde: "Nella contemporaneità esistono i non luoghi, quelle periferie urbane in cui, come a Librino, si sono trasferite migliaia di persone, di cui la società non si occupa. Intere generazioni crescono senza un rapporto di appartenenza alla memoria storica della città e convivono in un continuo stato di necessità, di incertezza, di profonda frustrazione sociale ed esistenziale. È quindi ruolo della cultura smontare questa logica, ricordando a questa gente che esiste un diritto negato e un dovere a far rispettare la dignità della persona. La coscienza di questa dignità è ciò che può riattivare nell’anima la convinzione giusta, lo spirito giusto".

In tal senso, il lavoro consiste in una ricerca nel quartiere, per testimoniare tutte le realtà presenti. Con un gruppo di artisti e troupe televisive sono stati realizzati brevi spot di 30 secondi che riportano vari aspetti della vita collettiva. Non si tratta di pubblicità solidale ma di "altra" pubblicità, sganciata dal circolo commerciale, che ignora l’oggetto del consumo e propone al suo posto l’essere umano. Si tratta di restituire alla contemporaneità un’immagine dell’altra Sicilia e dare centralità culturale a Librino, periferico quartiere di Catania a sua volta simbolo di tutte le periferie, di tutti i disperati del mondo, che la cultura può aiutare a riscattare, trasformando la necessità e il malessere in bellezza. Una bellezza che dura 30 secondi e che mostra Librino in un nuovo cammino d’impegno sociale e civile, e si manifesta in una grande installazione su tutti i pali della luce della zona. Il Cantico di Librino, è ispirato al Cantico delle Creature di San Francesco. Cos’è il Cantico di Librino? "Abbiamo fotografato gli abitanti del quartiere, dai bambini piccoli alle persone anziane, per ritrarre il ciclo della vita in una rappresentazione del Cantico. Queste immagini sono posizionate su striscioni verticali giganti, e sotto ognuna di esse si trova una frase del Cantico, per dare agli abitanti la sensazione di essere parte dell’universo".