Per voce creativa è un ciclo di interviste riservato alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Nasce nel 2014 sul blog “EllePourArt”, ma da oggi entra a far parte della sezione Arte di WSI Mag. Per questa prima occasione incontro Evita Andújar, (Écija, Spagna, 1974).

Evita è una donna solare, delicata, genuina, dal fascino denso e gentile. È una pittrice che plasma il colore in maniera decisa. Lo spinge e distorce come un corpo duttile. Lo fa vivere di vita propria. E pulsare sulla tela. Evita è un’artista notevolmente prolifica, che negli anni ha sviluppato una cifra stilistica personale e riconoscibile. Si è formata alla Facoltà di Belle Arti di Siviglia, svolgendo anche un dottorato in pittura e restauro. E nel 2000 è approdata in Italia, vincendo una borsa di studio dell’Accademia di Spagna a Roma. Qui ha lavorato come restauratrice, ma negli ultimi anni si è concentrata sulla pittura. Il suo è un linguaggio già ben definito, fatto di pennellate ampie, rapide e ben orchestrate.

Il colore, nei dipinti di Evita, appare sciogliersi, accompagnato dal gesto, materno, rapido, eppure delicato, dell’artista. Non esiste disegno preparatorio. Tutto nasce dal colore. Le pennellate costruiscono ogni volta una realtà liquida, dalle atmosfere spesso rarefatte, in cui le figure sembrano sfaldarsi, sdoppiarsi, sciogliersi. O scomporsi, per poi ricostruirsi nell’immaginario. Alcuni volti svaniscono, altri si sgualciscono. Altri ancora dimenticano di avere occhi e nasi e bocce. E vibrano come accenni.

Di particolare impatto “social” – pur conservando un certo lirismo, sempre presente nelle opere di Evita – è la serie “Stolen Selfie”, nata come una riflessione sull’essere, ormai scavalcato dall’apparire. Le protagoniste, come in tutta la sua produzione, sono prevalentemente donne. Eroine di instagram o facebook, vittime del selfie, di questo bisogno quasi incontrollabile di mettersi in mostra, costruirsi un personaggio, sentirsi ammirate. Evita archivia selfie di utenti che sceglie con cura, seleziona e scarica nel suo hard disk– operazione che va a sottolineare la completa cancellazione di una privacy o di diritti su queste immagini, da parte del soggetto stesso, nell’istante in cui condivide pubblicamente un proprio autoscatto – e li modella, poi, sulla tela, attraverso la sua pennellata sottraente, sommaria, fluida e sublimante. Il risultato è una galleria di ritratti in cui l’identità dei soggetti è cancellata della tecnica fluida della pittrice, ma le pose, i gesti, gli scorci, evidenziano la vera radice di queste immagini.

Evita scorpora parzialmente i corpi delle sue creature. Scorpora l’aspettativa di un ordine visivo. Scorpora il corpus di presenze prevedibili e intuibili. Le sue creature ci sono mentre svaniscono. Compaiono mentre si cancellano. E vivono di una danza plastica tra tocco alla Jenny Saville e deformazioni alla Francis Bacon. Come foto scattate con tempi di esposizione assai diluiti, o visioni mai pienamente messe a fuoco, le immagini dipinte da Evita sono apparizioni in divenire, percezioni approssimative, ricordi. La pittura è traccia mnemonica, impronta tangibile. Mano imprendibile. Scivola via, si smaterializza. Per tornare, poi, come un dono. Evita vive e lavora nella Città Eterna, Roma. Questa è la sua Voce Creativa per voi.

Chi sei?

Ogni volta che penso di saperlo si ricomincia da capo (sorride) . Mi viene più facile descrivermi con qualche aggettivo: verace, leale, passionale, determinata, permalosa e testarda.

Quale buio ti fa paura?

L’altra me, quella che mi guarda con il vuoto degli occhi dall’altra parte dello specchio.

Se fossi tuo figlio cosa vorresti imparare da te?

Vorrei imparare a nutrirmi di enormi sorrisi pieni di entusiasmo come la mamma.

Se non fossi un’artista chi saresti?

Sarei una restauratrice di dipinti murali, è un mestiere che ho già fatto per tanti anni e che mi serviva a calmare la mia bramosia per la pittura.

Perché lo fai?

È l’unico modo che conosco per poter “Essere” nel senso più assoluto della parola. Qualcuno potrebbe dire che seguo il mio karma.

Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?

Come donna credo sia importantissimo continuare a seguire il prezioso percorso che altre donne, in passato, hanno avviato. Credo che dobbiamo continuare a cercare la nostra "libertà" in una società ancora altamente maschilista, e credo che dobbiamo sempre pensare alle nuove generazioni di donne. Come artista mi avvalgo della mia arte che mi serve come arma per raggiungere anche questi obiettivi.

È vero che la scaturigine di un’opera è sempre autobiografica?

Certo, in ogni mia opera c'è un velo autobiografico più o meno denso, fondamentale per rendere sincero il mio lavoro.

Da dove nasce questa tua ricerca?

A un certo punto della mia vita ho, con mia sorpresa, perso i miei punti di riferimento, ed è stato lì che ho capito l'importanza del "fluire" per poter sopravvivere.

Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?

Liquidi 1 del 2016. Con questo lavoro ho cominciato la mia serie Liquidi cuore pulsante della mia ossessione. Penso sia con questo lavoro che la mia ricerca si comincia a definire in un modo più maturo.

Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?

Senza memoria non esisterebbe nessuno dei miei dipinti, quindi direi “laceratamente necessaria”.

Credi in Dio?

Sono cresciuta in una famiglia cattolica. Credo nel “Noi” pieno e nel legame che ci unisce, come soluzione del tutto.

A ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?

Sono stata un lettrice compulsiva e non solo d’arte, arrivavo a leggere un libro al giorno. Tanti anni fa capii che leggere aveva anche il potere di cambiare la realtà fisica oltre che quella spirituale. Adesso il tempo è quello che è e leggo sopratutto i libri degli amici. Ora, ad esempio, ho sul comodino Le parole rubate di Roberto Grammicia, Autunno a Venezia di Andrea di Robilant e Angeli terribili di Gianni Barbacetto.

Scegli tre delle tue opere, con un fil rouge che le unisca:

Il Trillo del diavolo (2017), Io non ci sono (2018) e Ricordo presente (2018), sono tre opere che hanno come punto in comune le tematiche di Eros e Thanatos, fondamentali nelle mie opere.

L’opera d’arte che ti fa dire: “questa avrei voluto realizzarla io!”?

Più che un’opera singola è la genesi di alcune opere che mi sorprende e rende un pizzico invidiosa, a volte per il concetto, altre per la tecnica superba, altre ancora (per il bene dello spirito) per entrambe.

Un o una artista che avresti voluto esser tu...

In realtà nessuno. Ma avrei voluto conoscerne da vicino diversi. Ad esempio: Velásquez, Rembrandt, Picasso, Zobel, Rodin, Bacon e Freud. Dei contemporanei mi emozionano molto Adrian Ghenie, Nicola Samorì o Aron Demetz.

Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia...

Poco elastico, molto snob e a volte sorprendentemente“illuminato”.

In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?

In tutti, impossibile non essere “creativa” nella mia folle quotidianità!

Work in progress e progetti per il futuro...

Sono stata invitata a partecipare all’Ayla International Art Symposium ad Aqaba in metà novembre, e sempre nello stesso mese partecipo con una mia opera al Giorno del Ricordo dedicato alle vittime del’Holodomor organizzato dall’Ambasciata Ucraina. Inoltre ho in programma una bipersonale a Roma con Antonio Tamburro da 6° Senso Gallery e in gennaio con Andrea Pinchi al Relais Rione Ponte con la Emmeotto Gallery. Sono in divenire alcune personali per il prossimo anno, tra cui una a Reggio Emilia con la Galleria De’ Bonis, un’altra a Galatina con Art and Ars Gallery e un’altra ancora a Palermo, con la Raffaello Centro d’Arte. E poi ci sono altri work in progress da definire a breve, tra i quali una mostra a Catania e un progetto speciale con Roberto Gramiccia tra altri.

Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore...

“Amate appassionatamente la vostra missione. Non ne esiste una più bella. È molto più alta di quanto il volgo ritenga. L’artista adora il suo lavoro: la sua ricompensa più preziosa è la gioia di fare il proprio dovere. Il mondo sarà felice solamente quando tutti gli uomini avranno anime d’artista. L’arte è anche una splendida lezione di sincerità, l’artista esprime sempre ciò che pensa, egli ci insegna la franchezza. Ah, come la società si sbarazzerebbe delle brutture e con quale rapidità la nostra terra diverrebbe un Paradiso!” (Testamento di Rodin).